domenica 20 luglio 2008

Barbed-wire fest report: We Are from Barcellona vs. Montserrat Caballero


A grande richiesta ecco l'Ill Bill Laimbeer Director's cut del report del Barcellona Primavera Sound 2008, che avrebbe dovuto apparire sul #199 di Rumore ma hanno preferito mettere 3 pagine di Cansei Sei sei sei, per un totale di 1998, grande annata tra l'altro. In realtà avevo poi pubblicato una versione auto-censurata nella mia rubrica "Demokrazia" usando la rubrica per lanciare il blog. Grande falso anche questo, volevo solo pompare il mio blog senza parlare del festival, ma le numerose richieste mi hanno spinto alla pubblicazione.

Un altro tsunamico colpo alla credibilità del ganzo journalism si è abbattuto sulla east coast demokratica, e anche qui oramai lo saprete già tutti visto che scrivo su un giornale mensile e non sul forum di rockit o del Mucchio Selvaggio. Lo so che lo avete già letto negli illuminati forum di discussione nel dedalo della rete ma mi preme farmi la spia da solo, giusto per il piacere di citare Fracchia: ho preso una cantonata pazzesca nella recensione di Congorock apparsa lo scorso mese. Questa recensione si basava sull’ascolto di mp3 scaricati da internet che in realtà mi erano stati mandati da quei bambini bricconcelli dei Gringoise che, per vendicarsi della loro stroncatura di alcuni mesi fa (anche se in realtà come si conviene a un critico musicale che si rispetti mi ero basato solo sulla lettura dei testi e su altre recensioni) figendosi Congorock mi hanno mandato delle loro tracce remixate da Molella per la sua nuova serie Molella megamix. E io, rincorrendo populisticamente i consensi dei lettori oramai transfughi su altri telematici ci sono cascato in pieno, promuovendo aprioristicamente un gruppo sotto mentite spoglie che in passato avevo stroncato giusto per.

Ma quello che devo realizzare è che l’estremismo è malattia infantile del giornalismo ganzo. Once again allora, che fare? Guardare a Washington e visitare la redazione di rockit e copiarne il capitalistico modello o guardare a Mosca e imparare a scrivere in cirillico per poi poter diventare collaboratore di Blow up? O giddensianamente esiste una terza via?

Per quel che mi riguarda vada come vada e dopo Chico passaparola perche' e' andata come e' andata fino a qui
sulla traccia Neffa e Dj Gruff con Dedamd
quando fuori piove o sotto il sole SM sale con la parola chiave, sono riuscito a convincere il megadirettore che la terza via è il modello spagnolo, e mi sono fatto spedire al Primaverasound Festival a Barcellona, per poter bere gratis nella apposita zona VIPS, un posto dove si ristabilisce la meritocrazia e il cantante dei Fine Bifore you came non può entrare e io bevo per la prima volta in vita mia redbull per stare in botta e tirare fino agli Holy Fuck… insomma via da Italia Wave e dall’Heinekken Jammin, da Philopat che diventa il direttore artistico per un giorno del Traffic (d’altronde se la Carfregna è ministro…) e da quelle minchiate di festival estivi italiani, un bel festival con i controcazzi con la scusa di studiare il modello spagnolo.

Ci vorrebbe l’intero spazio della rubrica per poter elencare i 105 nomi in cartellone, che praticamente sono riassumibili in tre categorie 1) Vecchie glorie: Public Enemy, De La Soul, Portishead, Sonics, Devo, Polvo, Sebadoh, Bob Mould, Dinosaur Jr., Buffalo Tom, Young Marble Giants, Throbbing Gristle, Mission of Burma 2) Facce nuove, della serie “vi dico che son fighi prima io e/o ve lo avevo detto che erano fighi. Solo per nominarne alcuni: MGMT, Boris, Prinzhorn Dance school, Vampire Weekend, Why?, Animal Collective, Okkervil River, Holy Fuck, Rufus Wainwirght, Scout Nibblet, Dirty Projectors, Lightspeed Champion, No Age, Bon Iver (questi ultimi due manco a farlo apposta apparsi appunto su Facce nuove lo scorso mese e da me bellamente ignorati, da vero nu-traditionalist quale sono) 3) Inutili gruppi spagnoli di gran lunga inferiori a gruppi nostrani, ma visto che this is Barcellona and not Barcellona Pozzo di Gotto non è che ci si possa far qualcosa no?

