giovedì 31 luglio 2008

Una tribù che balla

Deejay Time. Si è detto tutto e il contrario di tutto sull'inaspettato ritorno di quel fantastico universo che ha animato i pomeriggi adolescenziali negli anni novanta, un universo di cui in tanti sentivamo la mancanza. Albertino con umiltà e dedizione alla causa commoventi ha risposto “Obbedisco!”, si è rimboccato le maniche e si è gettato nella mischia, ottenendo risultati egregi fin dalle primissime battute. Senza dubbio è davvero un grandissimo uomo, ma quello che nessuno dice è che Albertino già da parecchio tempo stava preparando il terreno a quella che si presenta sicuramente come la reunion definitiva dell'anno 2008.
Il buon Alba, da grande artista quale è, aveva infatti già capito l'aria che tirava e stava lavorando al grande evento almeno dai tempi in cui è tornato sul luogo del delitto dando alle stampe la mastodontica Deejay Parade Collection, un super cofanetto in cinque cd che raccoglie tutti quei 75 brani che negli anni sono stati al numero uno della classifica del Deejay Time e li proietta da qui all'eternità. Un'idea geniale, che vorrei aver avuto io.
La Deejay Parade Collection è una compilation che è gioia allo stato puro, una miscellanea che contiene tutto ciò che serve per essere un piccolo principe: il punk (Yerba del Diablo dei Datura), il metal (Satisfaction di Benny Benassi), l'emo (Crying at The Discotheque degli Alcazar, Passion dei Netzwerk, Lady dei Modjo, Angel di Jam&Spoon, Gypsy Woman di Crystal Waters, addirittura L'Amour Toujours di Gigi D'Agostino), il funk (Professional Widow di Tori Amos riveduta e corretta da Armand Van Helden), la ribellione più umana più vera (L'aiuola di Gianluca Grignani in versione remix), sangue (Hyper Hyper di Scooter, Barbie Girl degli Aqua), lacrime (Please Don't Go di Double You), e sudore (Tubthumbing dei Chumbawamba, The Rhythm of the Night di Corona), sperma (Short Dick Man di 20 Fingers). Non manca proprio nulla, è una compilation completa ed esaustiva sotto ogni punto di vista. Peccato solo che sia in vendita su Mediashopping e dunque ufficialmente esista solo nella mia mente. Ma si può sempre lavorare per renderla reale - bastano solo tempo libero, sprezzo del pericolo, una buona connessione web ed il gioco è fatto.
Questa non è roba per m2o, qui si va oltre. Musica per il corpo e per la mente, la definitiva possibilità di riscatto e redenzione per un genere musicale (la dance) che i detrattori considerano spazzatura ma che è anche l'unico in grado di far sognare ancora la gente, intere generazioni alle quali finalmente viene data la possibilità di rivedersi allo specchio e pensare a quanto tempo è passato dall'ultima volta che. Commovente.
E comunque poche storie: Blue degli Eiffel 65 è la canzone italiana più bella degli ultimi dieci anni.

martedì 29 luglio 2008

Thriple threat match: In The Panchine vs Macedonia vs Sagra Della Macedonia



Da bravo titino con sangue copparese l'unica Macedonia che riconosco è quella della Sagra della Macedonia di Final di Rero, frazione di Tresigallo.
Tresigallo è un paese culto: la sorella di Vittorio Sgarbi che al giorno d'oggi conta più di lui che ci ha pure fatto un film, con un tipo che è andato a lavorare a Bruxelles ma non dimentica le sue radici di tresigallese e allora pusha Tresigallo in the microfine e se perde la sua gente la ritrova In The Panchine. Praticamente questo qui che si chiamaDiego Marani è il Chicoria di Tresigallo, senza storie di droga e con Final di Rero al posto di Gregorio VII
Sto tipo, lavora a Bruxelles e anche se è uno che ha svoltato non dimentica di essere tresigallese: invece del witloof preferisce ancora la macedonia di Final di Rero. Come dargli torto? Sono stato alla Sagra venerdì scorso e francamente posso dirvi: believe the hype come diceva Flavor Flav. Per 1 € una 0,2 di macedonia che va giù liscia come uno scioltino de vodka: una miscela più esplosiva di skins e punks con mele, pere, cocomero, melone, pesche e un sughino che è la morte sua. La macedonia di Final di Rero mi ha talmente fatto che posso pure passare sopra al fatto che alla fine alla Sagra della macedonia era la sagra degli gnocchi, con uno stand enorme al centro e file ocecaniche di famiglie pronte a scatenare una royal rumble se qualcuno gli passava davanti mentre la macedonia era confinata ai lati, come un mid-carder durante un lumberjack match qualunque. Praticamente come la Serbia oggi.
Ma io rimango un inguaribile nostalgico, e alla Macedonia come nazione preferisco ricordare il Macedonia, negozio culto anni '90 a Lido degli Estensi. Una volta nel 1991 quasi rimorchiai due tipe di Ostellato che facevano le rapuse con una maglia faloppa dei Public Enemy comprata lì a 20000 lire (c'era ancora la lira: na rapina per ventimila), solo che ero obeso e fondamentalmente non ancora un ragazzo della Copparo Violenta. Loro alla fine fecero un Lester Gang Bangs con uno dei Gemelli Cestari, dei G-Mellow ante litteram praticamente. Come biasimarle? Da lì decisi di diventare un ragazzo della Copparo Violenta, ma non avevo capito che per scopare le bitches tedesche o le milanesi dovevo dimagrire, non diventare un ragazzo della Copparo Violenta: perchè a ste tipe che eran peggio di Vera Gemma e più che gli Shellac e gli Slint gli piaceva fare i filmetti come Larry Flint, e quindi preferivano per forza il G-Mellow.
Ed è per questo che preferisco il cd degli IN THE PANCHINE a tutta la produzione del TruceKlan: il cd omonimo è il vero album macedonia in cui puoi sentire il flava di ogni singolo ingrediente grazie al mezzo inglese, vera svolta semantica dell'hip hop italiano. Diciamolo, solo Dargen D'Amico e gli In The Panchine rappresentano qualcosa di nuovo nello stagnante panorama semantico della scienza doppia H italiana.
Prendiamo ad esempio l'incipit di Deadly Combination: Cole che entra subito a gamba tesa sulla traccia "In the audi, too fast for polizia, show me paletta and disappear - Chillin' with Tarango sto' fatto al mare, peace to Santino che te lo dico a fare".

Basterebbe la sua strofa ma il Chicoria, alla sua prima apparizione entra di diritto nella storia dell'hip hop italico; L'unico a rappare in romano invece che in macedone mezzo inglese/romano:

er pusher più trucido mariuccio de amore tossico
L’anni 70 co’ na spada trae braccia conficcata
E la pezza de brown che non te accanna
Na rapina pe’ 20.000
C’era ancora a lira
Pistole puntate non le far sparare
Cesare e compare
Usciti dal Sert vonno i soldi pe’ il dessert
38 e 7 sessantacinque
Sua tempia te a spinge
Er ferro è freddo
Ma brucia quando te manna’ all’ inferno
Mo so’ io che all’ angolo discuto
Per terra sputo, non ti illudo
Il lavoro più lurido
Trarmi in arresto, togliermi di mezzo
Hai fatto peggio
Adesso so’ 3 come me sur cemento
Un mare ndo marcia er piede
E nulla nulla devi chiedere


Tocca a Benassa, meteora la cui scia però è ancora fulgida:

Me lo ricordo
Non me stronzo
I'll be sordo
When i stay sbronzo
from parioli boro to torre maura squad
we do the mafia, with borbuka stock
Benassa deglassa Truceklan rappresenta
We be the infamous like Nane rape chi si lamenta
Come una corona di spine che ci tenta
In the panchine the boys of Roma violenta
Senza sentenza
We’re going to the hell
Figli della violenza
Like Louise Bonuell
we sell morfina a Bela Lugosi whit cocaina
we mix the de dosi like cicoria e gemello
we are mafiosi in this jungle you’re lost
Cole , Fulci sodoma ghost
I wanna be a rockstar
I wanna be a crackstar
I wanna be , ITP ti devasta
I'll be feroce like Nadia Desdemona Lioce
How to kill a Cop, kill bill è un cristo in croce
Genova non odia, la polizia può sparare
Kill he, Kill Me, Kill chi cazzo te pare
You’re a sick and banale dress sexy
Al mio funerale si brucia quello che scrivi
Le cazzate che racconti e che dici
My man Speaker Loris
on the bici.



E ancora G-Mellow

Canne a prousfione, Kings dell’ alberone

From the opposite i got truce fazione
Ansia da intercettazione
Ti faccio la fiancata
Oltrepasso i dossi con la pussy di giornata
that's the soglia sniff the raglia
Stupro la tua donna come Kobye Briant
Non batti ciglia
tocchi smokki la bottiglia
From de scippo i gioielli di famiglia
i bomb Fugazi Screzi con i tuoi ragazzi
We stay in the panchine, ci frega cazzi
Borbuka stock, we smoke all the dosi
we golosi, Morbosi, affetti da nevrosi
Gemello pay cash for a splash in your battona
my man sell the crack To Pantani e Maratona
Try to copy, my mezzo inglese
that's the schema, senza pena for the scena estrema il problema
yuo needs some rima, fuck your disciplina
Ipnotizzo la tua voglia di fumare cocaina
Bicarbonato: that's the magia
Insieme al Noyz piazzo bombe ad orologeria
in the benza with the benza
Bruciamo il localetto con prepotenza
we do Beneficenza, in the Roma centro
In the panchine Savage Boys e vandali dentro



Infierisce sul cadavere del vecchio hip hop italiano Noyz Narcos chiudendo:

y0 - open my bara dorata Sniff my droga tagliata die lungo la strada with the narice scoppiata Megacazzata da rapper sommossa Cole pick me up whit Bravo rossa six feet under fossa is the megadeath by the ketavett my shit will kill tenager go - compratene I live in the maroccan block Hundred gates spot Sniffin coke over the glass of my g-shock That’s hip hop bastard My cassa da morte Get ready for another malasorte Ride the street stanotte Leave Mercedes rotte Do Shopping by the zingari rulotte Palmiro togliatti by night Walk the street were the bum fights Touch my rhymes an take aids Narcosnoyz style vedi? Get diamanti over your neckless body Spitting Holy bloody, god bless till mi cuore si ferma still don’t fucking with the cops di merda learn scherma fighting whit my spada infetta smoke alotta Gregorio shitta, catch me whit the cotta in soffitta Crack your testa rotta on the panchine sniffin tra le cosce di bambine esclusive wanna stole my rime wear passamontagna insomnia - fuck with truceklan found rogna



Come la Sagra della Macedonia, il Macedonia questo è un album macedonia che è già leggenda urbana.Un culto per tutti i ragazzi della Copparo Violenta.
Senza sentenza.

P.S: finissimo "inside joke" per gli amanti del basket e di NBA Jam nella copertina degli ITP. Chi lo indovina gli offro una macedonia.

domenica 27 luglio 2008

Falco a metano

Uno dei momenti più belli ed emozionanti della storia della tv italiana è sicuramente l'ospitata di Gianluca Grignani a Non è la Rai. Playback, microfono che sparisce e poi torna, capelli al vento, imbarazzo in studio, ninfette in delirio, condizioni pietose, gente che ci crede - Grignani odia il playback e si è infilato il microfono in tasca ufficialmente per protesta, ma nessuno ha capito il vero motivo di questo coraggioso gesto (forse l'imbarazzo o molto più probabilmente la fattanza blu). Un filmato che riguardato oggi a quattordici anni di distanza i tuoi neuroni mollano gli ormeggi per andarsene, e tu devi mettere le dita nelle orecchie per non farli uscire, un filmato che proietta il Grigno nella galleria degli idoli che ogni rebel without a pause ferrarese che si rispetti dovrebbe venerare con convinzione.
Grignani è un personaggio scomodo e ribelle, una vera mina vagante per l'ingessatissimo estabilishment, sempre e comunque fuori dalle righe e fuori dalle piste, capace di presentarsi ospite a Domenica In palesemente in stato confusionale e di prendersi pure il lusso di tirare il culo a Superpippo Baudo: in poche parole, un uomo da ammirare a prescindere che purtroppo ha pagato con l'ostracismo dei media di regime questa sua attitudine da vero rocker metropolitano. Anzi, da leggenda metropolitana, visto che all'epoca del suo boom circolavano strane voci di una sua presunta morte per droga. Da anni tutti dicono che si droga ma lui dice di farsi solo di Nutella (ed infatti nei suoi ultimi video è costretto a ricorrere all'effetto Mick Hucknall per simulare uno stato di perfetta forma fisica) e poi viene pizzicato in giri loschi, ed allora è tutta autocritica come certa sinistra che perde sempre le elezioni.
Solo per questo Grignani è simbolo generazionale proprio come il sergente di metallo, ed a questo punto sarebbe doverosa una sua collaborazione con il tanto criticato (da certa stampa specializzata che poi va in delirio per dischi di noise cinese) TruceKlan. L'uomo migliora con il passare degli anni ed è ancora in grado di dire la sua (tanto per dire, all'ultimo Festival di Sanremo ha sfoderato una supergag del tipo "ci provo con la valletta di fronte a milioni di telespettatori" dopo essersi presentato sul palco con una camicia viola), la sua musica invece ha un disperato bisogno di essere rivitalizzata, e solo il Klan è in grado di compiere un'impresa del genere.
(Ill Bill Laimbeer take the muthafuckin stand)

Grignani e Metal Carter secondo me dovrebbero formare un gruppo power metan, e girare la la parte 2 di Falco a Metà (stile Verano Zombie pt.2) a Copparo, al distributore di metano di Via del Lavoro 38, vicino alla Berco. La location è perfetta per esprimere il disagio generazionale di cui sono portabandiera il Grigno e il Sergente di Metallo.
Il distributore si trova in una strada a fondo chiuso che terminava in uno spiazzo che fino a pochi anni fa (fino a quando il legalismo tipico di una certa sinistra che poi ci fa perdere le elezioni ha fatto sì che venissero installati dei lampioni che hanno reso l’area praticabile da mamme e bambini) era conosciuta come “Lo Spermodromo”. Per i ragazzi della Copparo Violenta la Via del Lavoro è un culto quasi come “La Via Della Droga”: nel 1991 niente di meglio che planare con stormi di Ciao Piaggio armati di Prome oro e argento a tirare i Raudi e Magnum ai fortunati frequentatori dello Spermodromo.
Proseguendo verso il distributore di metano dallo spermodromo si passa allo spaccio di paste “La Deliziosa”, che sempre nel 1991 vendeva paste di notte, senza fare lo scontrino e solo alle persone fidate. Il capo del forno era soprannominato “L’umiliatore” perché le prime volte che andavi a prendere le paste, a mò di rito di passaggio in Eastern Samoa ti umiliava verbalmente. Se reggevi l’umiliazione verbale era fatta, le paste erano tue.
Il distributore di metano è l’ultimo bastione della Copparo Violenta che fu, e per questo è un posto che frequento ancora. I gestori sono di origine serba, almeno uno di Pancevo. Gente di rispetto. Una volta il tipo originario di Pancevo notò la mia canotta originale Yugoslava di Dejan Bodiroga (orginale nel senso non quella della Nike: avevo comprato la canotta a Novi Sad, la canottiera era della Yugoslavia, non della Serbia). Da allora ogni volta che mi fa metano si mette i tipici guanti da distributore di metano con sopra disegnate le 4C serbe. Una volta mi ha pure invitato ad andare a Pancevo con lui.
Quando posso torno a Copparo e il metano lo faccio lì, ogni volta è una esperienza di vita vissuta al limite, come le storie del Chicoria. Decisamente il migliore distributore di metano della provincia, il distributore di bevande ha pure la Lemonsoda, non potrei chiedere di più. Decisamente consigliato se siete fan del power metan e dei Cripple Bastards e più in generale se provenite da paesi dove gli uomini sono uomini e la carne è rossa.

giovedì 24 luglio 2008

SOLIDARIETÀ AD UN POVERO MANICHINO DISOCCUPATO!

