lunedì 21 dicembre 2009

Media Blitz: Maurizio Mosca vs. Darby Crash. Adesso canta tu, vediamo chi è che strippa.






Sensazionale: grazie a Maurizio Mosca e al suo pendolino siamo riusciti ad intervistare Darby Crash, l'ex cantante dei Germs morto per overdose/suicidio trent'anni fa. Noi possiamo e gli altri no, perché noi abbiamo Maurizio Mosca – il faro che ci guida nella notte buia dei nostri italiani tempi – e gli altri no. Darby Crash racconta che la sua compagna lo accusava continuamente di inserire vicende personali nelle canzoni ed allora ha deciso di farla finita perché in realtà a lui interessava descrivere la vita degli altri. Le relazioni divise tra pubblico e privato, tra lecito e proibito, pro-pro-proibito, l'ora di proibito, di vietatissimo, di Oroscopone superpornoshow. Le brutture degli USA e dell'intero pianeta. La Texaco, il Ku Klux Klan, Nixon e i crocifissi nelle scuole sono solo alcuni dettagli di un quadro post-moderno più ampio e triste, e certo lui non se ne lava le mani: è stata anche colpa mia, ci dice. Storie, passioni autentiche, qualche miracolo, cinghiate, tante botte. Son venute fuori anche parecchie sorprese. L'intervista a Darby Crash, via seduta spiritica like quelle che faceva Romano Prodi per scoprire dove tenevano prigioniero Aldo Moro.

Maurizio Mosca: Ciao Darby, grazie della disponibilità, so che per te non è facile avere del tempo libero per le interviste.
Darby Crash: È un piacere, anche perché da morto non ho mai un cazzo da fare.

M.M.: La musica in Italia (e più in generale, nel mondo), nell'ultimo ventennio, si è involuta o è tutto come prima?
D.C. Eh... Io credo che un'evoluzione ci sia stata, e credo anche che i Germs siano stati una piccola, ma importante, parte di questo progredire verso un rock più concreto, più vicino alla vita (ma soprattutto alla morte) delle persone. In una parola: dotato di tensione poetica. Sono morto, ma non sono morto invano: si sta cercando di confezionare un pacchetto di canzoni in grado di soddisfare tanti palati diversi con presenze anche desuete a livello musicale ma molto amate

M.M.: Non ho capito un cazzo perché io capisco solo di calcio e genitali femminili ma va bene così. A mio parere il punto forte della vostra produzione discografica è l'immaginario romantico evocato da ogni pezzo. Come se ogni canzone fosse un piccolo romanzo d'attualità perfettamente descritto, dettaglio dopo dettaglio. In realtà ho letto molte interviste dove dicevi che quello che più ti interessa è il messaggio politico, che la musica di oggi è troppo diaristica. Ho frainteso?
D.C. Sì, hai frainteso. Quando l'ho detto ero semplicemente strafatto, Forse è stato quando con i Germs abbiamo suonato a Copparo in provincia di Ferrara ed ho devastato i camerini rischiando il linciaggio perché l’organizzatore era un ex affiliato della Copparo Violenta quando girava quella buona del ’76. Da quando sono morto, il vostro paese è cambiato, ed è diventato molto, ma molto più brutto e bugiardo di prima. Adesso non mi lincerebbero più per una cosa del genere, finirei a Studio Aperto. È importante dirlo in una canzone. Ho appena avuto una "discussione" con un poveraccio ubriaco che, con una bimba con sé, inveiva contro gli immigrati dell'est. Che schifo, era il tuo collega che dirige Il Giornale. Salutamelo.

M.M.: Dici Vittorio Feltri? Te lo saluto. Quindi mi sbaglio nel dire che questo le vostre canzoni erano dedicate all'amore e alla solitudine?
D.C.: Diceva Marx: "nel capitalismo si è soli nella moltitudine". Direi che non ci capisco un cazzo perché ho fatto ragioneria e a ragioneria non ci hanno spiegato Marx. L'amore per me era sempre un espediente narrativo: ciò che più mi interessava era indagare le relazioni sociali, anche quelle più intime e private, al fine di svelarne le piccole e le grandi ingiustizie che si nascondono in esse. E se qualcuno vuole sentire parlare di recessione, allora si vada a vedere un telegiornale, che è sicuramente meglio...

M.M.: E tu sei un semplice osservatore esterno o sono storie che ti coinvolgono personalmente?
D.C.: Quando scrivevo una canzone cercavo di non raccontare la mia vita ma quella degli altri, di un'umanità varia ed eventuale che mi circondava. Alcuni elementi autobiografici erano sicuramente presenti, ma erano solo dovuti al fatto che mi drogavo e pensavo solo a farmi... Non hai idea delle terribili discussioni con la mia compagna, che a volte si sentiva coinvolta personalmente nei miei testi. Le ho sempre spiegato che non si trattava di lei, si trattava del mondo in cui vivevamo. L'unica mia vera ambizione era vivere la vita e narrare la società, ma non ce l'ho fatta ed allora è stata overdose.