Innanzitutto prima di cominciare devo dire che la tentazione di infierire sulla realtà italiana è forte, e visto che da buon fan del magnum Algida ™ so resistere a tutto tranne che alle tentazioni lo faccio: a noi un Vasco Rossi all’Heinken Jammin o un Indipendent days come quello dell’anno scorso dove in pratica si viene sequestrati dagli organizzatori e se si esce dal lager adibito a zona concerto non si può più rientrare (tutto drammaticamente vero, ma nessuno più si incazza…), a Barcellona investimenti del comune (e infatti metà dei 56 mila spettatori quest’anno vengono dall’estero, con tutto quello che ne consegue in indotto turistico, ristoranti messicani e zone chillout, nessuna fila ai bagni, ai botteghini e i Mission of Burma sul Vice-Jagemaster stage che a ridosso del porto di Barcellona al tramonto suonano That’s when I’m reach for my revolver, e qui il massimo che ci possiamo permettere è un festival al Porto di Livorno, in attesa che finiscano le città in Toscana e che Le Iene scoprano che i frequentatori dei festivals si drogano)

Il dramma di questi festival si sa, sono le mortali sovrapposizioni di gruppi che suonano in contemporanea che fanno sviluppare nello spettatore una sindrome da timetable che poi causa un ulteriore sindrome mix fra le crisi di Salvatore Antibo e quella di Stendhal. In ogni modo i piani di Giovedì 29 prevedono un mio stazionamento al Rockdeluxe per Notwist, Public Enemy (per inciso: formula All Tomorrow Party con cui il Primavera Fest è gemellato, il che significa la riproposizione intera di It Takes a Nation of Millions…) , De La Soul e Portishead, con una eventuale puntata all’ATP stage per Boris ed Explosion in the sky. In caso di sopravvivenza mi riservo di concedermi Prinzhorn Dance School e gli ultra trendy Vampire Weekend. I losangelini Health però al Vice Jagermeister fanno già saltare gli schemi con uno show esplosivo: dei Liars più ascoltabili e freschi, con chitarre taglienti, rumorismo psichedelico debitore tanto ai Black Dice che agli Animal Collective, percussioni incalzanti che al confronto quelle delle Lighting Bolt sono doom…puro chaos math che trasforma tutti questi addendi in something completely different. Primo gruppo e prima sorpresa, cercateli, hanno anche uno split coi Crystal Castels fuori (sempre parlando di facce nuove). Giusto il tempo di raggiungere il palco dove la Bomb squad di Hank Shocklee scalda il pubblico con un set dubstep dilatato all’inverosimile. I settanta minuti a disposizione del Nemico Pubblico si assottigliano e si teme il solito colpo di testa di Flavor Flav. Che sia nel backstage a picchiare la moglie? Nemmeno il tempo di temere il peggio ed ecco echeggiare le sirene di Countdown to armageddon. Marziale entrata della Security of the 3rd world e per ultimi i due mc’s (assente il mio idolo antisemita Professor Griff, che non ha ottenuto il visto per uscire dagli States: segno che i Public Enemy danno ancora fastidio): è subito Bring the noise, come da scaletta che viene rispettata fino a She watch channel zero, senza in pratica nessuna pausa (d’altronde sono o no rebels without a pause?). Finale affidato a 911 is a joke e Fight the power e tripudio collettivo dei molti fan oltre i 30. Sono passati venti anni vero, ma almeno per questa sera i leoni ruggiscono ancora. A questo punto dovendo scegliere fra Boris e Portishead mi faccio prendere dall’hype e opto per i nipponici. I critici musicali più competenti di me sostengono che è sperimentazione, per me è speed metal meets Yngwie Malmsteen: pessimi, dite quello che volete ma se l’avessi fatta io una minchiata del genere mi avreste punito a colpi di bukkake. Resisto due canzoni e mi tuffo fra le braccia di Beth Gibbons. Esibizione da brividi e perfetta location (mare sullo sfondo…), pubblico ipnotizzato Roads. Anche in questo caso, visto la decennale pausa una performance insperata che conferma che è meglio vedersi i gruppi storici che quelli nuovi di cui parlano Vanity Fair e Vice, w il conservatorismo. A questo punto putroppo ai De La Soul non resta che raccogliere le briciole, anche se il loro set è degnissimo. Per vederli mi perdo Explosion in the sky e Prinzhorn dance school, al cuor non si comanda. Chiusura con Flavor Flav ospite, eseguono il noto jingle di una compagnia telefonica 3 is the magic number. Per oggi può bastare.

Il Venerdì si inizia subito col botto all’ATP coi Pissed Jeans. “Bestiali” è l’aggettivo giusto per i quattro pitecantropi di Allentown. Sangue e merda, quindi rock and roll allo stato puro. La dichiarazione di intenti sta nelle maglie del chitarrista e del bassista (Celtic Frost e Void). Bradley Fry pare uscito da una lega di wrestling minore e nel giro di due canzoni per l’irruenza sfascia non una ma due chitarre, ben supportato dal frontman Matt Corvette (un incrocio tra David Yow e Chevy Chase). Come detto, semplicemente degli animali. Sicuramente tra i cinque migliori concerti del festival. In attesa di godermi Bob Mould e Devo concedo una possibilità ai No Age. Bravi su disco, ma mi rompono il cazzo dopo due canzoni anche loro. Bocciati pure gli Strange death of Liberal England e il loro cantilenante vocalist che pare interpretare sempre la stessa canzone. Come mettere nero su bianco l’emozione di trovarsi a cinque metri da Bob Mould che sembra aver fatto pace se non coi suoi vecchi soci almeno con le sue vecchie canzoni e canta per la terza volta dallo scioglimento degli Husker Du pietre miliari quali Celebrate Summer, I apologize chiudendo con New Day Rising? Impossibile, lo lascio immaginare ad ognuno di voi. Storia vera: durante I apologize mi sono reso conto che due sosia di Jimmy Sommerville hanno tentato di rimorchiarmi, ma va bene così, i fans degli Husker Du amano il fist fuckin si sa, ma sono timidi.

Sapendo che nelle date italiane gli Why? si sono distinti per spocchia e indisponenza (e poi guardando i loro cognomi sospetto che siano stati loro a non volere il Professor Griff a Barcellona) non mi pongo neanche il problema della loro sovrapposizione con Polvo, Devo e Sebadoh (che si eliminano da soli con una prestazione a dir poco desolante) , sempre per la serie “al cuor non si comanda” scelgo i Devo che a quanto mi dicono hanno la stessa scaletta da quando hanno ripreso a solcare con continuità i palchi, ma poco importa. Impeccabili pure loro, rimangono una gioiosa macchina da guerra ancora oliatissima, con un vero e proprio show che si conclude sulle note di It’s a beatiful world con Mothersbaugh in versione Boojy Boy a tirare le biglie sul pubblico (e riconosco un napoletano sosia di Alemao che chiede il 2-0 a tavolino, gli italiani si devono sempre far notare). Anche qui le parole sono superflue, saranno i tempi bui che corrono e che hanno dato ragione in pieno alla ghenga di Akron. Non si può che chiudere la giornata coi Fuck Buttons, e i conti, pensando agli show di Pissed Jeans e Devo si chiudono in attivo. Se ci pensate sono il trionfo e l’attualizzazione della teoria devoluzionista. Con buona pace di quelli che, complice anche la ripetizione pedissequa di Street Horrrsing, “… ma schiacciano solo dei bottoni, è come ascoltare un concerto in playback” la resa live poi è ancora più fisica e d’impatto del disco. Se mai ci fosse ancora uno spazio ancora vuoto da riempire nel panorama musicale odierno il duo britannico, armati di una cartuccia del gameboy e di un amplificatore fisher price riescono nell’impresa.

Il terzo giorno, complice la scoperta di una sorta di rassegna “privè” sponsorizzata da myspace e molto più probabilmente il maltempo sbaglio tutte le scelte fino ai Mission of Burma. Indugio su Lightspeed Champion (che sembra virare su terreni più elettrici con risultati meno apprezzabili). Mi perdo i Young Marble Giants (che manco a farlo apposta hanno imperversato) per vedere le sperimentazioni dei Dirty Projectors. Sarà un problema mio, ma pur armato delle migliori intenzioni la musica di Longstreth e soci mi fa sentire a disagio almeno quanto ho dichiarato, ad una cena in cui gli invitati erano tutti studenti del DAMS, di non apprezzare Un chien Andalus. Veramente cagoni, parevano dei profughi afgani senza ira funesta però. Veramente cagosi, mi hanno fatto incazzare di brutto. Rivisitazione di Damaged dei Black Flag? Ma de che dai, sono un truffa colossale. Per fortuna in questo festival le vecchie glorie non sembrano sbagliare un colpo (sarà l’aria del mare?) e coi Mission of Burma mi riconcilio con la musica. Nel tragitto che separa Boston da Chicago (vedi voce: Shellac) mi imbatto negli altri bostoniani Dinosaur Jr., di cui tutti i conoscenti presenti allo show di due anni fa mi avevano parlato male. Questa volta, complici una decina di amplificatori Marshall in meno (ne rimangono comunque un’altra decina) a circondare Macis la resa pare essere migliore, ma ho puntato su Albini e soci. Scelta vincente: show di precisione chirurgica (con due tecnici del suono e un batterista del genere in formazione…), forse il migliore di tutto il festival. Da My black ass a Prayer to God finendo con Spoke, un’ora di calci nel culo, nessun prigioniero. I Les Savy Fav, che vengono dopo di loro, possono giusto buttarla sul circo. Tento di chiudere il mio festival con i mantra elettronici degli Animal Collective, ma la stanchezza dei tre giorni di concerti si fa sentire e la soglia di attenzione oramai azzerata. Decido che può bastare (tanto non ho biglietti di ingresso da ammortizzare e lo so benissimo che finirò per non scrivere l’articolo a causa dello scarso coordinamento editoriale), anche perchè domani si torna nel medioevo italiano dopo aver assistito al rinascimento spagnolo, e la tensione sale ogni giorno di più, Neffa mi dice "Ill Bill canta che ti passa", ma non mi passa...

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