Povero manichino da luna park. Anni di duro lavoro su una finta sedia elettrica, anni di finte pene capitali, ed ora tutti si scandalizzano dopo che la notizia bomba è uscita sui giornali di tutta Italia.
Un paese intero che si ferma per un'attrazione da luna park, come se non esistessero i problemi reali tipo il carovita, l'inflazione, la disoccupazione, i tempi lunghi della giustizia (problemi che a dire il vero da quando governa Lui sono stati risolti alla radice facendoli sparire dai media di regime), un manichino di gommapiuma che ha perso il lavoro ed ha tutta la mia solidarietà.
Ma quando la gente si renderà conto dell'errore il manichino ritornerà, e porterà con sè anche tanti suoi fratelli, tutti uniti per conquistare il mondo salvandolo dai matusa e dai benpensanti.
Ne voglio uno anche da Zuni, completo di sedia elettrica da azionare come diversivo quando suonano gruppi che deludono le aspettative. Lo voglio vedere ballare sotto i colpi delle potenti scariche elettriche, tanto è tutta finzione. Spero che i gestori del locale si attivino per acquistarne uno. Costa 5000 euro ed è tutto cinema.
E a proposito di cinema ed effetti speciali, non vedo l'ora che riapra Zuni anche solo per tentare di entrare nel locale con lo scooter truccato, da azionare sempre come diversivo quando suonano gruppi che deludono le attese. Sarà stupendo, sarà sarà l'aurora.
Ghost track: il manichino in azione, finchè il filmato non verrà rimosso.

domenica 20 luglio 2008

Barbed-wire fest report: We Are from Barcellona vs. Montserrat Caballero


A grande richiesta ecco l'Ill Bill Laimbeer Director's cut del report del Barcellona Primavera Sound 2008, che avrebbe dovuto apparire sul #199 di Rumore ma hanno preferito mettere 3 pagine di Cansei Sei sei sei, per un totale di 1998, grande annata tra l'altro. In realtà avevo poi pubblicato una versione auto-censurata nella mia rubrica "Demokrazia" usando la rubrica per lanciare il blog. Grande falso anche questo, volevo solo pompare il mio blog senza parlare del festival, ma le numerose richieste mi hanno spinto alla pubblicazione.

Un altro tsunamico colpo alla credibilità del ganzo journalism si è abbattuto sulla east coast demokratica, e anche qui oramai lo saprete già tutti visto che scrivo su un giornale mensile e non sul forum di rockit o del Mucchio Selvaggio. Lo so che lo avete già letto negli illuminati forum di discussione nel dedalo della rete ma mi preme farmi la spia da solo, giusto per il piacere di citare Fracchia: ho preso una cantonata pazzesca nella recensione di Congorock apparsa lo scorso mese. Questa recensione si basava sull’ascolto di mp3 scaricati da internet che in realtà mi erano stati mandati da quei bambini bricconcelli dei Gringoise che, per vendicarsi della loro stroncatura di alcuni mesi fa (anche se in realtà come si conviene a un critico musicale che si rispetti mi ero basato solo sulla lettura dei testi e su altre recensioni) figendosi Congorock mi hanno mandato delle loro tracce remixate da Molella per la sua nuova serie Molella megamix. E io, rincorrendo populisticamente i consensi dei lettori oramai transfughi su altri telematici ci sono cascato in pieno, promuovendo aprioristicamente un gruppo sotto mentite spoglie che in passato avevo stroncato giusto per.

Ma quello che devo realizzare è che l’estremismo è malattia infantile del giornalismo ganzo. Once again allora, che fare? Guardare a Washington e visitare la redazione di rockit e copiarne il capitalistico modello o guardare a Mosca e imparare a scrivere in cirillico per poi poter diventare collaboratore di Blow up? O giddensianamente esiste una terza via?

Per quel che mi riguarda vada come vada e dopo Chico passaparola perche' e' andata come e' andata fino a qui
sulla traccia Neffa e Dj Gruff con Dedamd
quando fuori piove o sotto il sole SM sale con la parola chiave, sono riuscito a convincere il megadirettore che la terza via è il modello spagnolo, e mi sono fatto spedire al Primaverasound Festival a Barcellona, per poter bere gratis nella apposita zona VIPS, un posto dove si ristabilisce la meritocrazia e il cantante dei Fine Bifore you came non può entrare e io bevo per la prima volta in vita mia redbull per stare in botta e tirare fino agli Holy Fuck… insomma via da Italia Wave e dall’Heinekken Jammin, da Philopat che diventa il direttore artistico per un giorno del Traffic (d’altronde se la Carfregna è ministro…) e da quelle minchiate di festival estivi italiani, un bel festival con i controcazzi con la scusa di studiare il modello spagnolo.

Ci vorrebbe l’intero spazio della rubrica per poter elencare i 105 nomi in cartellone, che praticamente sono riassumibili in tre categorie 1) Vecchie glorie: Public Enemy, De La Soul, Portishead, Sonics, Devo, Polvo, Sebadoh, Bob Mould, Dinosaur Jr., Buffalo Tom, Young Marble Giants, Throbbing Gristle, Mission of Burma 2) Facce nuove, della serie “vi dico che son fighi prima io e/o ve lo avevo detto che erano fighi. Solo per nominarne alcuni: MGMT, Boris, Prinzhorn Dance school, Vampire Weekend, Why?, Animal Collective, Okkervil River, Holy Fuck, Rufus Wainwirght, Scout Nibblet, Dirty Projectors, Lightspeed Champion, No Age, Bon Iver (questi ultimi due manco a farlo apposta apparsi appunto su Facce nuove lo scorso mese e da me bellamente ignorati, da vero nu-traditionalist quale sono) 3) Inutili gruppi spagnoli di gran lunga inferiori a gruppi nostrani, ma visto che this is Barcellona and not Barcellona Pozzo di Gotto non è che ci si possa far qualcosa no?

Innanzitutto prima di cominciare devo dire che la tentazione di infierire sulla realtà italiana è forte, e visto che da buon fan del magnum Algida ™ so resistere a tutto tranne che alle tentazioni lo faccio: a noi un Vasco Rossi all’Heinken Jammin o un Indipendent days come quello dell’anno scorso dove in pratica si viene sequestrati dagli organizzatori e se si esce dal lager adibito a zona concerto non si può più rientrare (tutto drammaticamente vero, ma nessuno più si incazza…), a Barcellona investimenti del comune (e infatti metà dei 56 mila spettatori quest’anno vengono dall’estero, con tutto quello che ne consegue in indotto turistico, ristoranti messicani e zone chillout, nessuna fila ai bagni, ai botteghini e i Mission of Burma sul Vice-Jagemaster stage che a ridosso del porto di Barcellona al tramonto suonano That’s when I’m reach for my revolver, e qui il massimo che ci possiamo permettere è un festival al Porto di Livorno, in attesa che finiscano le città in Toscana e che Le Iene scoprano che i frequentatori dei festivals si drogano)