M.M.: Sono perplesso... Parlando di espedienti narrativi: una cosa che mi ha colpito molto è come non sia facile individuare un unico tema nelle vostre canzoni. L'amore si mischia alla politica o alla religione. È come se ogni brano avesse una forma tridimensionale, ci sono dei lati che puoi vedere solo cambiando l'angolazione del tuo sguardo.
D.C. È' vero. Cercavo l'allegoria e la metafora: allegoria e metafora producono senso ulteriore. Ma non ti rendi conto che sto sparando frasi a caso per darmi un tono e prenderti per il culo? Beato te che prendi sul serio un tossico morto da trent'anni come me...

M.M.: Spesso faccio questa domanda a chi decide di scrivere canzoni di protesta: dove si pone il limite oltre il quale si scade nel moralismo?
D.C.: Non capisco bene cosa intendi per "moralismo", piantiamola di dire cazzate e passiamo ad altro.

M.M. Quindi la cosa veramente importante è trovare il modo giusto, diciamo nuovo, per dire le cose. Penso che non sia facile.
D.C.: Probabilmente devi tararti in qualche modo per poterlo fare al meglio. Prendi
lo spot della Lavazza che sto interpretando adesso assieme a Michael Jackson. Ricordo che ci furono delle difficoltà, se non sbaglio, per quella produzione ma le superammo con dell'ottima China White. Eravamo in un set che cercava di riprodurre il paradiso e ci sentivamo in paradiso. Bei momenti. Se volessi parlare del problema della tossicodipendenza, che faccio? Mi metto a cantar slogan anti-proibizionisti o racconto la storia della miseria esistenziale in cui ti caccia l'eroina? In quale modo riuscirò a sensibilizzare chi mi ascolta? Basta dirgli quanto ti fa star bene la roba, e che la natura faccia il suo corso.

M.M.: Sono d'accordo. Sulla libertà di stampa in Italia cosa ne pensi?
D. C: Qui Berlusconi diventa fin troppo importante, nel senso che è un baluardo della libertà di informazione perché foraggia blog scomodi come il vostro Spadrillas (lo leggo sempre anche da sottoterra, ho una connessione velocissima). È scandalosa la situazione dell'informazione in Italia: tutti addosso all'uomo più ricco del paese che controlla, in un modo o nell'altro, almeno l'ottanta per cento dei media, e solo perché nessuno capisce il suo modo di scherzare. Credo che nei reality (e, più in generale, in un paese-reality come il vostro) si scherzi poco, si prenda tutto tremendamente sul serio e vengano esasperate le distonie tra le persone e tutto questo mi mette a disagio. Per questo tenderei a smorzare e a far sorridere facendo perdere, per questo, al reality l’obiettivo che si pone.

M.M.: Sempre rimanendo in argomento Italia: la maggior parte delle vostre canzoni avrebbero potuto descrivere molto bene il nostro paese. “Lexicon Devil” era dedicata a Ken Shiro Wiva, che è giappo-nigeriano. Come sono collegate le due cose?
D.C.: Dalla Texaco! Il ritornello osceno a cui ci hanno abituato quei "politici" del Ku Klux Klan, "aiutiamoli a casa loro", è una bugia. È sicuramente arrivato il momento di dire basta. E comunque, viviamo tutti nello stesso pianeta. Le ingiustizie che si consumano quotidianamente in Nigeria ci riguardano eccome, anche perché Pat Smear all'epoca aveva una predilezione per i nigeriani!
Dikembe Mutombo l'ha scoperto lui, checché Carlo BuckNesty ne dica preferiva il culo alla fica!

M.M.: Cambio argomento: cosa ne pensi della recente reunion dei Germs con Shane West alla voce?
D.C.: I Germs fanno parte della mia vita anche se sono morto da trent'anni. Del cristianesimo condivido l'idea di pace e di reciprocità. Del cattolicesimo, condivido sostanzialmente la dottrina sociale. E dunque la reunion dei Germs è una bella cosa. Il “problema” è che avrebbero dovuto realizzare uno spettacolo in grande stile. Hai presente quelle manifestazioni in cui ci sono le grandi entrate, le grandi presentazioni? Ecco, per ricordare la mia figura avrei pensato ad una cosa del genere, ma in fondo va bene anche così. Shane West se l'è cavata bene, e pure Pat Smear anche se ormai è un quintale e mezzo.

M.M.: Hardcore e cantautorato, zuppa e pan bagnato. È solo una questione di onestà – suonate questa musica da 30 anni, perché cambiare genere - o è stato un vostro preciso intento quello di mischiare le due cose?
D.C.: Guarda... io sono morto, devi rivolgere la domanda agli altri membri del gruppo. La mia più grande ambizione era quella di coniugare in modo dialettico il rock americano, che è nel nostro dna di musicisti rockettari incalliti, con la splendida tradizione cantautorale italiana. Sono mondi molto diversi e distanti fra loro, ma credo siano conciliabilissimi... A Tira e Molla e ad Affari Tuoi mi sono divertito come un deficiente; a Ciao Darwin rido della tripla lettura del programma che pochi colgono ma quelli che la colgono non si perdono una puntata; ho adorato fare il Senso della Vita perché rispondeva a delle mie esigenze di domanda; sono impazzito di gioia nel poter costruire e confezionare i due Festival di Sanremo; se non avessi fatto Bim Bum Bam probabilmente non sarei stato capace di spiccicar parola nel mondo dello spettacolo, quindi è stata una scuola divertente ed importante; Urka è stata l’uscita dal tunnel, stavo rischiando la pedofilia… Non so più cosa sto dicendo, deve essere tutta la roba che mi sono fatto quando ero ancora vivo... e anche quella che mi son fatto da morto per girare lo spot della Lavazza... (ride)

M.M.: Secondo te la musica interessa davvero alla gente? Dopo tutto oggi, in Italia, l'unico programma televisivo dedicato alla musica che può vantare un seguito importante da parte del pubblico è X Factor.
D.C.: Negli Stati Uniti la musica è parte integrante dell'immaginario collettivo e della vita delle persone, in Italia la gente è più interessata al soccer. Come lo chiamate voi? Calcio? Dovrei chiedere a Pat Smear, se vuoi gli faccio una telefonata e sento cosa mi dice... (ride)

M.M. Mi dici qualcosa di più su Pat Smear? É vero che dopo il suicidio di Kurt Cobain e la fine dei Nirvana lui iniziò a frequentare alcuni agitatori culturali della bassa ferrarese?
D.C. È la storia di un fallimento, il fallimento della mia generazione. Trent'anni or sono mai e poi mai avrei pensato che Pat Smear sarebbe finito a filmare orge notturne in negozi di giocattoli a Tamara di Copparo. Per fortuna che poi si è salvato finendo nei Foo Fighters, ma che spavento! Sono convinto di avere delle responsabilità anch'io, che non sono stato abbastanza vigile, abbastanza generoso con il mio migliore amico, mai abbastanza disponibile. È inutile ed ipocrita dare la colpa alla società, che è un non-concetto. La società siamo noi, ovvero io, in prima persona. Sto cercando di riparare, anche se sono morto da trent'anni e non ho ancora capito come si faccia a risorgere perché non sono Jesus Christ Superstar.

M.M.: Ventunesimo secolo, memoria e "rivoluzione" digitale. Di tutti gli argomenti trattati nelle varie le discussioni sul p2p quello che mi interessa di più riguarda la facilità con cui possiamo dimenticarci le cose: vuoi per un semplice hard disk che si rompe, vuoi perché dobbiamo gestire troppa musica in intervalli di tempo sempre più ravvicinati. Certo, ormai è tardi per rimetterci a stampare i dischi. Tu che ne pensi?
D.C.: Penso che la buona musica, quella "autentica", fatta di passione, cuore e cervello, quella che arricchisce chi la fa e chi l'ascolta, questa musica resta e lascia un segno. Non credo sia il supporto materiale, vinile o CD che sia, né la mancanza di supporto: non è questo il problema. Il problema sta tutto nella qualità e nel contenuto. Quando cantavo io non esistevano nemmeno i cd e non sono riuscito ad arricchirmi: da questo punto di vista sono morto troppo presto, però almeno ho dato il via ad un genere musicale che ha salvato la vita a tanti ragazzi. Sono un eroe generazionale

M.M.: Cinque cose per cui vale la pena vivere negli Stati Uniti.
D.C.: La buona cucina, il vino, il mare, il sole, il desiderio di riscatto e giustizia di buona parte di noi. Aggiungerei pure la China White,così son sei e facciamo conto pari. Un saluto fraterno a tutti, belli e brutti, ammiratori e haters, uomini, donne, bambini, appassionati e disamorati, affettuosi ed invidiosi, che Dio, cioè io che di mestiere faccio il dio e non posso certo soprassedere a questo vizio di forma, vi benedica come diceva Pino Daniele.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

ma avete copiato da una intervista al cinema dei rumori!

Anonimo ha detto...

Copioni copioni copioni!

accento svedese ha detto...

Non è vero. Siete in malafede perchè noi abbiamo l'esclusiva e voi no.