domenica 2 gennaio 2011

A sorpresa siam tornati: buon nano dalla redazione di Spadrillas. Per un 2011 con i fiocchi.

"L'Italia è un paese giovane", diceva Lino Toffolo in una trasmissione musicale di cui non ricordo il nome che conduceva negli anni ottanta su Canale 5, "se parliamo di festival". Un Paese in cui la cultura dell'evento musicale partecipato e condiviso sta iniziando ora a crescere e fiorire come papaveri da oppio, in senso europeo, come quei mostri sacri del genere quali Sziget, Festival Internacional de Benicàssim o l'inarrivabile Glastonbury (Ferrara Sotto Le Stelle non lo metto perché è a Ferrara e non a Milano, ed io sono un culattone raccomandato che è andato a Milano per svoltare e ce l'ho su con tutto ciò che non è Milano). Non esiste cultura giovanile che non abbia il suo festival di riferimento, ma ha ancora senso stare a parlare di cultura giovanile nel 2011? Son solo seghe mentali, ma tant'è. Per gli hippies, c'era Woodstock. Per il Sindaco del Metal c'è il Gods of Metal. Per gli amanti della techno, c'è I Love Techno. E per la musica italiana? Ora c'è il MI AMI, il festival organizzato da Rockit, che in 6 anni ha fatto girare più di 500 gruppi di (nuova) musica italiana che ripetono in piccolo i tic ed i difetti della vecchia musica e pertanto sono più vecchi della vecchia. Quella ancora non codificata, senza un codice di riferimento, senza un riferimento, senza un ferimento, senza un fermento, senza il mento, senza un braccio, accio accio, calcolo renale, fistola anale, vaglia postale. Forse senza un santo a cui votarsi. Santo Trafficante shoot the benpensante killing me softly with your musica pesante.
Ci siamo chiesti dunque se questa esperienza potesse essere una rottura nel tran-tran del mercato della cultura, del bunga-bunga della prostituzione culturale e delle marchette a buon mercato ai gruppi che vogliamo promuovere perché amici degli amici. Se si trattasse di un momento di intrattenimento puro e sterile o una risorsa-laboratorio per cambiare vite e direzioni, se si trattasse di un porno andrebbe ancora meglio. Il risultato è "L'anale che mi porto dentro vuole te, in tutte le posizioni". Una ricerca che abbiamo svolto con Alberto Stasi sul ruolo che i festival svolgono nel contesto culturale e di consumo nel nostro paese. Sulla capacità dei festival di risvegliare la parte pura di noi che la società assopisce e stupra (cazzo vuol dire poi, l'ho scritto perché faceva strano ed alternativo). Live, interviste, chiavate, percorsi che restituiscono un'Italia civile, sociale e viva. Oltre che una scena di musicisti che ha saputo razionalizzare il proprio percorso. Buona visione!

1 commento:

Metallic FaustiKo ha detto...

siete solo dei compagni roditori, peggio del Ciocorì.