Il dramma di questi festival si sa, sono le mortali sovrapposizioni di gruppi che suonano in contemporanea che fanno sviluppare nello spettatore una sindrome da timetable che poi causa un ulteriore sindrome mix fra le crisi di Salvatore Antibo e quella di Stendhal. In ogni modo i piani di Giovedì 29 prevedono un mio stazionamento al Rockdeluxe per Notwist, Public Enemy (per inciso: formula All Tomorrow Party con cui il Primavera Fest è gemellato, il che significa la riproposizione intera di It Takes a Nation of Millions…) , De La Soul e Portishead, con una eventuale puntata all’ATP stage per Boris ed Explosion in the sky. In caso di sopravvivenza mi riservo di concedermi Prinzhorn Dance School e gli ultra trendy Vampire Weekend. I losangelini Health però al Vice Jagermeister fanno già saltare gli schemi con uno show esplosivo: dei Liars più ascoltabili e freschi, con chitarre taglienti, rumorismo psichedelico debitore tanto ai Black Dice che agli Animal Collective, percussioni incalzanti che al confronto quelle delle Lighting Bolt sono doom…puro chaos math che trasforma tutti questi addendi in something completely different. Primo gruppo e prima sorpresa, cercateli, hanno anche uno split coi Crystal Castels fuori (sempre parlando di facce nuove). Giusto il tempo di raggiungere il palco dove la Bomb squad di Hank Shocklee scalda il pubblico con un set dubstep dilatato all’inverosimile. I settanta minuti a disposizione del Nemico Pubblico si assottigliano e si teme il solito colpo di testa di Flavor Flav. Che sia nel backstage a picchiare la moglie? Nemmeno il tempo di temere il peggio ed ecco echeggiare le sirene di Countdown to armageddon. Marziale entrata della Security of the 3rd world e per ultimi i due mc’s (assente il mio idolo antisemita Professor Griff, che non ha ottenuto il visto per uscire dagli States: segno che i Public Enemy danno ancora fastidio): è subito Bring the noise, come da scaletta che viene rispettata fino a She watch channel zero, senza in pratica nessuna pausa (d’altronde sono o no rebels without a pause?). Finale affidato a 911 is a joke e Fight the power e tripudio collettivo dei molti fan oltre i 30. Sono passati venti anni vero, ma almeno per questa sera i leoni ruggiscono ancora. A questo punto dovendo scegliere fra Boris e Portishead mi faccio prendere dall’hype e opto per i nipponici. I critici musicali più competenti di me sostengono che è sperimentazione, per me è speed metal meets Yngwie Malmsteen: pessimi, dite quello che volete ma se l’avessi fatta io una minchiata del genere mi avreste punito a colpi di bukkake. Resisto due canzoni e mi tuffo fra le braccia di Beth Gibbons. Esibizione da brividi e perfetta location (mare sullo sfondo…), pubblico ipnotizzato Roads. Anche in questo caso, visto la decennale pausa una performance insperata che conferma che è meglio vedersi i gruppi storici che quelli nuovi di cui parlano Vanity Fair e Vice, w il conservatorismo. A questo punto putroppo ai De La Soul non resta che raccogliere le briciole, anche se il loro set è degnissimo. Per vederli mi perdo Explosion in the sky e Prinzhorn dance school, al cuor non si comanda. Chiusura con Flavor Flav ospite, eseguono il noto jingle di una compagnia telefonica 3 is the magic number. Per oggi può bastare.

Il Venerdì si inizia subito col botto all’ATP coi Pissed Jeans. “Bestiali” è l’aggettivo giusto per i quattro pitecantropi di Allentown. Sangue e merda, quindi rock and roll allo stato puro. La dichiarazione di intenti sta nelle maglie del chitarrista e del bassista (Celtic Frost e Void). Bradley Fry pare uscito da una lega di wrestling minore e nel giro di due canzoni per l’irruenza sfascia non una ma due chitarre, ben supportato dal frontman Matt Corvette (un incrocio tra David Yow e Chevy Chase). Come detto, semplicemente degli animali. Sicuramente tra i cinque migliori concerti del festival. In attesa di godermi Bob Mould e Devo concedo una possibilità ai No Age. Bravi su disco, ma mi rompono il cazzo dopo due canzoni anche loro. Bocciati pure gli Strange death of Liberal England e il loro cantilenante vocalist che pare interpretare sempre la stessa canzone. Come mettere nero su bianco l’emozione di trovarsi a cinque metri da Bob Mould che sembra aver fatto pace se non coi suoi vecchi soci almeno con le sue vecchie canzoni e canta per la terza volta dallo scioglimento degli Husker Du pietre miliari quali Celebrate Summer, I apologize chiudendo con New Day Rising? Impossibile, lo lascio immaginare ad ognuno di voi. Storia vera: durante I apologize mi sono reso conto che due sosia di Jimmy Sommerville hanno tentato di rimorchiarmi, ma va bene così, i fans degli Husker Du amano il fist fuckin si sa, ma sono timidi.

Sapendo che nelle date italiane gli Why? si sono distinti per spocchia e indisponenza (e poi guardando i loro cognomi sospetto che siano stati loro a non volere il Professor Griff a Barcellona) non mi pongo neanche il problema della loro sovrapposizione con Polvo, Devo e Sebadoh (che si eliminano da soli con una prestazione a dir poco desolante) , sempre per la serie “al cuor non si comanda” scelgo i Devo che a quanto mi dicono hanno la stessa scaletta da quando hanno ripreso a solcare con continuità i palchi, ma poco importa. Impeccabili pure loro, rimangono una gioiosa macchina da guerra ancora oliatissima, con un vero e proprio show che si conclude sulle note di It’s a beatiful world con Mothersbaugh in versione Boojy Boy a tirare le biglie sul pubblico (e riconosco un napoletano sosia di Alemao che chiede il 2-0 a tavolino, gli italiani si devono sempre far notare). Anche qui le parole sono superflue, saranno i tempi bui che corrono e che hanno dato ragione in pieno alla ghenga di Akron. Non si può che chiudere la giornata coi Fuck Buttons, e i conti, pensando agli show di Pissed Jeans e Devo si chiudono in attivo. Se ci pensate sono il trionfo e l’attualizzazione della teoria devoluzionista. Con buona pace di quelli che, complice anche la ripetizione pedissequa di Street Horrrsing, “… ma schiacciano solo dei bottoni, è come ascoltare un concerto in playback” la resa live poi è ancora più fisica e d’impatto del disco. Se mai ci fosse ancora uno spazio ancora vuoto da riempire nel panorama musicale odierno il duo britannico, armati di una cartuccia del gameboy e di un amplificatore fisher price riescono nell’impresa.

Il terzo giorno, complice la scoperta di una sorta di rassegna “privè” sponsorizzata da myspace e molto più probabilmente il maltempo sbaglio tutte le scelte fino ai Mission of Burma. Indugio su Lightspeed Champion (che sembra virare su terreni più elettrici con risultati meno apprezzabili). Mi perdo i Young Marble Giants (che manco a farlo apposta hanno imperversato) per vedere le sperimentazioni dei Dirty Projectors. Sarà un problema mio, ma pur armato delle migliori intenzioni la musica di Longstreth e soci mi fa sentire a disagio almeno quanto ho dichiarato, ad una cena in cui gli invitati erano tutti studenti del DAMS, di non apprezzare Un chien Andalus. Veramente cagoni, parevano dei profughi afgani senza ira funesta però. Veramente cagosi, mi hanno fatto incazzare di brutto. Rivisitazione di Damaged dei Black Flag? Ma de che dai, sono un truffa colossale. Per fortuna in questo festival le vecchie glorie non sembrano sbagliare un colpo (sarà l’aria del mare?) e coi Mission of Burma mi riconcilio con la musica. Nel tragitto che separa Boston da Chicago (vedi voce: Shellac) mi imbatto negli altri bostoniani Dinosaur Jr., di cui tutti i conoscenti presenti allo show di due anni fa mi avevano parlato male. Questa volta, complici una decina di amplificatori Marshall in meno (ne rimangono comunque un’altra decina) a circondare Macis la resa pare essere migliore, ma ho puntato su Albini e soci. Scelta vincente: show di precisione chirurgica (con due tecnici del suono e un batterista del genere in formazione…), forse il migliore di tutto il festival. Da My black ass a Prayer to God finendo con Spoke, un’ora di calci nel culo, nessun prigioniero. I Les Savy Fav, che vengono dopo di loro, possono giusto buttarla sul circo. Tento di chiudere il mio festival con i mantra elettronici degli Animal Collective, ma la stanchezza dei tre giorni di concerti si fa sentire e la soglia di attenzione oramai azzerata. Decido che può bastare (tanto non ho biglietti di ingresso da ammortizzare e lo so benissimo che finirò per non scrivere l’articolo a causa dello scarso coordinamento editoriale), anche perchè domani si torna nel medioevo italiano dopo aver assistito al rinascimento spagnolo, e la tensione sale ogni giorno di più, Neffa mi dice "Ill Bill canta che ti passa", ma non mi passa...

DEDICATO A TUTTI GLI AMANTI DELLA COMMEDIA SEXY ALL'ITALIANA

Leone di Lernia è uno dei maggiori esponenti della controcultura italiana. Da orma dieci anni intrattiene, direttamente dal balcone dello Zoo di 105, la meglio gioventù italica a suon di rutti, flatulenze, improperi, scherzacci telefonici ed altri sfoggi di grandeur assortiti. Un autentico maestro di vita per centinaia di migliaia di persone, un uomo di gran classe che tutto il mondo ci invidia e che oltretutto non è soltanto un fine intellettuale, ma è anche un grande cantante. Un cantante di protesta, per l'esattezza. Contro il sistema a prescindere, qualunque sia il colore e la natura dello stesso.
Leone d'oro - Il peggio di Leone di Lernia è una raccolta di cover parodistiche di superclassici dance più o meno risalenti ai tardi ottanta/prima metà anni novanta, brani che sono autentiche gemme che negli anni il leggendario Leone ha pensato di dare in pasto al proprio affezionato pubblico. Roba pericolosa, dunque, ma soprattutto roba con la quale è molto facile far brutta figura se non si è avvezzi ad un certo tipo di discorso, però il sempreverde Leone sa il fatto suo e vince la sfida, perché Leone vince sempre. Per la precisione, Leone vince a prescindere perché è un uomo per tutte le stagioni, un uomo dotato dell'arroganza e della sicurezza nei propri mezzi che solo i Grandi possono avere.
È infatti un rutilante Leone di Lernia quello che per circa cinquanta minuti declama le proprie delicatissime poesie su basi che non sono altro che dei maestosi tarocchi delle quelle utilizzate nei brani originali. I diritti d'autore si pagano salati e dunque bisogna arrangiarsi, ma l'immenso Leone vince senza sforzo apparente anche questa sfida. Leone d'oro è un disco che più che un disco è una vera prova di forza, nel senso che fatichi ad arrivare alla fine ma se ci riesci la piena e totale soddisfazione è assicurata. Che chi dice che è tutto troppo trash, io dico che capolavori come (pesco a caso dalla tracklist del disco, tanto il livello è sempre altissimo) Ti si mangiate la banana, Chill ca soffr, Magnando e Lalalì lalalà - Pesce fritto e baccalà per capacità formativa e potenziale educativo dovrebbero essere insegnati ai bambini fin dalla prima elementare (ma coi tempi che corrono mi aspetto che prima o poi una cosa del genere venga fatta sul serio).
Sulla base di tutto questo oserei dire che Leone di Lernia è il Lester Bangs italiano. Ma non lo dico, perché non voglio rischiare una querela da parte degli editori di 105, ma soprattutto da parte di Ringo, il vero deus ex-machina dell'emittente milanese nonché esponente di punta della corrente conservative punk italiana. Il pericolo è il mio mestiere, ma quando è troppo è troppo. Mi limito a dire solo che è un grande intellettuale che con poche frasi profonde messe insieme senza un apparente senso logico riesce sempre ad insegnare tanto al resto dell'umanità. Campione del Mondo.

mercoledì 16 luglio 2008

UNA ROTONDA SUL MARE / IL NOSTRO DISCO CHE SUONA

Il bello della musica live è che si possono scoprire cose che prima non si conoscevano, e non solo a livello musicale, ma anche a livello sociale, politico e comportamentale. I concerti infatti sono delle autentiche scuole di vita in cui si imparano sempre cose nuove riguardo all'altra gente ma soprattutto riguardo a sé stessi, con tutto ciò che ne consegue in termini di rapporto con il prossimo e con la propria persona.
Tutto questo per arrivare a dire che, oltre a continuare a non sopportare la gente che fuma come una ciminiera durante i concerti che mi interessano (e pure a quelli che non mi interessano), ieri sera mi sono reso conto che non sopporto nemmeno chi ai concerti particolarmente affollati urta, spinge e con grande arroganza cerca di farsi largo in tutti i modi per poi magari piazzarsi proprio davanti a me ed ostruirmi la perfetta visuale che fino ad un attimo prima mi era garantita dall'ottima postazione guadagnata arrivando a destinazione con largo anticipo. Chi si comporta così è il solito italiano pizza mandolino e spaghetti, quello che non vuole fare la fila, non vuole pagare le tasse e cerca sempre una scappatoia perché crede di essere intoccabile, il solito italiota che dopo averti ostruito la visuale (perché generalmente è sempre alto e particolarmente ingombrante) inizia a saltare e magari a fumarti in faccia senza ritegno (o peggio, farti annusare l'ascella tonante – l'Ascella della Libertà, nel senso di Libertà dall'obbligo di fare la doccia e/o usare un buon deodorante). Nervi a fior di pelle e voglia di prenderli a schiaffi, ma non essendo Jean-Claude Van Damme meglio lasciar perdere e concentrarsi sulla musica.
Musica che ieri sera a Ferrara è stata nonostante tutto di alto livello. Hanno aperto la serata danzante i dEUS, un gruppo che ha finito la broda da anni ma riesce a nasconderlo molto bene. Dal vivo suonano più ruvidi e diretti, Tom Barman ha una presenza scenica inimitabile ed anche i brani degli ultimi loro due debolucci dischi reggono il confronto con il resto del loro repertorio, segno che oltre al mestiere c'è molto di più. The Architect (il supersingolo tratto da Vantage Point) è ufficialmente il brano più puttano del loro repertorio - roba che neanche il Moby dei tempi d'oro avrebbe mai osato neppure lontanamente concepire, roba che dal vivo lascia impietriti tutti i fan della prima ora, roba che forse hanno scritto per mere ragioni contrattuali ma che a me piace tantissimo – e il loro tastierista/violinista sembra un fuoriuscito dai Rammstein ma riesce a non fartelo pesare, e tutto questo non può che giocare a favore della grande band belga.
Gli Interpol mi rimangono invece un tantino irrisolti: per carità, sono bravissimi ed il loro è stato un bel concerto, però cheppalle! Non un colpo di scena, non un'uscita dalle righe, non una sbavatura, non un'improvvisazione, non un particolare fuori posto. Ed oltretutto, non una benché minima differenza da ciò che si sente su disco: se al loro posto qualcuno avesse messo sul palco un giradischi e i loro dischi sarebbe stato uguale. L'unica soluzione sarebbe stata avere molto più tempo a disposizione e dilatare la loro esibizione lungo un arco temporale di sette o otto ore: ogni tre brani degli Interpol venti minuti di dj set di musica altra, tanto per far riprendere le forze al pubblico e distrarlo un pochetto. Ma purtroppo non si può fare cose del genere, sennò la gente ci rimane male.
Che poi invece il pubblico ha gradito parecchio, tanto che pareva quasi di essere ad un concerto del Liga e gli energumeni davanti a me saltavano ed alzavano le mani al cielo. Si torna sempre lì, al fatto che la gente che ostruisce la visuale ai concerti andrebbe tolta dal mercato, ma anche al fatto che devo rendermi conto conto che ai concerti si va anche (e soprattutto) per divertirsi. Il rap per me è fare finta ma non fare finta. Faccio finta di far finta, in realtà il rap per me è dire cose che non credo, vedere cose che non vedo (cit.). E dunque probabilmente devo tacere.

lunedì 14 luglio 2008

Speak as I eat; Sara Poma Love Affair aka Ill Bill Laimbeer's Royal Rumble feat Rumore+Ferrara Sotto le Stelle+Necro, Accento Svedese e Duke Montana



Innanzitutto ho sempre sognato di scrivere un blog per mettere ad ogni post dei titoli lunghi il doppio delle canzoni dei Locust.
In seconda istanza ritengo doveroso precisare (già ho rischiato un incidente diplomatico col mio pusher di cornetti...) che la parte del mio freestyle dedicato ai Raconteurs che trovate poco sotto è in parte frutto di fiction. Devo ancora prendere confidenza col medium "blog" e con la distinzione fra fiction e Non Phixion. Parliamoci chiaro, visto che questo blog è nato come detto come valvola di sfogo mia e di A.C (che non sta Anal Cunt) le premesse reali dietro alla gag dei mancati accrediti era una frecciata non ai regaz di Ferrara Sotto Le Stelle ma a un certo meccanismo perverso che fa sì che, salvo rari casi, molti collaboratori di testate musicali come ad esempio quella con cui collaboro per una ragione o per l'altra (incluso anche quella sacrosanta che i danari non ci stanno proprio) non sono retribuiti in nessuna maniera.
Non mi dilungo nella discussione che ha scatenato il caso Fake Cab For Cutie (non metto neanche il link) e le riflessioni che, salvo rari casi non sono state fatte: gente più scafata di me come il buon Arturo Compagnoni sul suo blog e in una intervista a Radio Città del Capo ha già detto quanto ci sia da sapere sullo stato della critica musicale "indipendente" (diciamo così per semplificare) in Italia.
Il risultato, per quel che riguarda me è che collaboro da due anni con una rivista che è la più venduta in Italia e non ho mai visto un soldo e non ho mai avuto altri tipi di benefits se non una sorta di fama che tra l'altro, per il mio noto ruolo di agitatore culturale della scena punk hardcore diy dagli anni '90 in poi avevo già. Fare Demokrazia su Rumore è molto più spesso una rottura di cazzo (mi sono visto anche minacciato di citazioni in tribunale, tutto vero, dagli Standing Still) che divertimento. L'unico vantaggio è che posso scrivere quello che mi pare, e forse probabilmente perchè non esiste una forma di coordinamento editoriale (ancora una volta: sopratutto perchè non ci sono i soldi)
La mia unica forma di "retribuzione" ogni tanto, e sottolineo l'ogni tanto sono gli ingressi gratis a concerti di cui poi solo certe volte scrivo effettivamente. E' una cosa che da qualche tempo a questa parte ha cominciato a infastidirmi, perchè da persona che ha sempre voluto fare l'integralista non dovrei stare a questo gioco. L'accredito per me andrebbe riservato a chi va a vedere un concerto per "lavoro". Il nani e ballerinismo italico però, unito alla rivoluzione copernicana portata dalla nascita e sviluppo delle webzines, blog e cazzi e mazzi ha creato un circolo vizioso da cui, secondo un apocalittico come me si può uscire solo col collasso del sistema.
Non ci siamo tanto lontani.
Comunque: la storia reale dietro al "mancato accredito a Ferrara Sotto le Stelle" è questo: non ho chiesto nessun accredito per i Raconteurs, sopratutto perchè non mi interessava il concerto.
Ho fatto mettere la pubblicità di Ferrara Sotto Le Stelle su Rumore senza che gli organizzatori scucissero una lira per i rapporti di rispetto che ho con alcuni collaboratori e in funzione del fatto che la pubblicità gratuita sul giornale è la mia unica forma di retribuzione. Ho fatto così anche altre volte perchè nonostante tutto mi piace spingere certe iniziative a Ferrara.
Probabilmente, se fossi pagato in denaro o con altre forme di benefit questa cosa non l'avrei mai fatta, almeno di mia spontanea volontà.
Questo è quanto. Ah, e a costo di rischiare le botte dalla mia signora: commessa di Mel Bookstore, se anche tu come qualcun altro leggi questo blog e corri il rischio di offenderti non farlo. Ce l'ho con te solo perchè non mi saluti mai.

L'accredito però l'ho chiesto per il concerto di qualche giorno fa di Necro e Mr. Hyde con spalla Duke Montana e Noyz Narcos, per vedere gente senza integrità e ritegno ci si deve adeguare.
Pur senza voce e davanti a un pubblico molto meno numeroso di quanto mi aspettassi Necro ha imperversato, c'è poco da scrivere. Ma l'eroe della serata è stato Mr. Hyde, che essendo di origini italiane era galvanizzato oltremodo dall'aria di casa e ha fomentato il pubblico con una prestazione ignorante a dir poco. Props anche alle 4 (ignare?) tipe che sono salite sul palco per un wet t-shirt contest durante una canzone di The Sexorcist, coi risultati che potete ben vedere nella foto. A Roma, in compagnia del Truceklan quasi al completo (assenti Zinghero e Chicoria che pare siano ar gabbio, e Carter) avranno fatto dei morti. Invece mi è toccati vederli al Rock Planet (prezzo 16 euro contro i 7 di Roma).
Noyz e Duke si sono presentati con due ore di ritardo perchè invece di andare a Pinarella di Cervia sono andati a Pinarella, ma in Veneto. Idoli già solo per quello. Arrivati praticamente alla fine del set di Necro e Mr. Hyde hanno deliziato i presenzi con una prestazione, se possibile, ancora più ignorante dei due americani e del sosia di John Cena che li accompagnava.
Già solo per la sua camicia hawaiana con la Madonna di Guadalupe Duke ha tirato giù il Rock Planet, quando poi ha cantato, in chiusura dello show, la sua strofa di Corpus Christi non c'è stato più spazio per le chiacchere: gli haters possono continuare a spaccare, il T-Klan intanto sborra.
E questo è quanto come diceva J-Ax in Legge del Taglione
E questo è quanto...

venerdì 11 luglio 2008

DEVOCKA vs. DEVOTCHKA: LA FERRARA BY NIGHT È SOLIDALE

I Raconteurs sono senza dubbio una grande band, però sotto sotto c'è dell'altro. Il loro concerto è stato una bomba, però purtroppo a Ferrara c'è gente che soffre a causa loro e nessuno ci può far nulla. È una verità dura da mandar giù, qualcosa di molto difficile da ammettere, ma quando si tratta di drammi umani certe cose non bisogna nasconderle, ma bisogna esternare e testimoniare perché l'altrui sofferenza funga da monito verso il prossimo. La musica purtroppo non è solo gioia, ma c'è anche il rovescio della medaglia, l'aspetto negativo, la sofferenza, il dramma.
È infatti un vero e proprio dramma quello che sta vivendo la band ferrarese dei Devocka. Anni di sacrifici, investimenti, demo inviati a destra e a manca, concerti davanti a poche persone, concerti insieme ai Tonight, We Dance! che spaccano di più, sforzi per emergere, lingue felpate, aurore boreali, miraggi. Anni di Roy Rogers come jeans, anni di Happy Days e di Ralph Malph, anni di duro lavoro che se ne vanno in fumo in una calda serata di inizio luglio, e solo perché di spalla ai Raconteurs suonano i loro omonimi americani Devotchka, E dunque, come si devono sentire ora i Devocka a veder sbarcare a Ferrara i Devotcka, e soprattutto a vedere che un gruppo che suona qualcosa che sta a cavallo tra Gipsy Kings, Maximo Park e Ricky Martin è riuscito a trascinare il pubblico presente pur non proponendo nulla di particolarmente esaltante? Quale umiliazione pubblica hanno loro malgrado dovuto sopportare? Non riesco neanche ad immaginarlo, però i Devocka ferraresi hanno tutta la mia incondizionata solidarietà, anche perché i Devotchka saranno anche indiscutibilmente bravi, ma mi hanno fatto venire due palle così. Questione di genere musicale, o più probabilmente perché l'attesa per i Raconteurs si faceva sempre più spasmodica ed io non stavo più nella pelle.
E l'attesa non è stata tradita, perché i Raconteurs hanno spaccato anche solo per il fatto che Jack White è un improbabile morphing tra Vasco Brondi e Cesare Cremonini. Un grande gruppo, di quelli con le palle, di quelli che non ti lasciano un attimo di tregua, di quelli talmente signori che a fine concerto hanno ringraziato i presenti inchinandosi. Gira voce che dietro le quinte abbiano ringraziato chiunque capitasse loro a tiro e poi abbiano salutato a tutti tranne che Illo, perché Illo ha fatto appelloso - come in un ipotetico Megasalvi Show con Jack White protagonista al posto di Francesco Salvi, 1988 circa. Bei tempi quelli, come erano belli i tempi in cui a Ferrara i Devocka erano i Devocka e i Devotkcha erano degli emeriti sconosciuti. (A.S)



(Ill Bill Laimbeer)


Ah quelli sì che erano Happy Days…
Il Vostro Ill Bill invece, come un Lucignolo di serie B ha seguito il concerto da fuori in quanto sprovvisto di accredito.
E visto che 25 sacchi per gente che ha rovinato la vita ai Devocka non li volevo scucire (anche perché oggi mi vado a vedere Necro e Noyz Narcos e mi partiranno un casino di soldi in droga e mignotte) sono tanti ha atteso invano che qualcuno coinvolto nell’organizzazione mi riconoscesse e grato perché ho fatto mettere la pubblicità gratis su Rumore di Ferrara Sotto Le Stelle mi facesse entrare a sbafo. Niente da fare: sono entrati in serie senza pagare, la commessa di Mel Bookstore con la maglia degli Yo La Tengo, Luigi Tenco, i Righeira, l’ex commesso di Mel Bookstore, il tipo di Don Vito e i Veleno, Don Vito Cor leone, Don Vito Cor Veleno, Maisto Fresco e tutta la Ferrara che conta. Io, nonostante il mio diploma di ragioneria e nonostante avessi la maglia dei Black Flag di My War sono rimasto fuori. E da fuori non si sentiva niente, perché a duecento metri c’era il Bingo e i volumi erano bassi, sennò i comitati anti-rumore (non la rivista) gli mandavano i carabinieri a casa.
Il tempo di ricevere delle minacce dai napoletani con la maglia dei Necroamaro che vendevano le maglie bootleg dei Raconteurs (ma dove le producono e come se le procurano ste maglie? Perché Saviano non indaga?) e al secondo pezzo di Jack Black&White sono andato in piazza a godermi la movida cantando il seguente motivetto di Fabiano detto Inoki:

Sotto i portici viviamo street-life
siamo sempre per la strada mentre tu sei on-line
rinchiusi in qualche casa ci fumiamo gran linez
Ill Bill, Accento Svedese, Ferrara by night
sotto i portici viviamo street-life
siamo sempre per la strada mentre tu sei on-line
Ill Bill, Accento Svedese, Ferrara by night

Però c’eran troppi salentini con gli infradito in giro. Alla seconda maglia che ho visto di W lu Salentu: lu sule, lu mare, lu ientu, e lu divertimientu mi sono preso male e son tornato a casa.
Giornata nera per l’Ariete, decisamente.

domenica 6 luglio 2008

STEEL CAGE MATCH #1: BRAD FRY DEI PISSED JEANS VS. LOS CORNETTEROS






















Mentre mi documentavo a dovere per far sì che il gimmick di questo blog fosse perlomeno ai livelli di quello di Koko B.Ware ho scoperto una cosa che mi dà speranza per il futuro: sono sicuro che domani sarà un giorno migliore( http://www.lunapop.com/it/discografia/giorno.asp) perchè ho scoperto che il chitarrista ciccioso dei Pissed Jeans, Brad Fry, ha militato in passato negli Ultimate Warriors (http://en.wikipedia.org/wiki/The_Ultimate_Warriors), storico gruppo powerviolence che era solito, quando si esibiva, trasformare il palco in un ring di wrestling e i concerti in enormi royal rumbles. Gente che ci credeva e che ci crede ancora insomma. Ho avuto l'occasione di vedere Brad Fry a Barcellona durante il Primavera Sound festival (http://www.primaverasound.com), che avrei dovuto recensire su Rumore #199, in edicola da pochi giorni. Non sono riuscito a fare una recensione a causa dell'effetto domino dovuto al "Sara Hercules Poma Notorious Love Affaire", ma l'importante è che sono riuscito a bermi 20 redbull gratis e soprattutto a vedere Brad Fry senza scucire una soldo.
Per farla breve Brad Fry durante il set all'All Tomorrow parties stage oltre ad una maglia mica da ridere dei VOID ha spaccato due chitarre. Le ha spaccate mica perchè un poser, ma perchè suonava negli Ultimate Warriors. Pur essendo il suo gruppo su Sub Pop sono sicuro che Brad non c'ha i soldi per ricomprarsele le chitarre, ma lui, da vero Ultimate Warrior le ha spaccate tutte e due. Trovatosi senza chitarra ha cominciato a fare il gesto caro al compianto (e vittima della censura di Italia 1 che poi ci delizia con Lucignolo) Chris Benoit, quello della crippler crossface: http://it.wikipedia.org/wiki/Crippler_Crossface#Crossface
Lo dico a chiare parole, se Brad fosse di Ferrara lo candiderei se non a sindaco al posto di Tiziano Tagliani, almeno ad assessore alla cultura. Tra l'altro è anche sosia di Massimo Maisto, lo potete vedere dalla foto.
Se i Pissed Jeans suonassero a Ferrara Sotto Le Stelle li porterei in via Carlo Mayr a mangiare i cornetti da Los Cornetterros (http://www.loscornetteros.com), la prima cornetteria col gimmick.
Diciamolo subito, solo per il gimmick che consiste nell'avere i menù, gli orari di apertura, il sito internet fatti in fake spagnolo questo esercizio commerciale meriterebbe di essere supportato. La sua unica sfiga è che, essendo vicino agli street bars è costretto a chiudere all'1 di notte perchè i bar vicini sono stati in passato troppo molesti col vicinato che li ha giustamente denunciati. Dico "giustamente" non perchè sia giusto chiudere all'1 di notte ma perchè sono frequentati da personaggi veramente wettinatissimi, e da 40enni che vengono a fare l'apertivo credendo di essere a Milano che arrivano a portarsi i pargoli all'aperitivo pur di non mancare all'evento mondano. Visto che abito lì e passo spesso con la mia bici non a scatto fisso una volta ho asfaltato un tipo e la sua fidanzata e gli ho menato a lui, solo per fargli fare brutta figura con la tipa. Se non avesse frequentato lo street bar sarebbe stato dentro e io non lo avrei asfaltato tra l'altro.
Ma torniamo a Los Cornetteros. Lo dico subito, i cornetti sono surgelati e non artigianali ma con un gimmick del genere soprassiedo alla grande. Tra l'altro Ferrara by night non offre assolutamente alternative che non abbiano prezzi da sinagoga, per cui Los Cornetteros perlomeno fino all'1 colma un vuoto. Finora ho provato il cremagnos all'arancias, el chantilleros, el Baylies, senza lanciarmi nei salati o nei gelati. Diciamo che il topping e l'icing pareggiano il fatto che il cornetto è surgelato. Quando ordinate parlate rigorosamente in fake spanish. Una volta ci sono andato con Alessandro Baronciani degli Altro e Andrea Pomini: assieme si sono mangiati 5 cornetti dolci e 3 salati (poderosa una sweet-salad power combo di Pomini con tanto di Aranciata amara San Pellegrino ad innaffiare il tutto) e li ho costretti a parlare in fake spanish dicendo che se lo facevano ci avrebbero concesso uno sconto. L'ho detto al gestore e lui, da vero uomo, ci ha offerto il bere.
In definitiva Los Cornetteros sia per il rapporto qualità/prezzo che per il suo gimmick è un locale assolutamente consigliato. 4/5 stelle e soprattuto Brad Fry approved.

HAI PIÙ PENSATO A QUEL PROGETTO DI ESPORTARE LA PIADINA ROMAGNOLA?

Passi il fatto che sabato scorso era la Notte Rosa della Riviera, passi il fatto che sono partito fuori tempo massimo rimanendo imbottigliato nel traffico ed impiegando un paio d'ore per arrivare a Marina di Ravenna, passi il fatto che ero a stomaco vuoto ed avevo una fame da lupo, ma la piadina della Piadineria Nadia è proprio buona. Basso prezzo ed ottima cottura, impasto fatto a mano morbido al punto giusto, qualità degli ingredienti ed abbondanza nella farcitura sono i punti di forza di questa autentica prelibatezza - che per placare l'appetito ho addirittura osato testare in due differenti versioni (prosciutto cotto, crema di funghi e mozzarella – prosciutto crudo, squacquerone e rucola). Mai fare senza. Una pietanza che meriterebbe il massimo dei voti ma non lo ottiene solamente perché il gazebo nella quale veniva venduta al pubblico era affollatissimo di gente sfinita (con tutto ciò che ne consegue) ed una zanzara ha osato posarsi su una delle due piadine da me acquistate, guastando (anche se solo temporaneamente, visto che è stata prontamente rimossa) il sacro piacere della degustazione. Semplice sfortuna, colpo basso oppure probabile complotto delle Toghe Rosse? Ai posteri l'ardua sentenza, ma intanto competizione con Edoardo Raspelli per darti fastidio. (Voto: 4,5 cucchiai su 5 )

E che dire della festa anni novanta all'Hana-Bi che si è tenuta la sera stessa? Marina di Ravenna pullulava di bancarelle nelle quali fare acquisti ed io sono arrivato molto tardi all'appuntamento, ma appena sono entrato il dj ha calato l'asso ed è partita un'accoppiata da urlo: Smack My Bitch Up dei Prodigy + Out of Control dei Chemical Brothers, ed è stato subito delirio in pista. Un chiaro segno del destino, i prodromi di una grande serata caratterizzata da un set talmente discontinuo da risultare irresistibile (se non addirittura commovente). Si è passati da Maryliano Mansoni ai Nofx, dai Deftones ai Verdena, dai La's ai Pearl Jam, dai Pantera agli Offspring. Tutto senza soluzione di continuità, come se fosse una cosa normale, come se fossimo davvero ancora negli anni novanta ed io avessi ancora la cresta ma non le borchie. Il top lo si è raggiunto quando è partita Stand By Me nella superba versione regalataci dai Pennywise, seguita a ruota da una clamorosa All That She Wants degli Ace of Base. Due mondi una volta acerrimi nemici che si incontrano per il bene comune (ma soprattutto per il mio bene), ed io che ho le lacrime agli occhi e canto a squarciagola perché si è simbolicamente chiuso un ciclo cominciato ben dodici anni fa, quando ancora sbarbatello entrai in un disco-bar di Lido di Spina e gli schermi televisivi stavano trasmettendo il video di Isms dei Dog Eat Dog, ma l'audio era quello di una megahit di Alexia (una qualsiasi, tanto i pezzi dance di Alexia erano tutti uguali ed intercambiabili – e tutti bellissimi nella loro ingenuità). Un momento emotivamente devastante, un momento di gloria, un momento che conto di vivere ancora in occasione della prossima festa anni novanta - ce ne sarà un'altra prima o poi? Io lo spero molto vivamente, e magari spero che venga programmata molta più musica da autoscontri, l'unica, vera e compiuta forma di punk-rock che gli anni novanta abbiano mai prodotto e vissuto. E dunque, a costo di ripetermi: ai poser l'ardua sentenza, ma intanto competizione con Mario Fargetta per mettere musica che infastidisca le ragazze più indie.

sabato 5 luglio 2008

OUR GIMMICK IS WRESTLING


Dopo il fulminante avvio con la recensione degli Articolo 31 la nostra dichiarazione di intenti:

Spadrillas in da mist nasce dal tag team di due noti agitatori culturali/critici musicali wrestlers che in quanto tali vivono nella provincia ferrarese.
Impegnati a vario titolo nelle leghe maggiori (Rocklab,Giornalettismo e Rumore, solo per nominarne alcuni) abbiamo deciso di creare questo blog per poter pubblicare tutto ciò che le testate per cui scriviamo non ci hanno pubblicato o mai ci pubblicheranno.

Ce n’est que un début.

venerdì 4 luglio 2008

NOI NEL 1996 LA NOTTE LA VIVEVAMO COSÌ

Un monumento alla calda estate del 1996. Un disco da qui e ora, con tutto ciò che ne consegue. Una delle copertine più brutte che io ricordi. Due giovani come noi. L'urgenza tipica di chi ha tanto da dire ma non sa nemmeno come fare. Croce e delizia, mestiere e furbizia. J Ax e Dj Jad mai più a livelli così stellari. L'Interstellar Overdrive degli Articolo 31. Il capolavoro di due ragazzi milanesi che sanno che dopo questo nulla potrà più essere come prima.
Sembra ieri ma sono già passati dodici lunghi anni. Così com'è è uscito nel 1996 ed è riuscito a proiettare nell'immaginario collettivo gli Articolo 31 come IL gruppo hip hop italiano per eccellenza, e nulla, proprio nulla sembra essere in grado di modificare questo dato di fatto. Prodotto dalla vecchia volpe Franco Godi, Così com'è è un disco furbo, che scimmiotta l'uno dopo l'altro i modelli americani allora in voga (gangsta, g funk, r'n'b, hardcore) ma infila nel mazzo qualcosa di italianissimo (samples presi in maniera forzatissima da brani di Lucio Dalla e Rino Gaetano, gusto per le melodie più facili, riferimenti alla realtà italiana in generale e milanese in particolare) tanto per poter dire “siamo italiani e sfidiamo il ridicolo chiamando il nostro genere Spaghetti Funk, e non ce ne frega nulla”. Un disco che poteva uscire solo in quel determinato periodo e non in nessun altro, un opera che aveva senso solo in quei giorni ed oggi non avrebbe nessun senso, o forse che ha senso anche oggi proprio perché aveva senso solo all'epoca dell'uscita.
Ed allora via con coraggiosi testi di denuncia sociale (2030, un brano con il quale gli Articolo 31 hanno dimostrato di aver capito con largo anticipo quale sarebbe stato il futuro della società italiana, che si è preso pure il lusso di arrivare in arrivare in anticipo di ben 22 anni rispetto a quanto era stato profetizzato dai due geniacci milanesi), via con la descrizione dei disagi e dei problemi che il ventenne-tipo di quegli anni ruggenti si trovava suo malgrado ad affrontare (Il Funkytarro, Con le buone, L'impresa eccezionale), via con il divertimento spensierato a tutti i costi (Tranqi Funky), via con un racconto della dura realtà della periferia milanese (Fatti un giro), via con un rispettoso omaggio ai parenti anziani (Gigugin), via con il lato più giocoso dell'amore e di tutto ciò che ruota attorno al suo universo (Così e cosà, Domani, Latin Lover). Non una caduta di stile, non una sbavatura. Grandissimi, ed il bello di tutto questo è che con un disco del genere gli Articolo sono riusciti nella non facile impresa di rendere importanti le cazzate e, contestualmente, a rendere cazzate le cose importanti, guadagnandoci sopra pure un sacco di soldi. Il che francamente non è cosa da tutti. Bisogna essere dei veri Artisti per farcela, loro ce l'hanno fatta e dunque sono veri Artisti - con la A maiuscola alla faccia di tutti gli indie-snob che poi si annoiano ai concerti ma non lo vogliono dare a vedere.
Così com'è è un disco pazzesco ma è anche il disco che ha chiuso virtualmente la loro carriera. Dopo di questo infatti hanno provato a guardare avanti e a proseguire, ma non sono mai più riusciti a toccare i livelli di eccellenza raggiunti in quell'estate torrida. In un crescendo di sconforto e palpabile imbarazzo, ci sono stati dischi sempre più incerti e balbettanti, crisi personali, la scoperta dei famigerati Gemelli Diversi (forse la vera nemesi degli Articolo 31), film di dubbio gusto (Senza filtro), calvizie galoppanti, forzatissime svolte rock, creste, dreadlocks posticci, ospitate a tristi programmi rievocativi degli anni novanta, scappatelle soliste ed infine uno scioglimento senza motivi apparenti (con relativa reunion d'ordinanza in occasione di un Mtv Day) che ha lasciato letteralmente sbigottiti i fan del gruppo. Ma non ha lasciato sbigottito me che, visto come hanno scelto di proseguire il discorso, ho sempre pensato che gli Articolo 31 avrebbero dovuto fermarsi dopo quel disco, e risparmiarci l'agonia di ciò che è venuto dopo.
Sono partiti dal nulla ed hanno fatto il botto, poi hanno scelto di adagiarsi, rendendosi progressivamente conto che così non era più possibile andare avanti ed era tempo di dire basta. Una storia strappalacrime, di quelle che ci si potrebbe scrivere un libro e poi fare un film. Ma il mondo della musica è bello perché è fatto anche di vicende umane come questa, no?