domenica 18 ottobre 2009
Back with a gang bang, che dei conti se ne occupa mio zio Antunello
L’intervista di ieri sera a “Che Tempo Che Fa” ad Antonello Wenditti è la cosa più punk degli ultimi anni. E non c'entra la chitarra scordata, ma la rabbia e la noia. Tutto il resto è soia. Non ho detto gioia ma soia, soia soia. Maledetta soia. Soia chi molla. Antonello Wenditti ha creato un suono talmente depresso e isterico che i party harders e i gang (ed)bangers ne percepiscono ossessione e incubi in una maniera così estrema e violenta che pogano, nonostante i tentativi di diffamazione mediatica ad opera dei maestrini dalla chioma rossa di Striscia La Notizia e di quel comunista del Gabibbo che fa il furbo ma copia da una mascotte americana però solo noi di Spadrillas ve lo diciamo. Come nel 1980 forse, come quando saltavano in aria le stazioni; ma noi bomba e non bomba arriveremo a Roma. Accompagnato da Alberto Tomba che non è più carabinierei il nostro nuovo inviato Fabio Uad Fazio ha incontrato Antonello Wenditti ed i suoi bellicapelli qualche ora dopo un risveglio infrasettimanale e qualche ora prima che presentasse il suo nuovo libro al Covo, prestigiosa location bolognese un tempo sede di grandi concerti ed ora sede di concerti per nani e ballerine. Uad Fazio e Venditti hanno parlato di "L'importante è che tu sia infelice", di cazzi e canguri (più cazzi che canguri), di subcultura calabrese, di Cina, di Steve Aoki, di brand, di brandy, di Jim Brady e di branding e territorial pisting e moda, e di tutto un certo odio verso il generico e diffuso "essere ancora troppo calabresi (non il commissario) ma soprattutto troppo milanesi".
Fabio Uad Fazio: Dov'è il socio? Per me un chicken birani, ma senza zafferano che non mi piace.
Antonello Wenditti: Antonello è sempre stato il mio pseudonimo electro prima della morte di Rino Gaetano e di Stefano Tamburini. Se non fosse venuta a mancare mia madre, forse questo libro non lo avrei mai scritto. È stato del tutto inaspettato per me, non ci avevo mai pensato. Inizio dalla fine, inizio con il raccontare il giorno in cui mia madre è deceduta, così, inaspettatamente, e mi ha lasciato un baule che non ho avuto ancora il coraggio di aprire da due anni a questa parte.Un baule di cazzi tuoi.
FWF: Scrivere un libro come “L'importante è che tu sia infelice” suonando la batteria dev'essere strano, tutta adrenalina e botte violente...
AV:Non è molto semplice infatti, tutta adrenalina e botte violente…come quelle che mi tirava mio papà, dopo ti racconto.
FWF: Di questo libro soddisfatto?
AV: Si…
FWF: Come funziona, Mondadori ti spinge qui, e poi invece all'estero?
AV: Esatto. Ho chiesto esplicitamente di licenziare "L'importante è che tu sia infelice" paese per paese, street by street, block by block, in modo che ognuno avesse un territorio di competenza sul quale spingere il disco. Dim Mak per gli States, KSR per l'Asia, Ministri of Sound per l'Australia, Coop Music per l'Europa e Esselunga per l'Italia. Non mi prendo mai sul serio, non del tutto. Per scrivere una mia biografia ci vorrebbero diecimila pagine. Quella ufficiale la lascio ai biografi, quella mia, come questa, è invece una cosa piccolina, un racconto. Prendilo tu questo frutto amaro. Tutto è molto naturale, tutto nel libro ha la stessa valenza, dall’incontro con il meccanico che mi pimpa la macchina a quello con il Dalai Lama…Lama o non Lama, la cacciata di Lama dall’università, basta lame basta infami, L’amaro averna e il gusto pieno della vita… ecco, questa è la mia vita. A volte mi sento come te, un minus habens un piccolo Forrest Gump. Habeas corpus, ceteris paribus, Scarpantibus e infine per citare Piero Pelù “cazzi vobis”.
FWF: In Australia come vanno le cose?
AV: Piacevolmente bene! Sono secondo solo al libro di Carlo Nesti. 21esimo nella classifica di vendita ufficiale, quella fisica, risultato non propriamente calcolato, eccellente. Sono contento.
FWF: Quindi se la saltano i canguri…
AV: Anche troppo! Sold out periodico del mio split con Rino Gaetano Sheerea, con copie usate sporche di sangue e di benzina in vendita su Ebay a 300 dollari. Follia!
FWF: Tra i vari paesi in hai suonato finora quello più esaltato qual è?
AV: Australia e Canada.
FWF: Più di Milano? Più di Lido di Volano? Più di Altamura e della Calabria?
AV: Ehm si, sorry guys.
FWF: In Calabria cosa c'è che non va?
AV: La Calabria sta compromettendo la propria cultura, abbiamo bisogno di contenuti, cazzo! Un amico che non c’è più ha sempre sostenuto che sono stato testimone e protagonista di molte cose e che la mia fortuna è di non prendere coscienza che sono Antonello Wenditti il cantautore. Sono una persona che si è trovata davanti a fatti che magari hanno anche cambiato al storia del nostro Paese, ma quando lo racconto, o quando ci penso, lo faccio con assoluta ingenuità. Purtroppo la Calabria è alla merda.
FWF: Anche se a livello di dance siamo messi bene, no?
AV: Si, ma resta sempre molto poco commerciabile mentre ci sarebbero tutti i numeri perché possa diventare qualcosa di popolare. Che poi dance è una parola vaga e abbagliante. Diciamo che ci è riconosciuto uno spazio. Vorrebbero identificarla come tale ma la definizione cade quando sottolineo con cura le mie influenze musicali. Non sono un cantautore, non voglio esserlo, non lo diventerò. Se parliamo di musica italiana io faccio parte del ghetto e sono felice di starci. C'è molta più gente che fa italo disco all'estero che produttori di italo disco in Italia. Mi ha aiutato Stefania Orlando, una carissima amica che è stata eccezionale, è stata sposata anche con Andrea Roncato si è messa lì con me a costringermi a scrivere e quindi l’abbiamo fatto in pochissimo tempo. In realtà a gennaio, febbraio, era già finito, ho solo voluto aggiungere alcune cose, come la premonizione che ho avuto sul terremoto dell’Aquila, che è stata pazzesca. Nel tempo lo stile di produzione si è evoluto e l'oscurità ha preso il sopravvento.
FWF: Tutto chiaro e limpido. Tutti nella musica, in quasi ogni musica, vorrebbero provare a non fare nessun genere e farli tutti insieme.
AV: Sono sempre stato abituato ad ascoltare tutto senza costruirmi muri mentali. La scrittura è sinonimo di emozioni e le emozioni sono varie e non classificabili. "L'importante è che tu sia infelice" vive di tutto ciò.
FWF: In questo le difficoltà quali sono state?
AV: Da parte mia nessuna. Supporto l'anarchia, credo nel chaos. Le desordre, c’est moi. La difficoltà sta nell'aprire le menti ottuse recintate nel loro piccolo box. Mio padre era un anarchico che poi è finito a fare il vicequestore, io ho vissuto il '68 e ho partecipato alla battaglia di Valle Giulia. Mi hanno pure arrestato anche se non avevo fatto nulla, mentre Giuliano Ferrara non è stato arrestato perché era più figlio di papà di me nonostante dovesse essere arrestato al posto mio. Ricordatevene. E mio papà mi ha dato una pizza in faccia che non me la scorderò mai più.
FWF: Ce ne ricorderemo... Non ha pesato fino ad oggi il fatto di non poter avere la credibilità di nessun movimento dietro volendoli esplorare tutti?
