Sta finendo il 2008 e sui vari blog di regime è già tempo di bilanci. Ovviamente Spadrillas in da mist non poteva essere da meno e dunque ha deciso di chiudere l'anno con il botto per onorare degnamente un anno assolutamente magnifico (sia dal punto di vista musicale che sociopolitico). Da buon ex militante di Lotta Continua qual'è, il nostro prestigioso collaboratore Maurizio Mosca ha sfruttato tutti i suoi agganci ed è riuscito ad intervistare il grande Daniele Capezzone, portavoce a cottimo di Forza Italia ed opinionista al Processo di Aldo Biscardi. E noi ovviamente riportiamo fedelmente il tutto, in un pezzo che entrerà sicuramente nella storia del giornalismo moderno e tra dieci anni verrà studiato nelle università italiane (sempre che esistano ancora le università italiane o, più in generale, sempre che esista ancora l'Italia).
Mosca: Adesso che Cerati non è più fedele alla linea ed è passato a recensire robetta come gli Oasis, come vivi questa tua nuova condizione di unico difensore del verbo metal? E come vivi il fatto che i fratelli Gallagher sono in giro da ormai quindici anni, continuano a suonare musica di merda mentre noi dobbiamo alzarci tutte le mattine per andare a lavorare?
Capezzone: La vicenda della 'Di Pietro family' assume i contorni della piu' classica sceneggiata, stile 'O' Zappatore'. Ma quel che va chiarito e' che il giovane eroe Cristiano resta comunque consigliere, e quindi prosegue le sue attività, per cosi' dire, 'istituzionali'. Poi, su un altro piano, che nulla ha a che fare con questa vicenda, ma molto ha a che fare con la vita concreta dell'Italia dei Valori, sarebbe interessante avere notizie ulteriori sulle attività della societa' Antocri'.
M: Secondo te, anche Solomacello indirettamente ha tributato gli Oasis col suo motto “sulle spalle dei giganti si fa il doppio della Gayna®? O è per non contraddire Cerati?
C: Siamo e restiamo garantisti nei confronti di tutti i soggetti a vario titolo coinvolti in inchieste giudiziarie. Ma, in termini di giudizio politico, crolla sia la pretesa di superiorità morale sia quella di buongoverno locale delle sinistra. Tutto il resto è noia
M: Se Giovanni Lindo Ferretti fosse ancora vivo, cosa ne penserebbe di gruppi come i Trivium che prendono un po' di metal, un po' di emo, un po' di guano di scimmia e lo trasformano in un prodotto da vendere a ragazzini con le Simple ai piedi e il vento tra i capelli? Siete a favore dell’uso della ketamina anche se i risultati portano a trasformare chi la usa in Giovanni Lindo Ferretti e da qui si sa, come dallo spinello alla siringa il passo verso la trasformazione in Frate Metallo è passaggio naturale? Meglio Ferretti in casa o Frate Metallo sulla porta?
C: Un conto è esperire un tentativo di confronto parlamentare, cosa che il Pdl farà, com'è stato ripetutamente detto; altra cosa, inaccettabile sarebbe invece usare l'argomento del dialogo, da parte del Pd, per ritardare o annacquare le riforme liberali della giustizia che sono necessarie all'Italia, e che peraltro ci metterebbero in linea con la stragrande maggioranza dei Paesi dell'Occidente avanzato, sia quelli governati da formazioni di centrodestra sia quelli guidati da partiti di centrosinistra. Esistono momenti politici in cui il "ma anche" veltroniano non è in alcun modo utilizzabile. Ora, infatti, nell'anno che si apre, il Pd sarà chiamato a una scelta chiara, senza ambiguità: da una parte c'è il dialogo con la maggioranza per le riforme (dal federalismo alla giustizia, dall'economia ad altre possibili riforme istituzionali), dall'altra c'è il permanere dell'alleanza-sudditanza rispetto al signor Di Pietro, che è invece esclusivamente interessato ad avvelenare i pozzi per impedire qualunque confronto costruttivo. Cosa farà Veltroni? E cosa faranno gli altri protagonisti del Pd? Francamente me ne infischio, però Giovanni Lindo Ferretti ora è dei nostri ed è questo ciò che conta.
M: Il fatto che il nuovo dei Metallica sia uscito quasi contemporaneamente con il disco della reunion dei Queen è un caso o e un'altra mossa astuta di Lars Ulrich, vero deus ex-machina della leggendaria metal band californiana?
C: Dopo i gravi fatti avvenuti a Pescara ai danni del sindaco D'Alfonso, Walter Veltroni ha dunque scoperto che in Italia c'è un abuso della carcerazione preventiva. Ma che acuto osservatore! E quanta tempestività! Resta solo una domanda: ma Veltroni dov'era negli ultimi 15 anni? In quale Paese viveva, visto che finora da lui non è venuta una parola, una sillaba, un sospiro su tutto questo, e invece il suo Pd ha scelto di allearsi con il campione delle manette e dell'uso politico della galera, cioè Di Pietro? E comunque Lars Ulrich a quanto pare sarà candidato con l'Italia dei Valori alle prossime europee, dunque non è dei nostri.
M: Dave Mustaine cristiano rinato – Giuliano Ferrara ateo devoto – Paolo Calissano che smette con la coca, ha una crisi mistica e poi ricomincia: c'è un legame tra questi tre grandi eventi o è solo questione di scelte di vita (leggasi: scegliere di stare dalla parte di chi paga meglio e garantisce una vita più agiata)?
C: Mi auguro davvero che un leader esperto, accorto e prudente come Dave Mustaine e gli amici della Lega non cadano nelle piccole trappole mediatiche che nelle prossime ore e giorni verranno tese a danno loro e di tutto il centrodestra. Non mancherà, infatti, chi cercherà di sollecitare la Lega su una presunta difficoltà di conciliare il percorso della riforma federalista con quello del presidenzialismo, o con la riforma della giustizia, o con le altre grandi riforme in cantiere. Ma tutti i protagonisti del centrodestra, e con noi anche gli amici della Lega, sanno bene che la legislatura si è aperta da pochi mesi, e che negli oltre 4 anni rimasti dovremo portare a compimento una ricca stagione di riforme, che sarà davvero compiuta quando tutte le riforme (federalismo, presidenzialismo, giustizia, e via via tutte le altre, settore per settore) saranno state approvate. Quindi, le varie 'tessere' sono fatte per coesistere e per comporre un mosaico che darà soddisfazione alla stragrande maggioranza dei cittadini italiani, ma soprattutto a me che come Giuliano Ferrara (a proposito, quando domani lo vedi salutamelo) ho scelto di stare dalla parte del più forte a prescindere da quali siano le sue convinzioni.
M: Cosa ne pensi del fatto che oggi i ragazzini che ascoltano i Negramaro sono convinti di ascoltare musica dura e ribelle? Non era meglio se i fratelli Cavalera avessero continuato con i Sepultura invece di puntare tutto rispettivamente su Soulfly e Derrick Green?
C: In serata saranno resi noti i dati relativi alle giornate di ieri e di oggi, e quindi il dato complessivo dei due weekend. Ma sin d'ora si segnalano un grande entusiasmo e una precisa volontà di partecipare. E' finito il tempo delle deleghe in bianco ai vecchi partiti, e si consolida quello della democrazia diretta, del coinvolgimento immediato dei cittadini. Anche così nasce una nuova formazione politica, il Popolo delle Libertà, che punta ad essere un vero e proprio 'partito degli elettori', coinvolgendo nella vita del soggetto politico milioni e milioni di cittadini". Rispetto alle 'fusioni a freddo', alle alchimie politiche realizzate nelle stanze delle vecchie segreterie di partito, il Popolo della libertà guidato da Silvio Berlusconi e Max Cavalera apre una fase nuova, salutata dal consenso di così tante cittadine e cittadini italiani e stranieri, oserei dire cittadini del mondo.
M: Due parole sull'emo nuovo fenomeno di massa. Che ne pensi dei My Chemical Romance e del fatto che in occasione delle riprese del video di Famous Last Words in batterista si bruciò una gamba a causa di un effetto speciale malfunzionante?
C: Con grande dispiacere, perché tengo alle sorti del tendenziale bipartitismo italiano, e vorrei - come tanti cittadini - che non perdessimo questa occasione, vedo un Pd ormai prossimo all'implosione. Veltroni ha sbagliato tutto quello che poteva sbagliare. Il rapporto con Di Pietro è devastante, ed è a dir poco autolesionista la pervicacia con cui il Pd insiste nell'errore.
M: E’ vero che il sindaco del metal non mangia pomodori perché sostiene che emettono cattive vibrazioni contrarie allo spirito del metal?
C: Dopo i gravi fatti avvenuti a Pescara ai danni del sindaco D'Alfonso, Walter Veltroni ha dunque scoperto che in Italia c'è un abuso della carcerazione preventiva. Ma che acuto osservatore! E quanta tempestività! Resta solo una domanda: ma Veltroni dov'era negli ultimi 15 anni? In quale Paese viveva, visto che finora da lui non è venuta una parola, una sillaba, un sospiro su tutto questo, e invece il suo Pd ha scelto di allearsi con il campione delle manette e dell'uso politico della galera, cioè Di Pietro? L'ho già detto e lo ripeto, perché repetita juvant, Repetto Juventus.
M: Metal Carter fa hip hop ma si professa “metal come gli Slayer e mascherato come i Mayhem”, piace a quelli di Rockit ed è stato invitato al Miami(ma perché il prossimo anno non proponi il Ti Odio in contemporanea al Magnolia, magari in collaborazione con gli amici di Solomacello?) e del Mucchio Selvaggio (il giornale, non l’omonimo film porno). Metal Carter: pericolo o minaccia per lo spirito del metal da te propagandato? Ti ricordo prima di rispondere che il suo primo gruppo si chiamava Nerone 666 morto. Pensaci.
C: Credo proprio che se un Di Pietro indagasse su Di Pietro, se cioè qualcuno indagasse su di lui con metodi alla Di Pietro, l'ex pm e il suo partito sarebbero politicamente travolti. Anzi, per usare un'espressione dipietresca, 'sfasciati'". Ormai è chiaro da quale tipo di pulpito vengano le prediche di Antonio Di Pietro. Ovviamente, io sono e resto garantista, né mi occupo di questioni giudiziarie, quindi il mio punto di vista e il mio metro di analisi sono esclusivamente politici". Ottima l'idea del Ti Odio festival, parlerò con i miei superiori poi ti saprò dire.
M: Oramai anche quelli di Vice osannano fenomeni come il black metal nordico. Ma il Metal e Milano possono convivere? E il metal e Billy Milano? Cosa ne pensi della Billy Milano?
C: Non c’è dubbio è un uomo che ha tante informazioni. Io non faccio il pm né lo storico e quindi non indago né in senso giudiziario, né in senso storiografico. Mi limito a constatare che più Di Pietro spara e più Di Pietro ottiene: qualcosa vorrà dire. Quanto al giudizio storico tra Pci e finanziamenti, prima di arrivare al terzo capitolo (quello dei finanziamenti illegali “italiani”) ce ne sono altri due: il finanziamento dall’Unione Sovietica che procedeva a gonfie vele proprio negli anni in cui Berlinguer lanciava la questione morale, e il capitolo delle cooperative rosse che non mi pare che siano esattamente opere pie.
M: Un negozio di musica della nostra città ha messo in vetrina il cd dei dARI e lo ha posizionato tra un cd degli Obituary ed uno degli In Flames. Lo giudicate un'affronto o è un vero e proprio gesto situazionista? Tenete presente che il titolare di questo negozio tiene in bella vista una sua foto insieme ai Jethro Tull, quindi potrebbe anche trattarsi di un semplice caso di nostalgia del passato che non tornerà più.
C: Mettiamola così. Il pericolo maggiore per la giustizia italiana è che rimanga così come è: il pericolo maggiore è lo status quo . Uno status quo che attualmente è quello di una vera e propria bancarotta, sia sul piano della giustizia civile che su quello della giustizia penale.
Le riforme sono quindi ineludibili e da questo punto di vista dovrà essere esperito un tentativo di dialogo con l’opposizione, ma non si può sacrificare sull’altare del dialogo la velocità e la profondità della riforma. Cioè, se il Partito democratico pensa di utilizzare il “totem” del dialogo come strumento per annacquare la riforma o per ritardarne i tempi, questo non lo possiamo consentire perché l’esigenza dei cittadini non può essere sottomessa alle beghe e alle difficoltà di un partito, in questo caso del Pd. Così come lascia a dir poco perplessi l'idea di Veltroni di una fantomatica commissione da istituire per studiare la riforma della giustizia, e per almeno tre ragioni. Primo: in Italia le commissioni vengono istituite soprattutto quando si vuole perdere tempo, e non si vuole combinare nulla. Secondo: non si capisce a che titolo, se si tratta di cose parlamentari, dovrebbero parteciparvi magistrati e avvocati. Terzo: esistono le commissioni Giustizia di Camera e Senato, che hanno proprio il compito di predisporre testi per l'Aula. Quindi, la proposta di Veltroni appare assolutamente impropria.
M: E ora domandone finale. Sempre che il nostro direttore Giuliano Ferrara ci paghi il viaggio, farai entrare me e gli altri collaboratori alla Festa delle Libertà o dovremo venire scortati da Mario Scaramella, uno che la sa lunga su come si evitano ostacoli, boicottaggi, lacci e lacciuoli vari? Se sì, suonerai un po' di musica da autoscontri per noi?
C: Siete politicamente immotivati ed economicamente dannosi per il paese, autentici marziani, fuori dal mondo e lontani anni luce dal 'polso' dell'opinione pubblica. Il vostro blog doveva essere una prova di forza da parte dell'ala massimalista del sindacato, e invece si è rivelato un'altra prova di debolezza, oltre che un ulteriore forte contributo alla perdita di fiducia da parte della stragrande maggioranza degli italiani nei vostri confronti. Però vi inviterò con piacer
mercoledì 31 dicembre 2008
domenica 21 dicembre 2008
De soprannome Daria se chiamava Lupa de Fiumeeeee
Le pizzerie da asporto sono peggio dei gruppi che ci sono nell'outta space (from plan 9) di myspace: una pletora di nomi altisonanti in cui la musica, fra rassegne stampa del tipo "nostra recensione su gufetto.it" (e sti cazzi, direbbe il noto critico musicale Cristian Nando Zingales Martellone), video live a Tavagnasco rock ripresi col videofonino della groupie 16enne (lo stesso dove poi ella diffonderà i suoi gesti alla Betty Extreme di Voghera e verrà ricattata dai membri del gruppo) è più fuffa che altro.Le pizze di molte pizzerie da asporto sono peggio degli mp3 scaricati alla cazzo e capita di perdersi nella mediocrità di questo web di ceciate e proposte pizzesche improbabili almeno quanto il flamenco metal di Emiliano Sicilia.
Ma quando ti vedi una pubblicità scarna ma con la 4a pagina che recita:
Quanado lo spirito torna alle sue radici e l'indole selvaggia racchiusa nel nostro essere ricomincia a impadronirsi dei nostri sensi eccolo...il lupo che c'è in noi riaffiora nella sua veste più conosciuta: quella primordiale. Lasciala andare e vedrai tutto con occhi diversi, quelli del lupo!
Ti rendi conto che non c'è rest for the wicked da quando La Tana Del Lupo di Via Ariosto 99 ha preso a far servizio d'asporto, non ve ne è più per nessuno.
Assieme ai nostri fidati collaboratori Maurizio Mosca, quella cagna di Daria Bignardi e Giampiero Mughini con la sua lettera 32 con cui scriveva le veline per Lotta Continua sempre appresso il vostro Ill Bill si è fatto quindi recapitare al suo domicilio coatto le seguenti pizze con cui poi abbiamo fatto il giro della morte (si tagliano le pizze in 4 spicchi e ce le si scambia abboffandosi come solo il nostro direttore sa fare):
-Alla norma: pomodoro, melanzane, mozzarella, pomodori al forno, ricotta stagionata, basilico fresco
-Terra del sole: pomodoro, bufala, scamorza,spianata, pomodori al forno
-Delicata: crema di asparagi, brie, mozzarella, zucchine e pomodorini secchi a listarelle
-Ai funghi di muschio: pomodoro, mozzarella, funghi di muschio, peperoncino e olive nere calabre
Il risultato è classico ma 2.0 come se i Lost Sounds di Black-Wave incontrassero gli Ardecore con Geoff Farina che smette di rompere i coglioni e quelli degli Zu fossero più simpatici.
Una pizza con ingrendienti classici ma attualizzati, retrò ma 2.0 come la versione nuova di Lupo De Fiume che incontra due peperini come Jay e Alicia. Una pizza che farebbe resuscitare Gabriella Ferri e tornare assieme Retard e la Trout.
Synth punk, pomodori secchi e la Madonna dell'Angeli assieme, in una pizza.
La redazione di Spadrillas ha dunque raggiunto un verdetto ufficiale:
Con la pizza della Tana Del Lupo in Via Ariosto 99 non si fotte.
Nemmeno con la Bignardi ubriaca a casa Spadrillas che si lamenta della poca prestanza fisica di Sofri e chiede a me, Mughini e Maurizio di fare una gang bang sciarada cambiando l'ingrediente "burrata" nella sua pizza mettendoci una consonante davanti.
martedì 16 dicembre 2008
Avere lo sbaffo di maionese ai lati della bocca non è poi tanto male
A Ferrara circola un antica leggenda metropolitana che dice più o meno così: “Da Orazio dove la pizza è uno strazio”. Ora, la pizza di Orazio sarà anche straziante e mi sa tanto che non la prenderei per nulla al mondo, però la tigella merita assai. Roba da massimo dei voti con lode, anche solo perché esci dal locale ebbro fino a scoppiare dopo che ti hanno rimpinzato con salumi, salse e formaggi di prima qualità da accompagnare alle sublimi tigelle sfornate calde e portate al tuo tavolo in quantità industriale.
Un locale rustico e senza grandi pretese, dove però ci vanno pure i vips (tanto per dire, quando Giuliano Ferrara venne a Ferrara a presentare la sua lista pro-life si fermò lì a cena, e fu allora che ebbe i primi sentori della catastrofe e decise di scegliere un approccio più low-profile sparendo dalla circolazione) e dove la gente esce contenta e per digerire se ne va a fare un giro al parchetto adiacente – suggestiva location per serate danzanti nonché sede estiva della Capanna del Blues, punto di ritrovo di vecchi ultras della Spal, discotecari del 1996 ora caduti in disgrazia ed altri poeti maledetti – ma questo è un altro discorso che forse approfondiremo in futuro.
Resta il fatto che per amore della scienza noi di Spadrillas (o meglio io ala liberal nonché carnivora) abbiamo provato le tigelle accompagnate da prosciutto crudo, prosciutto cotto, bresaola, crema di funghi, crema di radicchio, crema di granchio (che sulla carta non c'entra un cazzo ma che in realtà ci sta proprio bene), robiola alle erbe, formaggio caprino, squacquerone e – botta finale a mo' di dessert! - nutella. Esistono addirittura filmati della memorabile performance anarco-situazionista costituita dalla consumazione di tigelle con Nutella + leccata di dita + leccata di confezione ormai vuota di Nutella con la gente intorno incredula e disgustata, ma sempre per amore della scienza (e della decenza) non stiamo a pubblicarlo in questa sede, che poi il M.O.I.G.E. ci fa chiudere la baracca.
Da Orazio ci vai una volta all'anno, però poi quella volta la racconti in giro per il resto dell'anno perché mangi talmente bene che non vedi l'ora che torni il freddo di metà dicembre per andare un'altra volta a mangiare lì. Anche se quando torni a casa ed accendi la tv ti vedi Clemente Mastella e Willer Bordon che giocano rispettivamente a fare la vittima della malagiustizia e il coraggioso che è uscito dalla Casta perché si era rotto il cazzo di vedere gli altri giocare sporco, vale sempre la pena di fare un salto ad abbuffarsi alla faccia di tutte le Caste d'Italia.
C'è chi si lamenta del fatto che la classe politica italiana è la stessa da trent'anni pur essendo stato parte integrante della stessa per trent'anni e vuol far credere di essere stato per decenni portiere dell'Inter e vice di Zoff a Spagna '82, noi di Spadrillas invece scegliamo di non scegliere.
Scegliamo la fetta.
(voto 5 cucchiai e lode su 5)
Un locale rustico e senza grandi pretese, dove però ci vanno pure i vips (tanto per dire, quando Giuliano Ferrara venne a Ferrara a presentare la sua lista pro-life si fermò lì a cena, e fu allora che ebbe i primi sentori della catastrofe e decise di scegliere un approccio più low-profile sparendo dalla circolazione) e dove la gente esce contenta e per digerire se ne va a fare un giro al parchetto adiacente – suggestiva location per serate danzanti nonché sede estiva della Capanna del Blues, punto di ritrovo di vecchi ultras della Spal, discotecari del 1996 ora caduti in disgrazia ed altri poeti maledetti – ma questo è un altro discorso che forse approfondiremo in futuro.
Resta il fatto che per amore della scienza noi di Spadrillas (o meglio io ala liberal nonché carnivora) abbiamo provato le tigelle accompagnate da prosciutto crudo, prosciutto cotto, bresaola, crema di funghi, crema di radicchio, crema di granchio (che sulla carta non c'entra un cazzo ma che in realtà ci sta proprio bene), robiola alle erbe, formaggio caprino, squacquerone e – botta finale a mo' di dessert! - nutella. Esistono addirittura filmati della memorabile performance anarco-situazionista costituita dalla consumazione di tigelle con Nutella + leccata di dita + leccata di confezione ormai vuota di Nutella con la gente intorno incredula e disgustata, ma sempre per amore della scienza (e della decenza) non stiamo a pubblicarlo in questa sede, che poi il M.O.I.G.E. ci fa chiudere la baracca.
Da Orazio ci vai una volta all'anno, però poi quella volta la racconti in giro per il resto dell'anno perché mangi talmente bene che non vedi l'ora che torni il freddo di metà dicembre per andare un'altra volta a mangiare lì. Anche se quando torni a casa ed accendi la tv ti vedi Clemente Mastella e Willer Bordon che giocano rispettivamente a fare la vittima della malagiustizia e il coraggioso che è uscito dalla Casta perché si era rotto il cazzo di vedere gli altri giocare sporco, vale sempre la pena di fare un salto ad abbuffarsi alla faccia di tutte le Caste d'Italia.
C'è chi si lamenta del fatto che la classe politica italiana è la stessa da trent'anni pur essendo stato parte integrante della stessa per trent'anni e vuol far credere di essere stato per decenni portiere dell'Inter e vice di Zoff a Spagna '82, noi di Spadrillas invece scegliamo di non scegliere.
Scegliamo la fetta.
(voto 5 cucchiai e lode su 5)
sabato 13 dicembre 2008
Accendi un sogno per Maurizio
Maurizio Mosca ne ha combinata un'altra delle sue. Non contento dello scoop che ha fatto riguardo al concerto dei Faint di due settimane fa, ha deciso di ritirarsi per qualche ora di solitudine nello sgabuzzino dove vive sito in Largo Corsia dei Servi 3 a Milano ed, armato solo di una Olivetti Lettera 32, una Peroni gelata, un pentolone di pasta e fagioli ed un paio di albi Squalo d'epoca, ha vergato con prosa elegante ma decisa la prima recensione socio-musicale della sua prestigiosa carriera di giornalista-gonzo.
In pratica, ha deciso di abbruttirsi ed ha recensito Zucchero Filato Nero di Mauro Repetto, il capolavoro definitivo dell'indie italiano. Roba da piangere di gioia, che qui di seguito riportiamo affinché non vada perso nemmeno un briciolo dell'urgenza della scrittura del Maestro Mosca.
Il culto invisibile. Il vuoto a perdere. La meteora bionda. I’m a loser baby so why don’t you kill me. Il mio regno per una vagina. Mr. pussy power. Lacrime di coccodrillo e occhi bagnati di luce. Sparizione annunciazione. L’accensione. Il corpo fuori. Più hardcore di Alberto Camerini. Astro lucente della perdita di sé. Autismo situazionismo. Più fottuto di testa e “out there” di Juri Camisasca, più trash di Totò Cutugno. Un enigma tra Bugo e Pupo. Il Beck italiano, con un cuore pulsante al posto della robotica (il Kurt Cobain italiano, con il baratro al posto della bara). Il ridicolo come segno di incontrovertibile superiorità. Un uomo libero. Il vero, unico simbolo generazionale partorito dall’Italia dei ‘90, pronto a sacrificarsi in nome degli ‘80 per gli anni Zero. Uno che ovunque sia adesso, di sicuro sta alla grande. E’ il 1992 quando con l’album “Hanno ucciso l’uomo ragno” esplode la macchina 883. Teenage Rock con grooves, una comunicatività Pop violentemente diretta e testi che centrano l’immaginario medio della post-adolescenza italiana, tra diaristica metropolitana spicciola, sogni televisivi e una corposa innocenza piccolo borghese. Dalle onde di una sempre più ascendente Radio Deejay la voce di Max Pezzali, tagliente e grave, arriva al cuore di una nazione: è successo istantaneo. La televisione il passo successivo. E’ lì che il duo irrompe nella sua spiazzante flagranza. Il moro Pezzali canta con una schiettezza timida e una faciloneria di ragazzo adulto che conquista. Intorno a lui piroetta uno che apparentemente sembra il perfetto contraltare vacuo alla sua solidità, Mauro Repetto: l’altro, quello biondo con i capelli lunghi, coautore dei pezzi e sporadicamente seconda voce, uno come ne incontri tanti sulle Golf di quei primi ‘90 e che balla come deve ballare un figlio dei primi ‘90, con uno stile un po’ ravey che però è mixato a memorie della grande dance televisiva anni ‘80, da Truciolo alla Parisi. Il joker perfetto. Una sorta di Bez nostrano. Solo che guardando la sua scintillante ebetitudine (non) capisco che rispetto a Bez dentro ha tutto un mondo. Nel primo album Repetto canta da solo un unico pezzo, Te la tiri, con un’interpretazione di netto più traballante rispetto al subito autorevole Pezzali. Nel secondo “Nord Sud Ovest Est” del ‘93, non una sola canzone.
I due album, realizzati via Cecchetto, sono maturati, scritti e respirati dal talentuoso duo. Sull’innovazione Pop e i meriti linguistici di Pezzali sono state fatte tesi di laurea e si è parlato a lungo. Solo che c’è un pezzo che manca. La coscienza. Quella che inizia a covare, agitata dall’ambizione, dentro Mauro Repetto. Pezzali è vulcanico e il suo talento si espande irrefrenabile nel secondo album. I due fanno in tempo a scrivere la struggente Aeroplano per una ragazza che si chiama Caterina, e si dividono. O meglio, Repetto lascia e va negli Stati Uniti con un sogno folle, fare un film con una modella chiamata Brandi di cui si era innamorato e intitolarlo “Brandi’s smile”. Anni dopo Pezzali interpreterà così l’abbandono del partner: “Finchè scrivevamo canzoni in cantina andava tutto bene. Il problema secondo me iniziò con i concerti dal vivo, durante i quali io cantavo e lui no. Certo, Mauro ballava, ma faticava a trovare una sua dimensione sul palco. Credo che alla lunga sia stato questo non sentirsi a proprio agio in scena il vero problema”. Ma non era una questione di ego. Mauro aveva delle cose da dire. Cose che non riuscirà a raccontare nel film, che non riesce a realizzare, con tutte le porte americane a cui bussa che gli si chiudono davanti, tra le quali quella della Brandi che gli aveva fatto perdere la testa. Ma quel viaggio negli Stati Uniti non era stato inutile. Era stato anche un viaggio verso la fine dell’adolescenza e del suo post, uno sputnik lanciato verso la crisi, fantasmi della maturità tutt’intorno. Repetto prende la chitarra e si mette a nudo. Cecchetto avalla, e ne esce un disco. Scioccante, purissimo. Doloroso. Ridicolo. Di una bellezza che abbaglia. Di una trashitudine che spaventa. Un disco “basso” come nessun altro nella storia della canzone italiana. E “alto” come nessun altro. Senza baricentro. E dove il baricentro affiora, in qual magma psicoticamente funky, toglie il respiro. Registrato nei Power Station Studios newyorchesi, realizzato insieme a Jeffrey M. Alexander e St. Martin Bertrand, con Michele Chieppi alla chitarra acustica (i tre si spartiscono le musiche) e una vocalist eccellente come Francesca Touré, “Zucchero Filato Nero” esce nel 1995 e sarà l’ultimo segnale di vita riconosciuto di Mauro Repetto. Immaginate lo spettro di Syd Barrett che scompagina l’immaginario degli 883, in un suono che unisce hip hop primi ‘90 e sketches acustici lo-fi come un Beck maturo, tagliando il tutto con cascami FM ‘80, e avrete un’idea. Shakerando e allucindando la poetica fumettisca degli 883, in una dialettica fatta di fighe da sogno e fighe di legno, America e Italia, due di picche e televisioni, guasconismo e esistenzialismo, sogno e realtà, psicosi e ordinarietà, in questa cornice dove lo zucchero filato nero del titolo è il pelo femminile, incorniciato in copertina e leit motiv ossessivo del disco, in mezzo a tutto questo prende forma l’imprevisto. Un viaggio dove l’inesauribile fame di f**a fa pendant con il sogno di una famiglia, della donna della vita, di una figlia, di uno straccio di serenità, oscurato dalle nubi dell’instabilità mentale, scortate da una violenta serenità di fondo. My love prende di petto il problema: rime sciorinate con piglio rocky e venature rap, un’effervescente immediatezza melodica, l’interpretazione che declina verso una naturalezza claudicante. La title-track è già persa tra luci, “Stereo di mani su di te”, a metà tra taglio r’n’b americano e un ideale melodico immateriale. Con Baciami qui non si torna più indietro. E’ il singolo, di cui ai tempi c’è anche un video che fatica ad attecchire, con il rap demente di Repetto (che immagina i tragitti di una futura figlia) in un corpo a corpo con un desolato controcanto deepsoul tutto pad malinconici e Francesca Touré manovre. Nervoso rappa in una sorta di versione trash dell’appuntamento battistiano di Dio mio no. E Un grande sì è il momento della verità, quando si capisce che quello a cui si sta assistendo è veramente qualcosa di così abbandonato. “Giorni di ghiaccio e di cacca/mi sembra di essere una candela nel vento/e vorrei solo chiedere al cielo una donna/che ami me” sciorina spiritato l’uomo in una stanza acustica, con un piede che affonda nell’abisso. E l’abisso ha il nome di Brandi’s Smile, quando le emozioni balenano in un antro di morte. Con il titolo del film tanto sognato e mai realizzato, Brandi’s Smile, voce, archi sintetici e un sax sullo sfondo, pulsa maligna e blocca il respiro in gola. Repetto, con la voce precipita in un paradiso, insegue rassegnato, oltre il fallimento del suo film, il film del suo fallimento. Le immagini scorrono al rallentatore, e un clima di inesorabilità si impossessa della scena. E’ un momento di una purezza che fa male, un’oasi di candore brutalmente senza sovrastrutture. Musicalmente, qualcosa come un blues di plastica. “Ora volo giù nella mia nostalgia/Max era l’amico il successo l’allegria/ora atterro qui nella mia follia/Brandi’s smile… sono sempre mio papà e Claudio Cecchetto/che si preoccupano per me che io abbia perso il mio rispetto/mi dicono di non buttare via al vento troppi soldi/e di stare molto attento a New York a chi frequento”.
Come in tutto l’album, la narrazione sfiora il ridicolo ma è un ridicolo sublimato da una sorta di onestà visionaria (la voce di Repetto è allucinata e spiazzante, come fosse sempre in acido), da una bontà strutturale, e da un senso musicale che lascia a bocca aperta. La testa è in fiamme. Voglia di cosce e sigarette, Bugo un bel po’ di anni prima, è uno stomp kamikaze chitarra e voce, lo slancio suicida siglato da ululati, l’inseguimento dell’abbruttimento massimo, della ricompensa masochistica, voglia di sesso a LA: Voglia di cosce e di sigarette/più che mangiare respiro la gente/ste cameriere cerbiatte puttane/del loro volto inquadro le labbra/e dagli specchi il corpo dall’alto…vedo tre x e le scale in discesa/giù coreane che ballano in pista/non è il mio target riesco su in strada/buio e coriandoli di calze e tacchi/donne e stivali che battono il tempo/Michi il mio amico senza vino s’angoscia/come i giocattoli ci piacciono tutte£”. Un climax nevrotico. E’ a questo punto che sfila la seconda parte del disco. Due fumetti funky come Però dai sì, disegnato attorno a Francesca Touré (“Su va da lui Francè”), e Porno a Las Vegas, con la sarabanda di due di picche che si conclude con la Pay TV in hotel. Per poi aprire vertiginosamente ai tre capolavori finali. La sospesa bossa brasiliana di Nual. L’ultima convulsa, psicotica, scena di caccia di Ma mi caghi?, con sporchi hip-hop grooves accelerati, pompa urbana e la voce di Repetto mai così abbandonata e in fuga, inseguita da un sax in febbre free. E la conclusiva Fiori o formiche?, chitarra e voce, un quadretto di una purezza toccante che suona come un testamento perfetto, catturato nel cuore della vita, e sigilla un lavoro immacolato, non solo generazionale, che trascende quello status da culto trash che lo ha accompagnato in questi anni per spiegarsi semplicemente come uno dei più importanti dischi della storia della canzone italiana: “Dio sarà un mattino/boom di luce tra mare e sabbia/Dio è un bambino che sta giocando a Subbuteo/blu blu dammi la forza di guardare giù/blu blu dammi la forza di guardare giù/Dio sarà mia moglie e le sue calze e il suo reggiseno/Dio è una sbronza cazzo oggi se ho lavorato /stelle: fiori o formiche cosa siamo/stelle: fiori o formiche cosa siamo/Dio sarà un anello di mia figlia al suo matrimonio/Dio è quel momento che ho già visto in un’altra vita/blu blu dammi la forza di guardare giù/blu blu dammi la forza di guardare giù/Dio sarà una cena con mio padre e il bene che gli voglio/Dio è il profumo di mia sorella al primo dormo fuori/stelle: fiori o formiche cosa siamo/stelle: fiori o formiche cosa siamo”.
Subito dopo “Brandi’s Smile”, che è un flop totale, sembra che Mauro Repetto si sia trasferito a Parigi, dove è diventato responsabile marketing di Eurodisney. Residente a Mareuil Les Meaux, “vive d’arte e d’amore”: si è sposato con una designer e ha realizzato un cortometraggio intitolato “Point Mort”.
Questa è Storia.
In pratica, ha deciso di abbruttirsi ed ha recensito Zucchero Filato Nero di Mauro Repetto, il capolavoro definitivo dell'indie italiano. Roba da piangere di gioia, che qui di seguito riportiamo affinché non vada perso nemmeno un briciolo dell'urgenza della scrittura del Maestro Mosca.
Il culto invisibile. Il vuoto a perdere. La meteora bionda. I’m a loser baby so why don’t you kill me. Il mio regno per una vagina. Mr. pussy power. Lacrime di coccodrillo e occhi bagnati di luce. Sparizione annunciazione. L’accensione. Il corpo fuori. Più hardcore di Alberto Camerini. Astro lucente della perdita di sé. Autismo situazionismo. Più fottuto di testa e “out there” di Juri Camisasca, più trash di Totò Cutugno. Un enigma tra Bugo e Pupo. Il Beck italiano, con un cuore pulsante al posto della robotica (il Kurt Cobain italiano, con il baratro al posto della bara). Il ridicolo come segno di incontrovertibile superiorità. Un uomo libero. Il vero, unico simbolo generazionale partorito dall’Italia dei ‘90, pronto a sacrificarsi in nome degli ‘80 per gli anni Zero. Uno che ovunque sia adesso, di sicuro sta alla grande. E’ il 1992 quando con l’album “Hanno ucciso l’uomo ragno” esplode la macchina 883. Teenage Rock con grooves, una comunicatività Pop violentemente diretta e testi che centrano l’immaginario medio della post-adolescenza italiana, tra diaristica metropolitana spicciola, sogni televisivi e una corposa innocenza piccolo borghese. Dalle onde di una sempre più ascendente Radio Deejay la voce di Max Pezzali, tagliente e grave, arriva al cuore di una nazione: è successo istantaneo. La televisione il passo successivo. E’ lì che il duo irrompe nella sua spiazzante flagranza. Il moro Pezzali canta con una schiettezza timida e una faciloneria di ragazzo adulto che conquista. Intorno a lui piroetta uno che apparentemente sembra il perfetto contraltare vacuo alla sua solidità, Mauro Repetto: l’altro, quello biondo con i capelli lunghi, coautore dei pezzi e sporadicamente seconda voce, uno come ne incontri tanti sulle Golf di quei primi ‘90 e che balla come deve ballare un figlio dei primi ‘90, con uno stile un po’ ravey che però è mixato a memorie della grande dance televisiva anni ‘80, da Truciolo alla Parisi. Il joker perfetto. Una sorta di Bez nostrano. Solo che guardando la sua scintillante ebetitudine (non) capisco che rispetto a Bez dentro ha tutto un mondo. Nel primo album Repetto canta da solo un unico pezzo, Te la tiri, con un’interpretazione di netto più traballante rispetto al subito autorevole Pezzali. Nel secondo “Nord Sud Ovest Est” del ‘93, non una sola canzone.
I due album, realizzati via Cecchetto, sono maturati, scritti e respirati dal talentuoso duo. Sull’innovazione Pop e i meriti linguistici di Pezzali sono state fatte tesi di laurea e si è parlato a lungo. Solo che c’è un pezzo che manca. La coscienza. Quella che inizia a covare, agitata dall’ambizione, dentro Mauro Repetto. Pezzali è vulcanico e il suo talento si espande irrefrenabile nel secondo album. I due fanno in tempo a scrivere la struggente Aeroplano per una ragazza che si chiama Caterina, e si dividono. O meglio, Repetto lascia e va negli Stati Uniti con un sogno folle, fare un film con una modella chiamata Brandi di cui si era innamorato e intitolarlo “Brandi’s smile”. Anni dopo Pezzali interpreterà così l’abbandono del partner: “Finchè scrivevamo canzoni in cantina andava tutto bene. Il problema secondo me iniziò con i concerti dal vivo, durante i quali io cantavo e lui no. Certo, Mauro ballava, ma faticava a trovare una sua dimensione sul palco. Credo che alla lunga sia stato questo non sentirsi a proprio agio in scena il vero problema”. Ma non era una questione di ego. Mauro aveva delle cose da dire. Cose che non riuscirà a raccontare nel film, che non riesce a realizzare, con tutte le porte americane a cui bussa che gli si chiudono davanti, tra le quali quella della Brandi che gli aveva fatto perdere la testa. Ma quel viaggio negli Stati Uniti non era stato inutile. Era stato anche un viaggio verso la fine dell’adolescenza e del suo post, uno sputnik lanciato verso la crisi, fantasmi della maturità tutt’intorno. Repetto prende la chitarra e si mette a nudo. Cecchetto avalla, e ne esce un disco. Scioccante, purissimo. Doloroso. