giovedì 31 dicembre 2009

You gotta fight for you party for your right to fight: Marina e la sua bestia vs. petardo, il killer silenzioso






Ieri sono andato alla Coop per vedere se avevano i petardi vietati ai minori,come al Lidl e al 99 cent. Di esplosivo c'era solo l'ultimo numero di Rolling Stone con la Maugeri nuda e una recensione dei Calorifer is Very Hot! dove c'era scritto che erano di Modena. Ne ho avuto abbastanza e sono uscito senza nemmeno vedere se c'erano i petardi e sono tornato al Lidl, dove c'è sempre una fauna che al confronto i pub con Lea Di Leo a Porto Viro sono frequentati da gente che non ha bisogno dell'intervento del DSM o dei Servizi Sociali.
Al Lidl ho comprato una scatola da 100 di Super Corsaro e li ho divisi a metà con mio padre, lui li tira al vicino di casa, che è un nano veramente molesto che gli fa sempre dei dispetti come solo i gremlin from the Kremlin o i nani irlandesi sanno fare, tipo togliere la ghiaia dalla sua parte, sgonfiargli la bici e cose così. Il nano vive con il figlio che è un cassaintegrato Berco e ogni tanto lo becco nelle vie più gobbe di Ferrara che va a puttane. Insomma è gente che merita di ritrovarsi petardi attaccati con il duct tape al campannelo.
Al 99 cent di Via Mazzini, vicino ad un nuovo compagno kurdo che finalmente fa il falafel come si deve e non come quei cazzo di Doner tedeschi che li sghiacciano poi te li mettono nel pane comprato al Lidl di cui sopra e te lo fanno pagare 4 euro perchè l'hai chiesto arrotolato ho comprato una scatola da 10 di Scintille Galattiche.

E poi le ho provate per i lettori di Spadrillas. A dire il vero le avevo provate per voi il 26 Dicembre ad un concerto della Squadra Omega, dei Lago Morto e dei Sissy Spacek: avevo tirato dentro uno strumento di John Wiese una scintilla galattica assieme a Molteni della Tempesta che mi fomentava. Anzi lui non li tirava, mi fomentava e basta e poi se mi davan la colpa sicuro che si tirava indietro.

Comunque: la scintilla galattica a mio giudizio e come si vede dalla foto è simile a un Magnum o uno Zeus e l'effetto pirico è più o meno quello, non capisco perchè quando ero minorenne dovevo pagare i tossici del mio paese per averli, li vendevano solo in armeria o al caccia e pesca e chiedevan i documenti. Insomma per quel che riguarda le super scintille il peso netto della massa dei materiali attivi è o,50 grammi al pezzo, la produzione è cinese e quindi visto che i fuochi d'artificio sono roba loro ci si può fidare; l'importatore è di Fanzolo di Vedelago in provincia di Treviso.
Insomma l'effetto dirompente è garantito, come ai vecchi tempi che li si gettava nei cassonetti vicino alla Coop di Copparo dove incautamente i dipendenti depositavano materiale infiammabile col risultato che i cassonetti facevano un effetto Primavalle che anche in questo caso non faceva ridere per niente, e mio papà mi dava dei calci in culo mica da ridere.
I Super Corsaro invece hanno 0,64 grammi di materiali attivi a pezzo ma sono un pacco. Stesso luogo di produzione e stesso importatore però boh, pacco assoluto, fanno rumore quanto un mini Cicciolo.
Ci siam proposti di introdurci al party di Capodanno stile Beastie Boys (prima che uno dei tre sposasse la tipa delle Bikini Kill quando tra l'altro faceva già l'artista ne Le Tigre e quindi meritava una facial humiliation) in una casa privata per le SS milanese di Capodanno dove suonerà il Genio e sarà ospite speciale l'attrice che faceva Ilsa la Belva delle SS che farà un burlesque fetish assieme alla Maugeri, e di far scoppiare tutto l'armamentario lì.
E se le fighe sono ubriache sappino già da principio che noi preferiamo il vandalismo alla figa.

giovedì 24 dicembre 2009

Renato Curcio Editore presenta Pagherete Caro per Cantare Gridare Sentirsi Tutti Uguali












Lunedì 21 dicembre alle 7,30 del mattino un nucleo armato delle Brigate Jack Jaselli ha prelevato nei pressi della sua abitazione nel nord Italia [omissis], 18 anni, collaboratore di nota rivista musicale online.
Egli è stato detenuto in un carcere del popolo. Qualunque indagine poliziesca avrebbe potuto mettere a repentaglio la sua incolumità. Il rito abbreviato è dipeso da un solo fattore:

-la comunicazione quanto più repentina della lista dei nomi che parteciperanno al Mi Ami Ancora, manifestazione controrivoluzionaria che si serve dei bastioni popolari che sbagliano per inculcare valori reazionari quali meno Italo Ghitti Disco più Traghetti Grenouille.

Fortunatamente il metodo Notimefor Cucchi adoperato dai compagni incaricati ha dato i suoi frutti, pertanto pubblichiamo di seguito i primi stralci dell'interrogatorio.

Da quanto tempo scrivi per loro?
Da prima che nascessi.

Cosa pensi della statua tirata su commissione da Faustiko Feltri nell'ultima intervista killer?
Uno schiaffo in faccia che tutti avrebbero voluto poter dare, ma non tutti hanno i giusti calli alle mani per poterlo fare.

Dentro i colpevoli e fuori i nomi, vogliamo i ladrones.
Ho ricordi confusi ma qualche nome mi è restato in mente. BOYS NOYZE NARCOS per esempio. Per riparare il torto di chi si è già scordato degli altri interrati nella tomba di Enrico De Pedis: non potevamo non chiamarlo dopo che lo abbiamo finto arrestato mentre se ne stava a Roma a comporre i nuovi pezzi, dei quali ovviamente parleremo con dovizia di particolari, da perfetti paraculi.

Avanti.
i KRISMATICS. Il contratto col loro manager prevere che Maurizio Arcieri si tagli una falange armata e urli "italiani brava gente" durante lo spettacolo, perché fin dai tempi dei Minnie's e degli Arsenico è nostro obiettivo strategico svuotare il serbatoio del punk storico italiano per rivenderlo in poltiglia alle giovani generazioni ignare.

E poi?
MY AWESOME MISTAKE, per spregio al forum del Mucchio che ci attacca quotidianamente, e per dimostrare che noi li abbiamo creati, li abbiamo accantonati e possiamo far insorgere di nuovo l'esigenza di quei beats inoffensivi e quella sfiga. Così metteremo a tacere i criptoprugnettosi vestiti trash in cerca di 15 minuti di gloria. Cantanti milanesi stizzite perchè non capiamo la loro "arte". Geek con i denti marci che vivono con la tastiera al posto delle mani e dividono la vita in thread del forum. Giornalistoidi con il veleno nelle gengive, troppo tempo libero e tanto rancore in arretrato. Ghetti chic dove rifare il mondo con le parole, perchè c'è chi la storia la subisce e chi invece la fa.

Tutto qua?
No, ci saranno anche i CONTOUR D'AZIONE. Fate 2+2: conviene a tutti tenersi buono Remore chiamando Rossano LeMeleAgre mentre siamo nell'occhio del ciclone su altre pagine del mensile, non le pare?

A me anzi non deve parere niente. Avanti forza, spiffera se non vuoi fare la fine di Ylenia Carrisi.
THE DEATH OF ANNAPAOLA KARINA VEGAS, perché non possiamo averla menata tanto col DIY e non tenere fede alla gag fino alla fine, ora che Sceneboot ha mollato la presa possiamo concretamente smantellare tutto.
Gli SCALTRO perché Pastrone non ha ancora finito di pagare a Baroncelli la copertina del suo libro, e abbiamo finito i coinquilini disponibili da sacrificare a giugno.
QUAKERS AND MORMONAUTS perché sono ragazzi di strada e non vorrei che tu a mezzanotte e tre ti prendi gioco di me.
DJ GRAFFIEDI per togliere argomenti a Bucknasty che l'ha messo nelle figurine.
Quelli della VALIGETTA ESPLOSIVA perché Wad Autocad ne ha firmato l'appalto pluriennale prima di morire e perché il nome lascia intendere che ne sanno di bombe nelle stazioni.
CAN DEL DIAVOLO per fare le pentole oltre ai coperchi, anche se li abbiamo chiamati solo pochi mesi fa.
KOBE BRYANT STORE per fermare questa spirale d'odio.

Puoi andare. Ma non finisce qui.

lunedì 21 dicembre 2009

Media Blitz: Maurizio Mosca vs. Darby Crash. Adesso canta tu, vediamo chi è che strippa.






Sensazionale: grazie a Maurizio Mosca e al suo pendolino siamo riusciti ad intervistare Darby Crash, l'ex cantante dei Germs morto per overdose/suicidio trent'anni fa. Noi possiamo e gli altri no, perché noi abbiamo Maurizio Mosca – il faro che ci guida nella notte buia dei nostri italiani tempi – e gli altri no. Darby Crash racconta che la sua compagna lo accusava continuamente di inserire vicende personali nelle canzoni ed allora ha deciso di farla finita perché in realtà a lui interessava descrivere la vita degli altri. Le relazioni divise tra pubblico e privato, tra lecito e proibito, pro-pro-proibito, l'ora di proibito, di vietatissimo, di Oroscopone superpornoshow. Le brutture degli USA e dell'intero pianeta. La Texaco, il Ku Klux Klan, Nixon e i crocifissi nelle scuole sono solo alcuni dettagli di un quadro post-moderno più ampio e triste, e certo lui non se ne lava le mani: è stata anche colpa mia, ci dice. Storie, passioni autentiche, qualche miracolo, cinghiate, tante botte. Son venute fuori anche parecchie sorprese. L'intervista a Darby Crash, via seduta spiritica like quelle che faceva Romano Prodi per scoprire dove tenevano prigioniero Aldo Moro.

Maurizio Mosca: Ciao Darby, grazie della disponibilità, so che per te non è facile avere del tempo libero per le interviste.
Darby Crash: È un piacere, anche perché da morto non ho mai un cazzo da fare.

M.M.: La musica in Italia (e più in generale, nel mondo), nell'ultimo ventennio, si è involuta o è tutto come prima?
D.C. Eh... Io credo che un'evoluzione ci sia stata, e credo anche che i Germs siano stati una piccola, ma importante, parte di questo progredire verso un rock più concreto, più vicino alla vita (ma soprattutto alla morte) delle persone. In una parola: dotato di tensione poetica. Sono morto, ma non sono morto invano: si sta cercando di confezionare un pacchetto di canzoni in grado di soddisfare tanti palati diversi con presenze anche desuete a livello musicale ma molto amate

M.M.: Non ho capito un cazzo perché io capisco solo di calcio e genitali femminili ma va bene così. A mio parere il punto forte della vostra produzione discografica è l'immaginario romantico evocato da ogni pezzo. Come se ogni canzone fosse un piccolo romanzo d'attualità perfettamente descritto, dettaglio dopo dettaglio. In realtà ho letto molte interviste dove dicevi che quello che più ti interessa è il messaggio politico, che la musica di oggi è troppo diaristica. Ho frainteso?
D.C. Sì, hai frainteso. Quando l'ho detto ero semplicemente strafatto, Forse è stato quando con i Germs abbiamo suonato a Copparo in provincia di Ferrara ed ho devastato i camerini rischiando il linciaggio perché l’organizzatore era un ex affiliato della Copparo Violenta quando girava quella buona del ’76. Da quando sono morto, il vostro paese è cambiato, ed è diventato molto, ma molto più brutto e bugiardo di prima. Adesso non mi lincerebbero più per una cosa del genere, finirei a Studio Aperto. È importante dirlo in una canzone. Ho appena avuto una "discussione" con un poveraccio ubriaco che, con una bimba con sé, inveiva contro gli immigrati dell'est. Che schifo, era il tuo collega che dirige Il Giornale. Salutamelo.

M.M.: Dici Vittorio Feltri? Te lo saluto. Quindi mi sbaglio nel dire che questo le vostre canzoni erano dedicate all'amore e alla solitudine?
D.C.: Diceva Marx: "nel capitalismo si è soli nella moltitudine". Direi che non ci capisco un cazzo perché ho fatto ragioneria e a ragioneria non ci hanno spiegato Marx. L'amore per me era sempre un espediente narrativo: ciò che più mi interessava era indagare le relazioni sociali, anche quelle più intime e private, al fine di svelarne le piccole e le grandi ingiustizie che si nascondono in esse. E se qualcuno vuole sentire parlare di recessione, allora si vada a vedere un telegiornale, che è sicuramente meglio...

M.M.: E tu sei un semplice osservatore esterno o sono storie che ti coinvolgono personalmente?
D.C.: Quando scrivevo una canzone cercavo di non raccontare la mia vita ma quella degli altri, di un'umanità varia ed eventuale che mi circondava. Alcuni elementi autobiografici erano sicuramente presenti, ma erano solo dovuti al fatto che mi drogavo e pensavo solo a farmi... Non hai idea delle terribili discussioni con la mia compagna, che a volte si sentiva coinvolta personalmente nei miei testi. Le ho sempre spiegato che non si trattava di lei, si trattava del mondo in cui vivevamo. L'unica mia vera ambizione era vivere la vita e narrare la società, ma non ce l'ho fatta ed allora è stata overdose.

M.M.: Sono perplesso... Parlando di espedienti narrativi: una cosa che mi ha colpito molto è come non sia facile individuare un unico tema nelle vostre canzoni. L'amore si mischia alla politica o alla religione. È come se ogni brano avesse una forma tridimensionale, ci sono dei lati che puoi vedere solo cambiando l'angolazione del tuo sguardo.
D.C. È' vero. Cercavo l'allegoria e la metafora: allegoria e metafora producono senso ulteriore. Ma non ti rendi conto che sto sparando frasi a caso per darmi un tono e prenderti per il culo? Beato te che prendi sul serio un tossico morto da trent'anni come me...

M.M.: Spesso faccio questa domanda a chi decide di scrivere canzoni di protesta: dove si pone il limite oltre il quale si scade nel moralismo?
D.C.: Non capisco bene cosa intendi per "moralismo", piantiamola di dire cazzate e passiamo ad altro.

M.M. Quindi la cosa veramente importante è trovare il modo giusto, diciamo nuovo, per dire le cose. Penso che non sia facile.
D.C.: Probabilmente devi tararti in qualche modo per poterlo fare al meglio. Prendi
lo spot della Lavazza che sto interpretando adesso assieme a Michael Jackson. Ricordo che ci furono delle difficoltà, se non sbaglio, per quella produzione ma le superammo con dell'ottima China White. Eravamo in un set che cercava di riprodurre il paradiso e ci sentivamo in paradiso. Bei momenti. Se volessi parlare del problema della tossicodipendenza, che faccio? Mi metto a cantar slogan anti-proibizionisti o racconto la storia della miseria esistenziale in cui ti caccia l'eroina? In quale modo riuscirò a sensibilizzare chi mi ascolta? Basta dirgli quanto ti fa star bene la roba, e che la natura faccia il suo corso.

M.M.: Sono d'accordo. Sulla libertà di stampa in Italia cosa ne pensi?
D. C: Qui Berlusconi diventa fin troppo importante, nel senso che è un baluardo della libertà di informazione perché foraggia blog scomodi come il vostro Spadrillas (lo leggo sempre anche da sottoterra, ho una connessione velocissima). È scandalosa la situazione dell'informazione in Italia: tutti addosso all'uomo più ricco del paese che controlla, in un modo o nell'altro, almeno l'ottanta per cento dei media, e solo perché nessuno capisce il suo modo di scherzare. Credo che nei reality (e, più in generale, in un paese-reality come il vostro) si scherzi poco, si prenda tutto tremendamente sul serio e vengano esasperate le distonie tra le persone e tutto questo mi mette a disagio. Per questo tenderei a smorzare e a far sorridere facendo perdere, per questo, al reality l’obiettivo che si pone.

M.M.: Sempre rimanendo in argomento Italia: la maggior parte delle vostre canzoni avrebbero potuto descrivere molto bene il nostro paese. “Lexicon Devil” era dedicata a Ken Shiro Wiva, che è giappo-nigeriano. Come sono collegate le due cose?
D.C.: Dalla Texaco! Il ritornello osceno a cui ci hanno abituato quei "politici" del Ku Klux Klan, "aiutiamoli a casa loro", è una bugia. È sicuramente arrivato il momento di dire basta. E comunque, viviamo tutti nello stesso pianeta. Le ingiustizie che si consumano quotidianamente in Nigeria ci riguardano eccome, anche perché Pat Smear all'epoca aveva una predilezione per i nigeriani!
Dikembe Mutombo l'ha scoperto lui, checché Carlo BuckNesty ne dica preferiva il culo alla fica!

M.M.: Cambio argomento: cosa ne pensi della recente reunion dei Germs con Shane West alla voce?
D.C.: I Germs fanno parte della mia vita anche se sono morto da trent'anni. Del cristianesimo condivido l'idea di pace e di reciprocità. Del cattolicesimo, condivido sostanzialmente la dottrina sociale. E dunque la reunion dei Germs è una bella cosa. Il “problema” è che avrebbero dovuto realizzare uno spettacolo in grande stile. Hai presente quelle manifestazioni in cui ci sono le grandi entrate, le grandi presentazioni? Ecco, per ricordare la mia figura avrei pensato ad una cosa del genere, ma in fondo va bene anche così. Shane West se l'è cavata bene, e pure Pat Smear anche se ormai è un quintale e mezzo.

M.M.: Hardcore e cantautorato, zuppa e pan bagnato. È solo una questione di onestà – suonate questa musica da 30 anni, perché cambiare genere - o è stato un vostro preciso intento quello di mischiare le due cose?
D.C.: Guarda... io sono morto, devi rivolgere la domanda agli altri membri del gruppo. La mia più grande ambizione era quella di coniugare in modo dialettico il rock americano, che è nel nostro dna di musicisti rockettari incalliti, con la splendida tradizione cantautorale italiana. Sono mondi molto diversi e distanti fra loro, ma credo siano conciliabilissimi... A Tira e Molla e ad Affari Tuoi mi sono divertito come un deficiente; a Ciao Darwin rido della tripla lettura del programma che pochi colgono ma quelli che la colgono non si perdono una puntata; ho adorato fare il Senso della Vita perché rispondeva a delle mie esigenze di domanda; sono impazzito di gioia nel poter costruire e confezionare i due Festival di Sanremo; se non avessi fatto Bim Bum Bam probabilmente non sarei stato capace di spiccicar parola nel mondo dello spettacolo, quindi è stata una scuola divertente ed importante; Urka è stata l’uscita dal tunnel, stavo rischiando la pedofilia… Non so più cosa sto dicendo, deve essere tutta la roba che mi sono fatto quando ero ancora vivo... e anche quella che mi son fatto da morto per girare lo spot della Lavazza... (ride)

M.M.: Secondo te la musica interessa davvero alla gente? Dopo tutto oggi, in Italia, l'unico programma televisivo dedicato alla musica che può vantare un seguito importante da parte del pubblico è X Factor.
D.C.: Negli Stati Uniti la musica è parte integrante dell'immaginario collettivo e della vita delle persone, in Italia la gente è più interessata al soccer. Come lo chiamate voi? Calcio? Dovrei chiedere a Pat Smear, se vuoi gli faccio una telefonata e sento cosa mi dice... (ride)

M.M. Mi dici qualcosa di più su Pat Smear? É vero che dopo il suicidio di Kurt Cobain e la fine dei Nirvana lui iniziò a frequentare alcuni agitatori culturali della bassa ferrarese?
D.C. È la storia di un fallimento, il fallimento della mia generazione. Trent'anni or sono mai e poi mai avrei pensato che Pat Smear sarebbe finito a filmare orge notturne in negozi di giocattoli a Tamara di Copparo. Per fortuna che poi si è salvato finendo nei Foo Fighters, ma che spavento! Sono convinto di avere delle responsabilità anch'io, che non sono stato abbastanza vigile, abbastanza generoso con il mio migliore amico, mai abbastanza disponibile. È inutile ed ipocrita dare la colpa alla società, che è un non-concetto. La società siamo noi, ovvero io, in prima persona. Sto cercando di riparare, anche se sono morto da trent'anni e non ho ancora capito come si faccia a risorgere perché non sono Jesus Christ Superstar.

M.M.: Ventunesimo secolo, memoria e "rivoluzione" digitale. Di tutti gli argomenti trattati nelle varie le discussioni sul p2p quello che mi interessa di più riguarda la facilità con cui possiamo dimenticarci le cose: vuoi per un semplice hard disk che si rompe, vuoi perché dobbiamo gestire troppa musica in intervalli di tempo sempre più ravvicinati. Certo, ormai è tardi per rimetterci a stampare i dischi. Tu che ne pensi?
D.C.: Penso che la buona musica, quella "autentica", fatta di passione, cuore e cervello, quella che arricchisce chi la fa e chi l'ascolta, questa musica resta e lascia un segno. Non credo sia il supporto materiale, vinile o CD che sia, né la mancanza di supporto: non è questo il problema. Il problema sta tutto nella qualità e nel contenuto. Quando cantavo io non esistevano nemmeno i cd e non sono riuscito ad arricchirmi: da questo punto di vista sono morto troppo presto, però almeno ho dato il via ad un genere musicale che ha salvato la vita a tanti ragazzi. Sono un eroe generazionale

M.M.: Cinque cose per cui vale la pena vivere negli Stati Uniti.
D.C.: La buona cucina, il vino, il mare, il sole, il desiderio di riscatto e giustizia di buona parte di noi. Aggiungerei pure la China White,così son sei e facciamo conto pari. Un saluto fraterno a tutti, belli e brutti, ammiratori e haters, uomini, donne, bambini, appassionati e disamorati, affettuosi ed invidiosi, che Dio, cioè io che di mestiere faccio il dio e non posso certo soprassedere a questo vizio di forma, vi benedica come diceva Pino Daniele.

venerdì 18 dicembre 2009

Non scherziamo più:Enzo G.(irolami) Barboni's CapoDanno Rosso col botto aka Botte di Natale: Spadrillas entra in clandestinità




Dopo un periodo di pausa forzata dovuto al c.d "super pirat incident" che ha causato l'ingiusto fermo di polizia prolungato mio e di Accento Svedese a causa dello sbaglio del collaboratore Paolo Liquori abbiamo deciso che da ora in poi i collaboratori ce li sceglieremo meglio onde evitare altri spiacevoli incidenti. Il clima non è dei migliori quindi abbiamo anche deciso definitivamente di darci alla clandesinità, e anche all'ascolto dei ClanDestino e a quello di Clandestino di Manu Chao che comunque spaccava nonostante piaccia alla sinistra musical terzomondista ventre molle della critica musicale militante e quindi nemici del popolo.
La cladestinità è una condizione indispensabile per la sopravvivenza di un blog che operi all'interno delle redazioni. La condizione di clandestinità non impedisce che l'organizzazione si svolga per linee interne alle forze dell'area di spadrillas. Oltre alla condizione di clandestinità assoluta si presenta perciò, nella nostra esperienza, una seconda condizione in cui il militnte pur appartenendo all'organizzazione Spadrillas opera nel mvimento ed è quindi costretto ad apparire e muoversi nelle forme che il movimento assume nella legalità. Questo secondo tipo di militanza clandestina è la alla base della costruzione delle articolazioni del potere rivoluzionario. Operare a partire dalla clandestinità consente un vantaggio tattico decisivo sulle redazioni nemiche del popolo. Questo vantaggio viene annullato quando la clandestinità è intesa in senso puramente difensivo. Il lavoro politico di ogni membro di Spadrillas d'ora in poi si svolgerà all'interno di una colonna. Tutti i rapporti di collaborazione devono dunque essere controllati e valutati onde evitare errori strategici potenzialmente pregiudizievoli alla causa.

La prima azione dimostrativa di due nostri collaboratori della colonna veneta nella redazione di una nota webzine collaborazionista occupata temporaneamente dalla cellula veneta di Spadrillas è visibile qui:

Seguirà comunicato #2

We are going to the hell / figli della violenza like Luis Bunuel


Siamo tornati, finalmente.
Non è stata colpa nostra. Abbiamo solo avuto un po' di casini: alcuni poliziotti in borghese mi hanno per errore arrestato mentre vendevo ecstasy ad un comizio del Popolo della Libertà (è bastata una telefonata dell'Elefantino e sono stato rilasciato all'istante, mi hanno pure offerto un dessert per scusarsi), alcuni poliziotti hanno per errore fatto irruzione nella nostra redazione perché a quanto pare le rivendicazioni della FAI partono dal nostro indirizzo (ma non siamo stati noi, non siamo anarchici e nemmeno informali - la colpa è altrui ma non possiamo dire di chi), alcuni poliziotti hanno pizzicato un nostro collaboratore mentre trafugava uno scatolone di petardi Corsaro al Lidl e lo hanno sbeffeggiato perché in gioventù stava in Lotta Continua (lo sbeffeggiamo di continuo anche noi, e gli diamo pure delle pedate nel sedere. Si diverte così, quel mattacchione!). In poche parole, un brutto periodo nel quale la nostra attività di giornalismo deviato è stata nostro malgrado interrotta.
Ma ora siamo tornati e non ce n'è per nessuno. Tanto per dire, subito un'indiscrezione: prossimamente arriverà un nuovo collaboratore, uno prestigioso, un congiurato che ci aiuterà a portare a termine la nostra opera di disinformazione/distruzione definitiva. Non diciamo altro, se non che tra poco ci sarà l'annuncio ufficiale e chi vivrà vedrà (anzi, ne vedrà delle belle).
Per ora fine delle trasmissioni, ci risentiamo a breve.
C'è gran voglia di DDR nel nostro paese, e noi rispondiamo di nuovo presente.

domenica 29 novembre 2009

Tutto torna, tutto torna (Everything Counts in Large Amounts)












Son più o meno dodici mesi che mando mail ai tipi di Rolling Stone per chieder loro di scrivere per loro ma non succede nulla. Niente, non si degnano nemmeno di rispondere nonostante il materiale che sottopongo loro sia tutto di un certo livello (tra l'altro, anche se non lo dovrei dire è tutta roba interamente copiata da vecchi libri di Mughini – spero che il buon Giampiero non me ne voglia e lo prenda come un omaggio ad uno dei più grandi intellettuali italiani, visto che non ho un soldo e non posso pagargli i diritti d'autore). All'apparenza dietro questo ostracismo non c'è un motivo preciso (ho sempre cercato di fare pubblicità a Rolling Stone fin dalla creazione della rivista, ho spinto molti eventi da loro organizzati e soprattutto l'ho fatto gratis), ma riflettendoci sopra un attimo è facile capire perché non mi filano di striscio: perché non sono di Milano, con tutto ciò che ne consegue in termini socio-politico-culturali.

È semplice anche se è dura da accettare: se sei di Milano (anzi, se ti sei trasferito a Milano – visto che ormai i milanesi d.o.c. non esistono più) ti si aprono tutte le porte, se non lo sei ti prendono tutti a pesci in faccia. È un assioma di questi Anni Zero, è una situazione che negli ultimi anni ha tarpato le ali a tanti talenti in erba bruciando per sempre tutti i loro sogni e le loro speranze. Prendiamo il caso dei local heroes comacchiesi Lodo Basturk, due ragazzi che sapevano di vita vissuta, roba e fica e soprattutto che già nel 1994 suonavano la stessa identica electro tunz-tunz che oggi suonano i celeberrimi Bloody Beetroots. All'epoca non se li è filati nessuno perché erano di Comacchio ed erano cresciuti a penne in scooter e risse da calcio dilettantistico, ma se si fossero trasferiti a Milano ed avessero ottenuto il supporto della Diesel Jeans in luogo della meno famosa Metan Jeans (l'ormai defunta casa produttrice d'abbigliamento che li ha seguiti passo dopo passo nella loro breve carriera musicale) le cose per loro sarebbero andate molto, molto diversamente. Il loro unico parto discografico Two Boys, A Rape and Some Twisted Oscillators sarebbe sicuramente entrato nella storia della musica moderna, il sito-innominabile-che-si chiama-come-una-hit-anni-ottanta-di-Herbie-Hancock riconoscerebbe che Romborama è in tutto per tutto un plagio di quell'ineguagliato capolavoro e Bob Rifo sarebbe a fare l'operaio in Cina per conto della Diesel (ovviamente con lo stipendio di uno sfruttatissimo operaio tessile cinese). Ma era il 1994, Berlusconi scendeva in campo e la gente non aveva ancora capito l'importanza di essere dislocati a Milano per poter garantire maggiore visibilità alle proprie produzioni artistico-letterarie. La gente arriva sempre tardi, soprattutto quando ha vissuto un 1994 da leoni. È stato Berlusconi con la sua entrata in politica a rendere fondamentale l'essere di Milano per avere visibilità.

E si torna sempre lì, al 1994. Rolling Stone in Italia non esisteva ancora, eppure questo mese (o lo scorso mese? o il prossimo? quando c'è Rolling Stone di mezzo si entra in un limbo temporale in cui a settembre esce il numero di ottobre, ad ottobre esce quello di novembre e a novembre esce un numero di quindici anni prima – con entrata in politica di Berlusconi e tutto quanto) la rivista è interamente dedicata al 1994 – con recensioni di dischi di oggi che potevano essere anche dischi dell'epoca, interviste a personaggi caratteristici di quell'annata ma che sono caratteristici anche oggi, presentazioni di capi d'abbigliamento-tipo ecc ecc. Tutto facendo finta di essere nel 1994, tutto forzando la mano fino ad ottenere una cosa più finta dei capelli di André Agassi pre-calvizie. La mossa di Berlusconi rockstar dell'anno ha prodotto risultati talmente grotteschi che sono praticamente certo che la rivista questo mese (o lo scorso, o quindici anni fa – tanto è lo stesso perché Berlusconi è rimasto fermo al 1994) avrà venduto migliaia e migliaia di copie in più, perché in Italia le cose grottesche vendono di più, soprattutto se gli acquirenti hanno vissuto il 1994 in posizioni di retroguardia, senza maturare quel bagaglio di esperienze necessario a capire bene perché quell'annata condiziona ancora oggi la vita degli italiani. Noi di Spadrillas in da mist avremmo fatto sicuramente meglio perché sappiamo, solo che non siamo di Milano e dunque ci snobbano.

Ma in fondo, chi se ne importa se gente che mette Papa Ratzinger al terzo posto nella classifica delle rockstar dell'anno perché non ne sa si prende anche il lusso di non rispondere alle mail? Tra l'altro Rolling Stone è pieno di pubblicità della Diesel Jeans, dunque tutto torna.

(Ill Bill will have his revenge on Milano)

Nel 1994 quando Berlusconi è sceso in politica ed involontariamente ha ispirato questo numero di Rolling Stone me lo ricordo dove ero: a Lido Delle Nazioni da Ciliegia con il cugino di Accento Svedese e un paio di amichetti miei della Copparo Violenta. Avevamo un appartamento in affitto per le vacanze e io sono scappato via prima per evitare di pagare la penale perché dei milanesi ci avevano tirato un magnum nell’appartamento perché tifavamo Brasile per la finale mondiale. Duecentomilalire di danni che non avevo. Ho ancora copia della denuncia ai carabinieri di Lagosanto in cui identifico in Carlo Antonelli, Fabio De Luca e Paola Manzonii gli autori dell’insano gesto. Oltre a far denuncia ai carabinieri gli abbiamo pedinati fino da Ciliegia e gli abbiamo fatti pestare da certi amichetti nostri di Comacchio perché c’era il gemellaggio. Ora si dà il caso che i tre personaggi sopra citati siano tutti e tre redattori di Rolling Stone, per cui c’hanno copiato l’idea di fare un numero monografico su Berlusconi. Solo che la nostra idea era una figata mentre il risultato finale del numero di Rolling Stone di questo mese, o del mese scorso, o dell’anno scorso (non si sa che mese è quando di parla dei numeri di Rolling Stone) è una merda edulcorata solo come una redazione di un giornale come Rolling Stone con sede a Milano può fare. Vice con sede a Comacchio potrebbe shockare, se metti la sede a Milano puoi giusto impressionare qualche hipster dell’ultim’ora. Mentre loro parlano di Sasha Grey che all’epoca non faceva ancora le pompe a vincent Gallo i nostri amici imitavano il Rocco nazionale con delle 17 enni milanesi in vacanza in cerca di emozioni forti e nuovi modi di farsi uno shampoo estremo . Mentre loro parlano delle fanzines contro Noyz Narcos noi facevamo le fanzines contro Asia Argento sognando di farle shampoo estremi e diventavamo oggetto di tesi di laurea . Ci hanno copiato, e una analisi acuta ci aiuta a capire che nascere a Milano compromette l’avvenire. D’altronde nelle loro finte recensioni stroncano un album degli Slayer. Dovessero tornare al Lido Delle Nazioni a mangiare la piadina da Ciliegia prenderebbero ancora le sberle che hanno preso 15 anni fa dopo averci buttato vigliaccamente un magnum nell’appartamento, a tradimento. Copparo e Comacchio non dimenticano dove eravate nel 1994, e chi eravate. Non importa che abbiate il controllo dei media, vi abbiamo visto nelle nostre cantine che sparavate cazzate e meritavate pappine , come dicono i nostri amici b-boyz di Bergamo. C’è poco da fare, prima o poi tornerete in Lungo Mare Italia a Lido delle Nazioni, e noi saremo lì, a ricordarvi che 15 anni fa prendevate le sberle perché siamo nati sul Po, non sull’Hudson. Spadrillas non ha paura e vi farà tottò sul sederino, come ai bei tempi (citazione musicale colta). Perché nel 1994, quando i fan ravennati dei Biohazard come questi qui con la canotta del bad boy club tentava di ficcarci un gomito in faccia chiamandoci ricchioni a noi bastava dire che eravamo gemellati con Comacchio per farli desistere, voi invece vi vendicate 15 anni dopo dei troppi pugni presi che a nessuno li avete mai resi scrivendo recensioni false. Verrà l’estate e noi saremo lì, ad aspettarvi, sul Lungo Mare Italia.

venerdì 20 novembre 2009

Guilty Of Being Right: BAZZICAVO CILIEGIA E LA TDK ANCORA PRIMA CHE NASCESSE LA SCIENZA DOPPIA H








Son più o meno dodici mesi che mando mail ai tipi di Vice per chieder loro di scrivere per loro ma non succede nulla. Niente, non si degnano nemmeno di rispondere nonostante il materiale che sottopongo loro sia tutto di un certo livello (tra l'altro, anche se non lo dovrei dire è tutta roba interamente copiata da vecchi libri di Mughini – spero che il buon Giampiero non me ne voglia e lo prenda come un omaggio ad uno dei più grandi intellettuali italiani, visto che non ho un soldo e non posso pagargli i diritti d'autore). All'apparenza dietro questo ostracismo non c'è un motivo preciso (ho sempre cercato di fare pubblicità a Vice, ho spinto molti eventi da loro organizzati e soprattutto l'ho fatto gratis), ma riflettendoci sopra un attimo è facile capire perché non mi filano di striscio: perché non sono di Milano, con tutto ciò che ne consegue in termini socio-politico-culturali.

È semplice anche se è dura da accettare: se sei di Milano (anzi, se ti sei trasferito a Milano – visto che ormai i milanesi d.o.c. non esistono più) ti si aprono tutte le porte, se non lo sei ti prendono tutti a pesci in faccia. È un assioma di questi Anni Zero, è una situazione che negli ultimi anni ha tarpato le ali a tanti talenti in erba bruciando per sempre tutti i loro sogni e le loro speranze. Prendiamo il caso dei local heroes comacchiesi Lodo Basturk, due ragazzi che sapevano di vita vissuta, roba e fica e soprattutto che già nel 1994 suonavano la stessa identica electro tunz-tunz che oggi suonano i celeberrimi Bloody Beetroots. All'epoca non se li è filati nessuno perché erano di Comacchio ed erano cresciuti a penne in scooter e risse da calcio dilettantistico, ma se si fossero trasferiti a Milano ed avessero ottenuto il supporto della Diesel Jeans in luogo della meno famosa Metan Jeans (l'ormai defunta casa produttrice d'abbigliamento che li ha seguiti passo dopo passo nella loro breve carriera musicale) le cose per loro sarebbero andate molto, molto diversamente. Il loro unico parto discografico Two Boys, A Rape and Some Twisted Oscillators sarebbe sicuramente entrato nella storia della musica moderna, il sito-innominabile-che-si chiama-come-una-hit-anni-ottanta-di-Herbie-Hancock riconoscerebbe che Romborama è in tutto per tutto un plagio di quell'ineguagliato capolavoro e Bob Rifo sarebbe a fare l'operaio in Cina per conto della Diesel (ovviamente con lo stipendio di uno sfruttatissimo operaio tessile cinese). Ma era il 1994 e la gente non aveva ancora capito l'importanza di essere dislocati a Milano per poter garantire maggiore visibilità alle proprie produzioni artistico-letterarie. La gente arriva sempre tardi, soprattutto quando ha vissuto un 1994 da leoni.

E si torna sempre lì, al 1994. Vice in Italia non esisteva ancora, eppure questo mese (o lo scorso mese? o il prossimo? quando c'è Vice di mezzo si entra in un limbo temporale in cui a settembre esce il numero di ottobre, ad ottobre esce quello di novembre e a novembre esce un numero di quindici anni prima) la rivista è interamente dedicata al 1994 – con recensioni di dischi dell'epoca, interviste a personaggi caratteristici di quell'annata, presentazioni di capi d'abbigliamento-tipo ecc ecc. Tutto facendo finta di essere nel 1994, tutto forzando la mano fino ad ottenere una cosa più finta dei capelli di André Agassi pre-calvizie. Il risultato è talmente grottesco che sono praticamente certo che chi si è messo alla tastiera ed ha vergato gli articoli che compongono il numero della rivista in questione abbia (per ragioni anagrafiche, di ceto sociale o di impostazione culturale) vissuto il 1994 in posizioni di retroguardia, senza maturare quel bagaglio di esperienze necessario a scrivere con cognizione di causa di tale annata. Noi di Spadrillas in da mist avremmo fatto sicuramente meglio, solo che non siamo di Milano e dunque ci snobbano.

Ma in fondo, chi se ne importa se gente che stronca One Truth degli Strife perchè non ne sa si prende anche il lusso di non rispondere alle mail?

(Ill Bill will have his revenge on Milano)

Nel 1994 quando hanno scritto questo numero di Vice me lo ricordo dove ero: a Lido Delle Nazioni da Ciliegia con il cugino di Accento Svedese e un paio di amichetti miei della Copparo Violenta. Avevamo un appartamento in affitto per le vacanze e io sono scappato via prima per evitare di pagare la penale perché dei milanesi ci avevano tirato un magnum nell’appartamento perché tifavamo Brasile per la finale mondiale. Duecentomilalire di danni che non avevo. Ho ancora copia della denuncia ai carabinieri di Lagosanto in cui identifico in Andrea Rasoli, Serena Pezzato e Lele Saveri gli autori dell’insano gesto. Oltre a far denuncia ai carabinieri gli abbiamo pedinati fino da Ciliegia e gli abbiamo fatti pestare da certi amichetti nostri di Comacchio perché c’era il gemellaggio. Ora si dà il caso che i tre personaggi sopra citati siano tutti e tre redattori di Vice, per cui c’hanno copiato l’idea di fare un numero monografico sul 1994. Solo che la nostra idea era una figata mentre il risultato finale del numero di Vice di questo mese, o del mese scorso, o dell’anno scorso (non si sa che mese è quando di parla dei numeri di Vice) è una merda edulcorata solo come una redazione di un giornale come Vice con sede a Milano può fare. Vice con sede a Comacchio potrebbe shockare, se metti la sede a Milano puoi giusto impressionare qualche hipster dell’ultim’ora. Mentre loro parlano di Chloe Sevingny che all’epoca non faceva ancora le pompe a vincent Gallo i nostri amici imitavano il Rocco nazionale con delle 17 enni milanesi in vacanza in cerca di emozioni forti e nuovi modi di farsi uno shampoo estremo . Mentre loro parlano delle fanzines contro Evan Dando noi facevamo le fanzines contro Asia Argento sognando di farle shampoo estremi e diventavamo oggetto di tesi di laurea . Ci hanno copiato, e una analisi acuta ci aiuta a capire che nascere a Milano compromette l’avvenire. D’altronde nelle loro finte recensioni stroncano un album degli Slayer. Dovessero tornare al Lido Delle Nazioni a mangiare la piadina da Ciliegia prenderebbero ancora le sberle che hanno preso 15 anni fa dopo averci buttato vigliaccamente un magnum nell’appartamento, a tradimento. Copparo e Comacchio non dimenticano dove eravate nel 1994, e chi eravate. Non importa che abbiate il controllo dei media, vi abbiamo visto nelle nostre cantine che sparavate cazzate e meritavate pappine , come dicono i nostri amici b-boyz di Bergamo. C’è poco da fare, prima o poi tornerete in Lungo Mare Italia a Lido delle Nazioni, e noi saremo lì, a ricordarvi che 15 anni fa prendevate le sberle perché siamo nati sul Po, non sull’Hudson. Spadrillas non ha paura e vi farà tottò sul sederino, come ai bei tempi (citazione musicale colta). Perché nel 1994, quando i fan ravennati dei Biohazard come questi qui con la canotta del bad boy club tentava di ficcarci un gomito in faccia chiamandoci ricchioni a noi bastava dire che eravamo gemellati con Comacchio per farli desistere, voi invece vi vendicate 15 anni dopo dei troppi pugni presi che a nessuno li avete mai resi scrivendo recensioni false. Verrà l’estate e noi saremo lì, ad aspettarvi, sul Lungo Mare Italia.

domenica 18 ottobre 2009

Back with a gang bang, che dei conti se ne occupa mio zio Antunello





L’intervista di ieri sera a “Che Tempo Che Fa” ad Antonello Wenditti è la cosa più punk degli ultimi anni. E non c'entra la chitarra scordata, ma la rabbia e la noia. Tutto il resto è soia. Non ho detto gioia ma soia, soia soia. Maledetta soia. Soia chi molla. Antonello Wenditti ha creato un suono talmente depresso e isterico che i party harders e i gang (ed)bangers ne percepiscono ossessione e incubi in una maniera così estrema e violenta che pogano, nonostante i tentativi di diffamazione mediatica ad opera dei maestrini dalla chioma rossa di Striscia La Notizia e di quel comunista del Gabibbo che fa il furbo ma copia da una mascotte americana però solo noi di Spadrillas ve lo diciamo. Come nel 1980 forse, come quando saltavano in aria le stazioni; ma noi bomba e non bomba arriveremo a Roma. Accompagnato da Alberto Tomba che non è più carabinierei il nostro nuovo inviato Fabio Uad Fazio ha incontrato Antonello Wenditti ed i suoi bellicapelli qualche ora dopo un risveglio infrasettimanale e qualche ora prima che presentasse il suo nuovo libro al Covo, prestigiosa location bolognese un tempo sede di grandi concerti ed ora sede di concerti per nani e ballerine. Uad Fazio e Venditti hanno parlato di "L'importante è che tu sia infelice", di cazzi e canguri (più cazzi che canguri), di subcultura calabrese, di Cina, di Steve Aoki, di brand, di brandy, di Jim Brady e di branding e territorial pisting e moda, e di tutto un certo odio verso il generico e diffuso "essere ancora troppo calabresi (non il commissario) ma soprattutto troppo milanesi".

Fabio Uad Fazio: Dov'è il socio? Per me un chicken birani, ma senza zafferano che non mi piace.
Antonello Wenditti: Antonello è sempre stato il mio pseudonimo electro prima della morte di Rino Gaetano e di Stefano Tamburini. Se non fosse venuta a mancare mia madre, forse questo libro non lo avrei mai scritto. È stato del tutto inaspettato per me, non ci avevo mai pensato. Inizio dalla fine, inizio con il raccontare il giorno in cui mia madre è deceduta, così, inaspettatamente, e mi ha lasciato un baule che non ho avuto ancora il coraggio di aprire da due anni a questa parte.Un baule di cazzi tuoi.

FWF: Scrivere un libro come “L'importante è che tu sia infelice” suonando la batteria dev'essere strano, tutta adrenalina e botte violente...
AV:Non è molto semplice infatti, tutta adrenalina e botte violente…come quelle che mi tirava mio papà, dopo ti racconto.

FWF: Di questo libro soddisfatto?
AV: Si…

FWF: Come funziona, Mondadori ti spinge qui, e poi invece all'estero?
AV: Esatto. Ho chiesto esplicitamente di licenziare "L'importante è che tu sia infelice" paese per paese, street by street, block by block, in modo che ognuno avesse un territorio di competenza sul quale spingere il disco. Dim Mak per gli States, KSR per l'Asia, Ministri of Sound per l'Australia, Coop Music per l'Europa e Esselunga per l'Italia. Non mi prendo mai sul serio, non del tutto. Per scrivere una mia biografia ci vorrebbero diecimila pagine. Quella ufficiale la lascio ai biografi, quella mia, come questa, è invece una cosa piccolina, un racconto. Prendilo tu questo frutto amaro. Tutto è molto naturale, tutto nel libro ha la stessa valenza, dall’incontro con il meccanico che mi pimpa la macchina a quello con il Dalai Lama…Lama o non Lama, la cacciata di Lama dall’università, basta lame basta infami, L’amaro averna e il gusto pieno della vita… ecco, questa è la mia vita. A volte mi sento come te, un minus habens un piccolo Forrest Gump. Habeas corpus, ceteris paribus, Scarpantibus e infine per citare Piero Pelù “cazzi vobis”.

FWF: In Australia come vanno le cose?
AV: Piacevolmente bene! Sono secondo solo al libro di Carlo Nesti. 21esimo nella classifica di vendita ufficiale, quella fisica, risultato non propriamente calcolato, eccellente. Sono contento.

FWF: Quindi se la saltano i canguri…
AV: Anche troppo! Sold out periodico del mio split con Rino Gaetano Sheerea, con copie usate sporche di sangue e di benzina in vendita su Ebay a 300 dollari. Follia!

FWF: Tra i vari paesi in hai suonato finora quello più esaltato qual è?
AV: Australia e Canada.

FWF: Più di Milano? Più di Lido di Volano? Più di Altamura e della Calabria?
AV: Ehm si, sorry guys.

FWF: In Calabria cosa c'è che non va?
AV: La Calabria sta compromettendo la propria cultura, abbiamo bisogno di contenuti, cazzo! Un amico che non c’è più ha sempre sostenuto che sono stato testimone e protagonista di molte cose e che la mia fortuna è di non prendere coscienza che sono Antonello Wenditti il cantautore. Sono una persona che si è trovata davanti a fatti che magari hanno anche cambiato al storia del nostro Paese, ma quando lo racconto, o quando ci penso, lo faccio con assoluta ingenuità. Purtroppo la Calabria è alla merda.

FWF: Anche se a livello di dance siamo messi bene, no?
AV: Si, ma resta sempre molto poco commerciabile mentre ci sarebbero tutti i numeri perché possa diventare qualcosa di popolare. Che poi dance è una parola vaga e abbagliante. Diciamo che ci è riconosciuto uno spazio. Vorrebbero identificarla come tale ma la definizione cade quando sottolineo con cura le mie influenze musicali. Non sono un cantautore, non voglio esserlo, non lo diventerò. Se parliamo di musica italiana io faccio parte del ghetto e sono felice di starci. C'è molta più gente che fa italo disco all'estero che produttori di italo disco in Italia. Mi ha aiutato Stefania Orlando, una carissima amica che è stata eccezionale, è stata sposata anche con Andrea Roncato si è messa lì con me a costringermi a scrivere e quindi l’abbiamo fatto in pochissimo tempo. In realtà a gennaio, febbraio, era già finito, ho solo voluto aggiungere alcune cose, come la premonizione che ho avuto sul terremoto dell’Aquila, che è stata pazzesca. Nel tempo lo stile di produzione si è evoluto e l'oscurità ha preso il sopravvento.

FWF: Tutto chiaro e limpido. Tutti nella musica, in quasi ogni musica, vorrebbero provare a non fare nessun genere e farli tutti insieme.
AV: Sono sempre stato abituato ad ascoltare tutto senza costruirmi muri mentali. La scrittura è sinonimo di emozioni e le emozioni sono varie e non classificabili. "L'importante è che tu sia infelice" vive di tutto ciò.

FWF: In questo le difficoltà quali sono state?
AV: Da parte mia nessuna. Supporto l'anarchia, credo nel chaos. Le desordre, c’est moi. La difficoltà sta nell'aprire le menti ottuse recintate nel loro piccolo box. Mio padre era un anarchico che poi è finito a fare il vicequestore, io ho vissuto il '68 e ho partecipato alla battaglia di Valle Giulia. Mi hanno pure arrestato anche se non avevo fatto nulla, mentre Giuliano Ferrara non è stato arrestato perché era più figlio di papà di me nonostante dovesse essere arrestato al posto mio. Ricordatevene. E mio papà mi ha dato una pizza in faccia che non me la scorderò mai più.

FWF: Ce ne ricorderemo... Non ha pesato fino ad oggi il fatto di non poter avere la credibilità di nessun movimento dietro volendoli esplorare tutti?
AV: Non tantissimo, ho avuto la possibilità di esplorare genere per genere ed evolverlo… la credibilità è un valore perseguibile solamente dopo un'attenta analisi di sé stessi. Ricerca prima tutto, sempre!

FWF: La cosa più punk degli ultimi anni è Antonello Wenditti.
AV: Affermi? Anche secondo me. Perché la mia intenzione è distruggere tutti i generi musicali e letterari. "L'importante è che tu sia infelice" è tutto e niente. Ho passato anni a far musica sopravvalutata, plagiavo a destra e a manca e nessuno se ne rendeva conto. Me ne vado in giro vestito come Maicol Gecson, ho i Rayban e dei capelli tinti che non si guardano, eppure nessuno se ne rende conto. Ho iniziato a scrivere e vendo più libri di Saviano, eppure non dico nulla. Sono il numero uno anzi il ventuno. Voi che avete come esempio di vita Giuliano Ferrara rendetevi conto che avete sempre sbagliato, sono io l'esempio da seguire. Non lui che non sa cantare, non lui che a Valle Giulia è stato graziato. Per colpa sua ho pagato anche troppo. E’ ora di riscrivere i libri di storia purgandola dell’influenza di Ferrara e della lobby di LC e anche di Tony Negri.

FWF: E questa voglia di valorizzare la scrittura italiana invece?
AV: Ho cominciato a scrivere all'età di 9 anni, ricordo lo stupore nello scoprire che il mio umore poteva cambiare con le parole che scrivevo. È diventato un vizietto letterario irrinunciabile, un po’ come andare con le 17enni. La parola è parola e la fregna è la fregna, boia chi la disdegna. Ho vissuto per anni appollaiato fra mainstream & underground, sono un ottimo oratore capace di comunicare ad un pubblico più ampio e differente. In futuro punto alla conquista della Cina e alla distruzione delle armate nere.

FWF: Hai deciso di parlare di quanto è grossa la Cina in confronto alla Calabria?
AV: Mi diverte il fatto di vedermi a confronto con l'espansione economica cinese. È un tema che mi è particolarmente congeniale e vicino, anche perché la Diesel che mi supporta e mi raccomanda fa ampio uso di manodopera cinese a basso prezzo per produrre i suoi inguardabili capi d'abbigliamento. Inoltre mi piaceva l'idea di dover sperimentare una cosa così, per cui se a me spetta il compito di cambiare le cose cominciamo a farlo.

FWF: E come pensi di star cambiando le cose?
AV: Intendo dire che, se in Calabria è questo il mondo in cui andare a cambiare le cose, ok andiamoci con le nostre cose, senza compromessi e facciamolo, cazzo…

FWF: Cioè?
AV: Storia applicata: conosci il sistema, distruggi il sistema. Comunismo e capitalismo, alla cinese.

FWF: Il concetto è chiaro, ma in sostanza?
AV: Uomo de panza uomo de sostanza: non ho provato a fare nessuna hit, non ho prodotto il mio disco del cazzo in uno studio da milioni di dollari, l'ho fatto in cantina, da solo e vado a presentarlo dove non dovrei centrare una sega! Non faccio retorica antimarketing. Vado e torno allo stesso modo, predicando il chaos. Non mi curo di piacere e ho la possibilità di iniettare virus nei canali tradizionali oltre che nel cuoio capelluto della gente, ora che Cesare Ragazzi è fallito e ho rilevato io la Baracca destroy. Scrivo un po’ tramite flash back, ma d’altronde sono gli effetti dell’LSD: per esempio, tutto il periodo degli anni Novanta ad oggi non c’è, arrivo a scrivere in maniera sostanziale fino agli anni Ottanta. Mi piace come libro, ha l’ispirazione di una canzone. Questo volume è la scusa per non aprire ancora quel baule dove ho tutto. Quando è scomparsa mia madre ho venduto subito la sua casa, non sopporto essere schiavo dei posti. Però mi è rimasto questo baule che contiene il suo diario su cui ha scritto tutti i giorni della sua vita. Piuttosto che leggere quel diario, ho cominciato a raccontarmi. Quando aprirò il baule, probabilmente, scriverò il secondo libro… scatenando odio e amore... è una frase di uno scrittore di Los Angeles, effettivamente c'è una rivoluzione in corso... la rivoluzione di un omuncolo sfacciato che ha portato bandiere nere a sventolare in posti improbabili, ignorando il fatto che poteva anche piacere..? È una domanda.

FWF: Ok, quindi qui la politica non c'entra?
AV: …a parte la mia passione per l'anarchia e la voglia di radere al suolo il sistema malato e di radermi più spesso la barba… no!

FWF: Nella miscura in cui mi sia consentito dirti: il blogger fa il fanbase allora a livello musicale sicuramente tanta ricerca e dissing, ma a livello sociopolitico più nullafacenti che rivoluzionari…
AV: Non ho capito un cazzo di quello che mi hai chiesto ma provo a risponderti. Nullafacenti non è un buon termine. Stiamo parlando di persone bisognose di contenuti che hanno usato intelligentemente l'ex antisistema per ritagliarsi un briciolo di ex controcultura. O di persone che al posto dello shampoo alla mela verde hanno fritto la ketamina con le micropunte e i risultati sono ben visibili sul mio cuoio capelluto. O ex Lotta Continua o ex consumatori di micropunte. O di Giuliano Ferrara e Kathleen Hannah Arendt.

FWF: Non ho capito un cazzo della tua risposta, ma d’altronde ti avevo fatto una domanda di merda… andiamo avanti che si è fatto tardi e c'ho da andare a cena fuori. Hai un immagine globale del party-harder dagli States al Giappone, nella tua testa che faccia c'ha il clubber?
AV: Ogni luogo ha una base culturale propria che porta il fan a percepire la musica in modo differente. Cioè sembrano uguali nello stesso posto, dall'Italia al Belgio all'America, ma l'approccio è diverso. Si assomigliano, ma non sono uguali. Lì è l’origine di tutto, della mia libertà di guardare l’universo femminile con una certa serenità tutto quello che è importante nella mia vita è di genere femminile, a cominciare dalla vita stessa.

FWF: Il lettore di Altamura?
AV: Il lettore altamurano è ben pettinato, a parte questo la gente a Milano subisce molto. Il lettore italiano legge solo La Gazzetta dello Sport.

FWF: Passivi?
AV: Eh si, siete passivi.

FWF: Siete, siamo?
AV: Sinceramente non mi sento italiano, ho dovuto cambiare il mio modo di pensare per fare la mia musica all'estero, non potevo pensare italiano anche perché Diesel ormai è un marchio internazionale. Generalizzando in Calabria e ad Altamura come a Milano la costruzione dell'identità è latente, all'estero è dominante. Differenza sostanziale che non vuol dire un cazzo. Come tutta questa intervista d’altronde.

FWF: Discorso valido, però se l'Italia è provinciale questo è un po' il pensiero del ragazzo di provincia che disprezza tutto per sentirsi figlio del mondo, no?
AV: La provincia mi ha permesso di riflettere su ciò che non avevo, ha sviluppato il motore della creatività. Io disprezzo falsità, repressione e ostruzionismo. Vivo negli alberghi e non ho una dimora fissa da 3 anni. Sono figlio di un mondo, ma non di quel mondo che pensi tu. Il mio è il pensiero del ragazzo di campagna, nel senso del film di Renato Pozzetto.

FWF: Il mio è quello di suo cugino Severino Cicerchia, l’emigrato a Milano che si è integrato, magistralmente interpretato da Massimo Boldi. Al momento togliessero la Calbria dalla cartina non ti cambierebbe un cazzo? Hai una cartina? Intendo, della Calabria? Attacco dall’Alaska al Kamacthcka con quattro carrarmati.
AV: Quasi nulla. L'Italia mi ha messo ai confini, son dovuto andar via da qui per fare la cover di Little Steven, adesso ci sono ritornato perché mi hanno chiamato, ma capisci che è una cosa abbastanza passiva questa. La Calabria è arrivata per ultima.

FWF: La cover di "L'importante è che tu sia infelice" è di Italianino Liberatore (che oltre a quella botta d'assalto che fu Frigidaire nel 1983 disegnò anche la copertina di "Man from Utopia" di Zappalà) svela una passione spropositata per i fumetti...
AV: Quando avevo 4-5 anni vivevo con un zio rockabilly accanito lettore di Frigidaire e Anal Ford, il Tromba, Corna Vissute e Geppo il Diavolo. Frigidaire era ricco di contenuti fortissimi, ultraviolenza e pseudopornografia; puoi ben immaginare l'effetto di tali letture su un ragazzino di quell'età. Liberatore su tutti ma anche Magnus e Vittorio Feltri, furono gli artefici del mio modo attuale di vedere le cose, ruppero drasticamente ingenuità e spensieratezza. Ho cercato Tanino per anni, è andato in Francia assieme a Tony Negri a fare il costumista per i film di Asterix, la Diesel mi ha dato la credibilità, eroina e denaro per poterlo incontrare a Parigi nel novembre 2008. Gli parlai del progetto anarchico dietro al mio libro, facendogli presente la sua importanza per completarlo. La risposta fu: ok! La fattanza ha sempre ragione. Uomo di panza uomo di fattanza d’altronde.

FWF: Tu sei romano. Che ne pensi del fatto che a Milano produrre e suonare la musica electro, scrivere libri ed in generale atteggiarsi da artisti è diventato come mangiare dal MacDonald...
AV: Si chiama inflazione. Si chiama “papà mi ha mandato qui a spendere un po' di grana perché io devo diventare un'artista, son convinto di avere potenzialità e a Milano c'è la possibilità di emergere”.

FWF: E questa collaborazione col Teatro degli Orrori invece? Non vedo l'ora di sentirti mentre reciti parti scelte a caso del tuo libro accompagnato da loro che suonano una nenia stracciapalle...
AV: Conosco Pierpaolo Sancho Villa da una decina di anni, è lui il produttore di In questo mondo di ladri. Quando mi propose una co-produzione con il Teatro non esitai un istante. Sancho è una persona Maggiore.

FWF: Forse è per questo forse che ti copri nei live…
AV: Si probabile… Anche perché mi stiro i capelli, e se non mi copro sudo e si arricciano. Son problemi.

FWF: Si suda tanto, eh?
AV: Si… anche. Il sistema per non farli arricciare è sempre partire dalla musica. La tinta scura palesemente posticcia va a completamento di un'operazione di pura visibilità. È un'arma a doppio taglio e va utilizzata con i guanti di ferro, anche perché la tintura per capelli che uso io macchia tantissimo. E’ fatta con le micropunte, te l’ho già detto. Roba che fomenta.

FWF: E le droghe?
AV: La mia nuova droga si chiama "Sistema di guarigione con la Dieta senza Muco", non associo molte droghe sintetiche al mio mondo. Forse è più indicato parlare di coma etilici, puttane e tumefazioni da stage diving. E poi allora non mi ascolti, ti ho già detto che uso shampoo con le micropunte

FWF: Strano... da come scrivi ma soprattutto dal fatto che son trent'anni che indossi quei Rayban del cazzo si direbbe il contrario...
AV: Fatti i cazzi tuoi. I Rayban li porto perché altrimenti mi scambiano per un cinese.

E l'intervista si conclude così, con Fabio Uad Fazio preso a schiaffi da un buttafuori e Venditti che se ne va sul palco del Covo ad ottenere l'ennesima ovazione della sua lunga carriera.

domenica 20 settembre 2009

Roots Bloody Betroots


Ho memoria, ho memoria delle strade
Zocca e Ruina le mie contrade
storie, spacciatori che ci han rotolato spade
un senso di torpore e amarezza che pervade il mio corpo
nella testa, dolori e bruciori lancinanti come droghe
sono queste, le mie serate più ricche di voglie
soldato del blog più truce
è grazie al mio odio e rancore che do voce
a tutto ciò che ho intorno
invorticato in questa spirale fatta di locali bar, bicchieri vuoti
macchine e droga per contorno
scendo dal Ciao Px e barcollo
sorso in un altro caffè altro giro e non mollo
voglio andare in alto e salire
come le bollicine dello champagne

Inizia con questo post il tour report delle vacanze estive che Ill Bill e Accento hanno trascorso nei luoghi della loro pubertà. Non si poteva che cominciare con Alberone di Ro Ferrarese, frazione fondamentale per la loro formazione intellettuale. Ill Bill ha rispolverato per l’occasione il suo vecchio CIAO PX amaranto con l’adesivo degli Offspring, di Dynamo! e degli Strike con su la marmitta Sito (perché mio papà non voleva che mettessi su la proma oro o il serpentone), e Accento Svedese il suo scooter NRG Piaggio rivenduto nel 2002 ad uno sbarbato ad un prezzo da rapina a mano armata. Bisogna ricordare che la piazza ad Alberone è dedicata a Nikita Kruscev, solo perché vi possiate fare un’idea. C’è pure il busto, ma il servizio Libero (esiste, anche se non trovo il link e non ho nemmeno voglia di trovarlo) lo ha fatto sugli Offlaga Disco Pax e il busto di Lenin a Cavriago perché voleva far vedere il ventre molle e inoffensivo nostalgico del post-comunismo. Ad Alberone invece fate conto che alle ultime elezioni non si è presentata nessuna lista del Pd, nessuna lista dei vari partitini comunisti e cazzi e mazzi et similia perché qui le volanti rosse sono ancora operative come ai vecchi tempi, pronte a chiarire le loro posizioni a colpi di Luger fregate alle S chiunque non aderisca all’ortodossia II. I media ufficiali non ve lo diranno mai perché dovete sapere che la conversione di Giovanni Lindo Ferrara ha avuto in questo paese una fondamentale svolta, quindi si tace sull’esistenza di un paese che assieme a Nadia Desdemona rappresenta il crew.
I giornali locali del quale siamo giunti in possesso (copie fotostatiche fornite dal sempre valido agente Betulla) in data 19 Settembre 1982 l’ex direttore si trovasse proprio alla Festa Dell’Unità di Alberone (terno: un prosciutto cotto, cinquina: un prosciutto crudo, tombola: due prosciutti uno cotto e uno crudo) durante la cosidetta strage di nella maialara della tenuta Marco Fracasso e figli, nota alle cronache come “Il silenzio dei prosciutti” . In pratica poco dopo la strage di Sabra e Chatila Giulianone, all’epoca fervente sostenitore della causa palestinese, sabotò il camion con cui la ditta Fracasso, a mezzo del vettore Cohen, trasportava i prosciutti premio alla Festa dell’Unità di Alberone . Ferrara mangiò a crepapelle allo stand gastronomico facendosi poi esplodere proprio al passaggio del camion guidato dal Cohen, unico sopravvissuto al massacro suino. L’ex direttore però era ignaro del fatto che il camion fosse carico di maiali: un suo informatore gli aveva detto che si trattava di un carico di saccarosio dietetico proveniente da Tel Aviv. Shocckato da questo fatto Giuliano si convertì alla causa filo-israeliana ma questa è un’altra storia. Quello che ci interessa è che da quel giorno il direttore si pose come obiettivo secondario di mangiare solo maiale e come obiettivo primario la distruzione della nazione Palestinese ritenuta nel suo delirio militante, responsabile della mancata trasformazione in prosciutti di 500 capi di bestiame di razza prelibatissima.
Ma questa è un’altra storia. Come è un’altra storia il fatto che la locale farmacia è gestita dalla mamma di Littorio Sgarbi. Dovete sapere che fu proprio una iniziativa di mio nonno partigiano nato proprio ad Alberone l’iniziativa “telefonate a casa di Sgarbi da parte del settimanale Cuore” dopo che Littorio definì assassino un capo partigiano
http://archiviostorico.corriere.it/1993/maggio/18/Cuore_telefonate_Sgarbi_co_0_9305185771.shtml
Il mangiare alle feste dell’Unità si sa è sempre stato affare da uomini veri, i più uomosessuali dovevano fare ricorso alla locale scienza medica per bloccare quel malanno del viaggiatore che li costringeva ad improvvise e allarmate ritirate. In farmacia si doveva andare con la massima cautela: le medicine della mamma di Sgarbi non sono vendute in confezioni ma al dettaglio, confetto per confetto. La commessa munita di forbici tagliava a seconda della necessità o della richiesta. Per una cura di 3 giorni sono 20 fiches della tombola, per una di 5 ben 65, ovvero il costo di un viaggio in bus di 12 ore da Alberone a Codigoro o un paio di cene nel stand gastronomico ristorante più costoso. Per mia fortuna si trattava di semplice diarrea e non di qualcosa di più serio tipo un’unghia incarnita.


(Accento Svedese sale sul podio e bestemmia)

Che aggiungere? Nulla, assolutamente nulla – se non che Giuliano Ferrara ci manca molto. Lo rivogliamo tra noi, lo rivogliamo ancora socialista (forse quello socialista è stato il suo periodo migliore), lo rivogliamo ancora uomo (e non Beth Ditto come è successo in questi ultimi tempi). Mi ha chiamato ed ha detto che è assolutamente solidale con il Truceklan per il trattamento infame a cui è stato sottoposto dai media di regime, ed ha puntualizzato che una notizia del genere lui non l'avrebbe mai data, ma avrebbe chiesto alla CIA il da farsi. È un eroe, è il simbolo di Alberone.

sabato 12 settembre 2009

Carlo Nesti, uno di noi.




Carlo Nesti scende di nuovo in campo. Un passato da militante di Lotta Continua, un presente ed un futuro da giornalista scomodo, che non ha paura ad esporsi e a dire ciò che pensa, un uomo che comunque la si veda è un gigante del pensiero moderno. Assistito dal direttore di Rockit Fiz Bottura, ha presentato “Il mio psicologo si chiama Gesù“ (Renato Curcio Editore, 2009): “un atto d’amore per l’Italia“. Per ricostruire attraverso la memoria il senso della collettività. Pronti, partenza, via!

Nel recente passato il noto psichiatra Alessandro Merluzzi® (bada bene, da non confondersi con l'altro noto psichiatra da marciapiede Alessandro Meluzzi, che sennò quest'ultimo si incazza e ci querela) aveva pubblicato un interessante saggio sul potere della Cristoterapia, cioè il potere lenitivo e di guarigione della fede in vostro Signore. Ora questo tema delicato e complesso, viene abbordato ed affrontato con delicatezza e straordinaria efficacia da un signor giornalista e giornalista signore come Carlo Nesti. Chi ha la fortuna di conoscerlo come noi di Spadrillas in da mist (che immodestamente ce ne riteniamo anche amici per la pelle, anzi amici per le palle) sa bene la sensibilità, l’onestà intellettuale, il vero cristianesimo dell’autore, intriso dello spirito di Don Diasco – From Disco to Blasco. Nesti nel suo saggio da leggere tutto di un fiato e da digerire tutto d'un peto dimostra che una vera fede non è patrimonio dei soli teologi, ma di tutti gli esseri di buona volontà. Il cristianesimo non è una filosofia, ma un incontro personale con Cristo che seduce, e che sa stupire sempre più. Al contenuto, eccellente, si aggiunga la forma boriosa ed agile di un Maestro come Nesti, il quale conferma che un giornalista sportivo può serenamente e con tranquillità occuparsi di temi delicati come la fede. Insomma, un altro piccolo capolavoro di Carlo Nesti che tutti dovrebbero prendere ad esempio. Anche negli ambienti giornalistici, sportivi e non, capendo quella fortuna abbiano in Nesti come compagno di viaggio (non si sa cosa voglia dire quest'ultima frase, sul pezzo di carta che ho trovato nel cestino della spazzatura c'era scritto proprio così e ed riporto fedelmente, perché sono un giornalista serio).

Lo scorso 4 settembre a Genova, in occasione delle festa Democratica, il giornalista torinese ha parlato del suo romanzo, scritto per uscire da un atteggiamento sociale sempre più tendente all’individualità e all’egoismo.

“Il mio psicologo si chiama Gesù” racconta attraverso gli occhi di quattro bambini, ognuno padre del successivo, le vicende di una famiglia milanese in alcuni momenti fondamentali per la storia italiana: l’estate del 1943, vissuta tra la speranza e la tragedia, tra gli ultimi giorni del fascismo e le deportazioni; la primavera del ‘63 e il fiorire dell’Italia con il boom economico, le automobili, le lavatrici, le televisioni, la scuola di massa e la corsa allo spazio. Poi si passa all‘autunno del 1980, anno delle stragi di Ustica e di Bologna, dell’orrore e della paura del terrorismo rosso e nero, ma anche del terremoto dell’Irpinia e della morte di John Lennon. Il libro si chiude con una proiezione futura nel 2025, con un’immagine dell’Italia dominata da un regime paternalistico e autoritario, che più che proibire invita all’individualismo, all’egoismo e alla dimenticanza della memoria storica. Tuttavia, sottolinea Nesti, ci sarà una luce di speranza finale: Gesù, il giovane metallaro che si narra abbia cambiato il mondo.

L’idea del libro, racconta il giornalista, nasce dopo mesi di letture delle pagine di Rockit e Solomacello, due siti internet in cui i ragazzi di tutta Italia si incontrano, discutono di musica ed organizzano festival metal ad alto tasso di ribellione. Gli studenti facevano domande ai reduci di festival musicali degli anni scorsi ed ognuno donava qualcosa all’altro, i testimoni la loro esperienza, i giovani la curiosità. Era un momento di unione e di incontro, alternativo al modello individualistico dominante. “Insieme all’Io ci siamo tutti Noi“, una collettività, con le stesse radici ed esperienze storiche comuni ed è solo con la cultura, l’armonia e la serenità che si potrà arginare lo sfaldamento della società attuale. La sinistra se non la smetterà di farsi queste seghe mentali perderà ad oltranza.

“Coltivare la memoria è un grande modo per preparare le generazioni future“ e superare l’idea di un facile egoismo sociale fondato sulla paura e sull’etica del diverso, che portano sempre di più verso la solitudine e la violenza. E per coltivare la memoria servono: Preghiera, Trasformazione, Presente, Missione, Talento, Pensieri, Distacco, Essere, Volontà, Transito, Autostima, Giudizio, Perdono, Necessario, Superfluo, Spirito, Morte, Paura, Amore, e alla fine c'è la sintesi, che non è altro che una parte delle righe già lette nelle pagine precedenti e che serve a ribadire il messaggio principale di quanto detto nei vari punti. Fine della corsa.


Maurizio Mosca, il nostro inviato a Genova, ha intervistato Carlo Nesti. Ne è venuto fuori un quadretto interessante, un altro grande colpo di Spadrillas in da mist che si conferma ultimo baluardo della libera informazione in Italia scegliendo di parlare di un libro troppo boicottato dalle tv di regime.


Maurizio Mosca: Che musica c'è nell'album di Dangermouse e Sparklehorse (se è inutile spiegarmelo perché scriverne e perché leggerci?)

Carlo Nesti: Sicuri che la musica sia la parte più importante di un progetto come Dark Night Of The Soul? Chi compra ancora una rivista cartacea si aspetta un approfondimento e una riflessione piuttosto che la descrizione di un disco che avrà già scaricato o una serie di "somiglia a". Se poi c'è ancora chi vota il partito de "le recensioni servono a questo" allora semplicemente non siamo d'accordo. Sono della Nazionale Under 21. E tifo per entrambe le formazioni torinesi, perché professionalmente mi conviene avere due squadre della mia città in Serie A.

M.M.: Come mai siamo così entusiasti della (eventuale) morte dell'oggetto fisico?

C.N.: Questa del giubilo è un'incomprensione frequente. Chi abbraccia la novità non è detto che sia per forze di cose felice della rimozione del passato, anzi. E' l'atto strenuo di lottare per la conservazione e la difesa di una situazione precedente (non necessariamente migliore) che sono difficili da condividere. Per possedere uno spazio tutto mio, finalmente senza dover dipendere da nessuno.

M.M.: Come è possibile che la figura di merda della recensione dei Death Cab for Cutie adesso sia diventata una cosa che ci rende fighi?

C.N.: Qui c'era della provocazione lo ammetto. Eppure il dibattito suscitato in rete da quella vicenda e il fatto di scontrarsi per prima così frontalmente con la modernità ha dato un sussulto di vita alla rivista. Piuttosto che elegante e ineffabile la preferisco affannosamente moderna e fortemente discussa, cazzona persino. Per me, il calcio, in particolare, è stato prima, da bambino, un "gioco", poi, da "adolescente", uno sport, e infine, da "adulto", una grande metafora della vita. Ogni problema, che dobbiamo affrontare, equivale a una partita, con i suoi momenti-chiave. Il gol segnato è il problema risolto. Il gol subito è il problema irrisolto. Il palo è l'occasione inseguita, e mancata di un soffio. Ma se, per l'atleta, l'obbiettivo massimo dell'insieme delle partite, lo scudetto, è raggiungibile in questa vita terrena, il cristiano sa che lo potrà ottenere solo nell'Aldilà.

M.M.: Perché la modernità è sempre e comunque migliore?

C.N.: Parlando di progressismo avrei paura di fare la figura del veltroniano e ciò mi spaventa. Mettiamola piuttosto sul piano della curiosità: volete sapere cosa c'è nel pacchetto? Dietro l'angolo? Leggete le previsioni del tempo? L'oroscopo? Anche quando sapete che sarà una settimana di merda? Io si, aiuta e rende la vita migliore. Io avrei scelto, ovviamente, Carlo Nesti, che ha la grande sfortuna di non lavorare a Roma, e non godere di certi vantaggi. Io credo, innanzitutto, guardando dentro me stesso. La coscienza, con la nostra capacità di capire ciò che è bene, e ciò che è male, ha qualcosa di divino, qualcosa che ci lega a una Entità superiore. Credo, guardando intorno a me, perché l’ordine delle cose, nell’universo, non può non far pensare ad una Mano superiore. Credo, perché Gesù è un personaggio che si è calato nella storia dell’uomo, è morto, ed è risorto per salvarci. Credo, perché ci sono spesso “segni”, come le apparizioni della Madonna, o le stimmate dei santi, che indicano l’esistenza di Dio.

M.M.: Perché non facciamo due conti e sottolineiamo che i tanto innovatori Radiohead ci hanno venduto il loro In Rainbows almeno cinque volte?

C.N.: E' un peccato essere furbi? Vorremmo reagire alla crisi discografica condannando il download illegale per poi bastonare ugualmente chi cerca nuove soluzioni di mercato? Che si parli di moralità (bleargh) o protezionismo non posso ugualmente concordare. E' inevitabile, a 20, 40, 60, persino 80 anni, interrogarsi sul senso della nostra vita. Quasi tutti, se ci limitiamo a guardare intorno, in senso orizzontale, dobbiamo prendere atto che amore, lavoro e divertimento non appagano totalmente. Allora diventa necessario entrare in una dimensione verticale: giù, dentro noi stessi, nell'anima, nello spirito, e su, verso il cielo. Soltanto così otteniamo le risposte che vogliamo. La vera trasformazione è mettere Dio, e non noi stessi, al centro della vita.

M.M.: Perché la plastica del cd o del vinile fanno schifo mentre la carta sulla quale scriviamo noi va bene (esistono le webzine gratis no)?

C.N.: La carta andrà bene finchè saremo capaci di renderci necessari, dopo di che avanti pure il prossimo. Per lo stesso motivo nella recensione evocata sin dall'inizio non si parla di musica, quella si trova principalmente in rete ormai. Le persone per discuterne assieme invece (si spera) su Rumore. Per me non esistono differenze di lingua, razza, religione o ideologia importanti come quella che sto per indicare. Divido l’umanità in 3 parti: c’è chi non crede, c’è chi crede, ma si comporta come se non credesse, e c’è chi crede, e si comporta di conseguenza. Per molto tempo ho fatto parte della seconda categoria, quella che dice di credere in Dio, ma non fa in modo che le sue opere rispondano alle coordinate della Fede. Da 3 anni cerco di entrare nella terza categoria, e questo libro contribuisce alla mia “crescita”.

M.M.: Come mai si parla sempre del mercato discografico alla morte sorridendo e si tace rosicando sulle copie smarrite per strada dall'editoria (e rosicchiate dalla rete)?

C.N.: Noi, intesi come giornalisti musicali, parliamo del mercato discografico. Quelli su carta mi sembra non abbiano lesinato analisi sul resto. E' un problema di prossimità della minaccia: ciascuno parla della porzione di terreno sotto i piedi che gli viene a mancare. Ciò che dà senso alla vita, paradossalmente, è il senso che diamo alla morte. Se la morte fisica, per noi, è un punto d'arrivo, senza che dopo ci sia nulla, allora saremo obbligati a vivere nell’affanno, ogni giorno alla ricerca del massimo traguardo, senza mai raggiungere la soddisfazione totale. Viceversa, se per noi la morte fisica è un punto di partenza, verso la Felicità Eterna, ecco che molti problemi quotidiani diventeranno banali, infinitesimali rispetto all'eternità.

M.M.: Perché la maggior parte di noi lavora per il mercato ma non si degna mai di dire che la sua dissoluzione significa confinare tutti quanti nel recinto di un dopolavoro di un primo lavoro che scomparirà?

C.N.: Anche in questo caso la crisi di un mercato che deve cambiare viene scambiata per la sua morte. Molti lavori sono spariti, altri ne sono arrivati, le quantità degli uni e degli altri le facciamo pesare a Tremonti che è più bravo di noi in questo caso. Di certo anche i casellanti dell'autostrada hanno detto qualcosa di simile quando sono arrivate quelle malefiche macchinette cambiasoldi. Possibile che la vita, che ci circonda, sia solo questo? Il male esiste, eccome, ma esiste anche il bene: le vite salvate dai volontari e dai missionari. Purtroppo, fa più rumore un albero che cade, che non una foresta che cresce, e si ritiene che solo ciò che fa rumore determini la “notizia”.

M.M.: Perchè se compriamo un caffè di una cooperativa guatemalteca (spesso disgustoso) siamo equo solidali mentre se scarichiamo un album della Dischord non ci poniamo il problema?

C.N.: Anche a me il caffè equo e solidale fa cacare. Il mondo, che ci circonda, è come uno stadio affollato. Noi siamo “giocatori” di una partita, in mezzo al campo, e dobbiamo tentare, nel fracasso dello stadio, di ascoltare la voce del nostro allenatore. E il nostro “mister” è chi, meglio di chiunque altro, è in grado di capirci, e di guidarci, perché è Colui che ci ha creati: Dio. L’unico modo per acquistare questa sensibilità, nell’”udito”, è la preghiera. E’ facile parlare con Dio, ma non è facile ascoltarlo.

M.M.: Come mai ospitiamo la pubblicità delle major o delle indie label che tanto siamo felici di veder schiattare?

C.N.: Per le major confermo la felicità e infatti non vedo neppure tutte queste inserizioni. Non una questione di principio, di difficoltà di dialogo piuttosto. Storicamente, ci sono state epoche, come il Medioevo, in cui Dio era al centro di tutto, mentre, dall'Illuminismo in poi, la scienza ha preteso di sostituirsi alla Fede. Geograficamente, più andiamo a Oriente, e più troviamo la ricerca della spiritualità come essenza della vita. Nell'Occidente di oggi, Zapatero, nella Spagna cristiana, fa togliere i crocifissi dappertutto. Ma, agendo così, stiamo meglio con noi stessi, o continua a mancarci qualcosa?

M.M.:Perché non diciamo a chiare lettere che un mp3 è una merda impalpabile di fronte a un vinile pesante?

C.N.: Perché non è vero? Perché è una cosa talmente banale da essere per forza di cose sbagliata? Perché criticare senza appello ciò che c'è di nuovo solo per la colpa di essere tale mi farebbe sentire come un pensionato? Perché se non ci fossero gli mp3 e il mischione che portano con loro non esisterebbero neppure tutti quegli stupendi dischi che poi recensiamo/compriamo/andiamo a vedere dal vivo con entusiasmo? Credo nella metafora della freccia. La freccia è ogni nostra azione, e l’arco è la volontà. Oggi volta che tentiamo di fare qualcosa, lanciamo la freccia verso l’alto. La prima parte della traiettoria, quando la freccia sale, dipende da noi: potenza e direzione. La seconda, invece, quando la freccia scende verso l’obbiettivo, dipende dal destino, che dobbiamo accettare. Il libero arbitrio torna in ballo alla fine del tragitto: sta a noi interpretare il risultato. Ricordiamo che, a volte, “si chiude una porta, e si apre un portone”.

M.M.: Chi sono i cani che abbaiano in sottofondo nella recensione di Girolami?

C.N.: Nello specifico le major discografiche. Che volevano impedire l'uscita di Dark Night Of The Soul, che denunciano una bambina perchè su Youtube balla con in sottofondo la musica di Prince, che chiedono milioni di dollari a pericolosi pensionati pirata. In senso lato tutti coloro che ululano contro ciò che sta accadendo, quanti erroneamente continuano ad utilizzare schemi mentali di un altro tempo per un presente che non li ascolta più. Ogni bambino ha diritto di vivere da bambino, in qualsiasi parte del mondo. Invece, purtroppo, a certe latitudini, troviamo i bambini lavoratori, che cuciono palloni, o i bambini soldati, che imbracciano fucili. I genitori, gradualmente, dovrebbero insegnare ai figli che, ogni giorno, 25 mila altri bambini, come loro, muoiono di fame. E’ necessario che siano, fin da subito, grati al Signore di non far parte di quel gruppo, sicuramente molto meno fortunato, apprezzando, fin dal principio, tutti i doni della vita – anche la povertà. Ai tempi di Gesù era una povertà “materiale”: anche oggi 4 miliardi di persone su 6 del pianeta sono povere. Ma si è diffuso un altro tipo di povertà. E’ la povertà “immateriale”. Penso ai problemi di mancanza di fiducia dei giovani, che cercano di star bene seguendo la strada chimica, alcool o droga. Si suicida, sulla terra, una persona ogni 30 secondi. Penso alla mancanza di speranza degli anziani, considerati inutili, mentre un tempo avevano potere “patriarcale”. Penso anche alla mancanza di affetto, e alla mancanza di salute di tanta gente. La verità è che ci ho messo due giorni a riprendermi, poi sono andato in crociera (in Norvegia) con la nazionale di beach volley per un paio di settimane, e poi per un'altra decina di giorni mi sono sbronzato alla faccia di chi mi vuole male (il Papa, La Madonna, quel Cretino di suo figlio). Dopo tutto questo ho scritto il libro, in due giorni. Toglietemi la roba per favore.