AV: Non tantissimo, ho avuto la possibilità di esplorare genere per genere ed evolverlo… la credibilità è un valore perseguibile solamente dopo un'attenta analisi di sé stessi. Ricerca prima tutto, sempre!
FWF: La cosa più punk degli ultimi anni è Antonello Wenditti.
AV: Affermi? Anche secondo me. Perché la mia intenzione è distruggere tutti i generi musicali e letterari. "L'importante è che tu sia infelice" è tutto e niente. Ho passato anni a far musica sopravvalutata, plagiavo a destra e a manca e nessuno se ne rendeva conto. Me ne vado in giro vestito come Maicol Gecson, ho i Rayban e dei capelli tinti che non si guardano, eppure nessuno se ne rende conto. Ho iniziato a scrivere e vendo più libri di Saviano, eppure non dico nulla. Sono il numero uno anzi il ventuno. Voi che avete come esempio di vita Giuliano Ferrara rendetevi conto che avete sempre sbagliato, sono io l'esempio da seguire. Non lui che non sa cantare, non lui che a Valle Giulia è stato graziato. Per colpa sua ho pagato anche troppo. E’ ora di riscrivere i libri di storia purgandola dell’influenza di Ferrara e della lobby di LC e anche di Tony Negri.
FWF: E questa voglia di valorizzare la scrittura italiana invece?
AV: Ho cominciato a scrivere all'età di 9 anni, ricordo lo stupore nello scoprire che il mio umore poteva cambiare con le parole che scrivevo. È diventato un vizietto letterario irrinunciabile, un po’ come andare con le 17enni. La parola è parola e la fregna è la fregna, boia chi la disdegna. Ho vissuto per anni appollaiato fra mainstream & underground, sono un ottimo oratore capace di comunicare ad un pubblico più ampio e differente. In futuro punto alla conquista della Cina e alla distruzione delle armate nere.
FWF: Hai deciso di parlare di quanto è grossa la Cina in confronto alla Calabria?
AV: Mi diverte il fatto di vedermi a confronto con l'espansione economica cinese. È un tema che mi è particolarmente congeniale e vicino, anche perché la Diesel che mi supporta e mi raccomanda fa ampio uso di manodopera cinese a basso prezzo per produrre i suoi inguardabili capi d'abbigliamento. Inoltre mi piaceva l'idea di dover sperimentare una cosa così, per cui se a me spetta il compito di cambiare le cose cominciamo a farlo.
FWF: E come pensi di star cambiando le cose?
AV: Intendo dire che, se in Calabria è questo il mondo in cui andare a cambiare le cose, ok andiamoci con le nostre cose, senza compromessi e facciamolo, cazzo…
FWF: Cioè?
AV: Storia applicata: conosci il sistema, distruggi il sistema. Comunismo e capitalismo, alla cinese.
FWF: Il concetto è chiaro, ma in sostanza?
AV: Uomo de panza uomo de sostanza: non ho provato a fare nessuna hit, non ho prodotto il mio disco del cazzo in uno studio da milioni di dollari, l'ho fatto in cantina, da solo e vado a presentarlo dove non dovrei centrare una sega! Non faccio retorica antimarketing. Vado e torno allo stesso modo, predicando il chaos. Non mi curo di piacere e ho la possibilità di iniettare virus nei canali tradizionali oltre che nel cuoio capelluto della gente, ora che Cesare Ragazzi è fallito e ho rilevato io la Baracca destroy. Scrivo un po’ tramite flash back, ma d’altronde sono gli effetti dell’LSD: per esempio, tutto il periodo degli anni Novanta ad oggi non c’è, arrivo a scrivere in maniera sostanziale fino agli anni Ottanta. Mi piace come libro, ha l’ispirazione di una canzone. Questo volume è la scusa per non aprire ancora quel baule dove ho tutto. Quando è scomparsa mia madre ho venduto subito la sua casa, non sopporto essere schiavo dei posti. Però mi è rimasto questo baule che contiene il suo diario su cui ha scritto tutti i giorni della sua vita. Piuttosto che leggere quel diario, ho cominciato a raccontarmi. Quando aprirò il baule, probabilmente, scriverò il secondo libro… scatenando odio e amore... è una frase di uno scrittore di Los Angeles, effettivamente c'è una rivoluzione in corso... la rivoluzione di un omuncolo sfacciato che ha portato bandiere nere a sventolare in posti improbabili, ignorando il fatto che poteva anche piacere..? È una domanda.
FWF: Ok, quindi qui la politica non c'entra?
AV: …a parte la mia passione per l'anarchia e la voglia di radere al suolo il sistema malato e di radermi più spesso la barba… no!
FWF: Nella miscura in cui mi sia consentito dirti: il blogger fa il fanbase allora a livello musicale sicuramente tanta ricerca e dissing, ma a livello sociopolitico più nullafacenti che rivoluzionari…
AV: Non ho capito un cazzo di quello che mi hai chiesto ma provo a risponderti. Nullafacenti non è un buon termine. Stiamo parlando di persone bisognose di contenuti che hanno usato intelligentemente l'ex antisistema per ritagliarsi un briciolo di ex controcultura. O di persone che al posto dello shampoo alla mela verde hanno fritto la ketamina con le micropunte e i risultati sono ben visibili sul mio cuoio capelluto. O ex Lotta Continua o ex consumatori di micropunte. O di Giuliano Ferrara e Kathleen Hannah Arendt.
FWF: Non ho capito un cazzo della tua risposta, ma d’altronde ti avevo fatto una domanda di merda… andiamo avanti che si è fatto tardi e c'ho da andare a cena fuori. Hai un immagine globale del party-harder dagli States al Giappone, nella tua testa che faccia c'ha il clubber?
AV: Ogni luogo ha una base culturale propria che porta il fan a percepire la musica in modo differente. Cioè sembrano uguali nello stesso posto, dall'Italia al Belgio all'America, ma l'approccio è diverso. Si assomigliano, ma non sono uguali. Lì è l’origine di tutto, della mia libertà di guardare l’universo femminile con una certa serenità tutto quello che è importante nella mia vita è di genere femminile, a cominciare dalla vita stessa.
FWF: Il lettore di Altamura?
AV: Il lettore altamurano è ben pettinato, a parte questo la gente a Milano subisce molto. Il lettore italiano legge solo La Gazzetta dello Sport.
FWF: Passivi?
AV: Eh si, siete passivi.
FWF: Siete, siamo?
AV: Sinceramente non mi sento italiano, ho dovuto cambiare il mio modo di pensare per fare la mia musica all'estero, non potevo pensare italiano anche perché Diesel ormai è un marchio internazionale. Generalizzando in Calabria e ad Altamura come a Milano la costruzione dell'identità è latente, all'estero è dominante. Differenza sostanziale che non vuol dire un cazzo. Come tutta questa intervista d’altronde.
FWF: Discorso valido, però se l'Italia è provinciale questo è un po' il pensiero del ragazzo di provincia che disprezza tutto per sentirsi figlio del mondo, no?
AV: La provincia mi ha permesso di riflettere su ciò che non avevo, ha sviluppato il motore della creatività. Io disprezzo falsità, repressione e ostruzionismo. Vivo negli alberghi e non ho una dimora fissa da 3 anni. Sono figlio di un mondo, ma non di quel mondo che pensi tu. Il mio è il pensiero del ragazzo di campagna, nel senso del film di Renato Pozzetto.
FWF: Il mio è quello di suo cugino Severino Cicerchia, l’emigrato a Milano che si è integrato, magistralmente interpretato da Massimo Boldi. Al momento togliessero la Calbria dalla cartina non ti cambierebbe un cazzo? Hai una cartina? Intendo, della Calabria? Attacco dall’Alaska al Kamacthcka con quattro carrarmati.
AV: Quasi nulla. L'Italia mi ha messo ai confini, son dovuto andar via da qui per fare la cover di Little Steven, adesso ci sono ritornato perché mi hanno chiamato, ma capisci che è una cosa abbastanza passiva questa. La Calabria è arrivata per ultima.
FWF: La cover di "L'importante è che tu sia infelice" è di Italianino Liberatore (che oltre a quella botta d'assalto che fu Frigidaire nel 1983 disegnò anche la copertina di "Man from Utopia" di Zappalà) svela una passione spropositata per i fumetti...
AV: Quando avevo 4-5 anni vivevo con un zio rockabilly accanito lettore di Frigidaire e Anal Ford, il Tromba, Corna Vissute e Geppo il Diavolo. Frigidaire era ricco di contenuti fortissimi, ultraviolenza e pseudopornografia; puoi ben immaginare l'effetto di tali letture su un ragazzino di quell'età. Liberatore su tutti ma anche Magnus e Vittorio Feltri, furono gli artefici del mio modo attuale di vedere le cose, ruppero drasticamente ingenuità e spensieratezza. Ho cercato Tanino per anni, è andato in Francia assieme a Tony Negri a fare il costumista per i film di Asterix, la Diesel mi ha dato la credibilità, eroina e denaro per poterlo incontrare a Parigi nel novembre 2008. Gli parlai del progetto anarchico dietro al mio libro, facendogli presente la sua importanza per completarlo. La risposta fu: ok! La fattanza ha sempre ragione. Uomo di panza uomo di fattanza d’altronde.
FWF: Tu sei romano. Che ne pensi del fatto che a Milano produrre e suonare la musica electro, scrivere libri ed in generale atteggiarsi da artisti è diventato come mangiare dal MacDonald...
AV: Si chiama inflazione. Si chiama “papà mi ha mandato qui a spendere un po' di grana perché io devo diventare un'artista, son convinto di avere potenzialità e a Milano c'è la possibilità di emergere”.
FWF: E questa collaborazione col Teatro degli Orrori invece? Non vedo l'ora di sentirti mentre reciti parti scelte a caso del tuo libro accompagnato da loro che suonano una nenia stracciapalle...
AV: Conosco Pierpaolo Sancho Villa da una decina di anni, è lui il produttore di In questo mondo di ladri. Quando mi propose una co-produzione con il Teatro non esitai un istante. Sancho è una persona Maggiore.
FWF: Forse è per questo forse che ti copri nei live…
AV: Si probabile… Anche perché mi stiro i capelli, e se non mi copro sudo e si arricciano. Son problemi.
FWF: Si suda tanto, eh?
AV: Si… anche. Il sistema per non farli arricciare è sempre partire dalla musica. La tinta scura palesemente posticcia va a completamento di un'operazione di pura visibilità. È un'arma a doppio taglio e va utilizzata con i guanti di ferro, anche perché la tintura per capelli che uso io macchia tantissimo. E’ fatta con le micropunte, te l’ho già detto. Roba che fomenta.
FWF: E le droghe?
AV: La mia nuova droga si chiama "Sistema di guarigione con la Dieta senza Muco", non associo molte droghe sintetiche al mio mondo. Forse è più indicato parlare di coma etilici, puttane e tumefazioni da stage diving. E poi allora non mi ascolti, ti ho già detto che uso shampoo con le micropunte
FWF: Strano... da come scrivi ma soprattutto dal fatto che son trent'anni che indossi quei Rayban del cazzo si direbbe il contrario...
AV: Fatti i cazzi tuoi. I Rayban li porto perché altrimenti mi scambiano per un cinese.
E l'intervista si conclude così, con Fabio Uad Fazio preso a schiaffi da un buttafuori e Venditti che se ne va sul palco del Covo ad ottenere l'ennesima ovazione della sua lunga carriera.
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2 commenti:
Siete degli etters
Quand'è che tornate con un post nuovo?
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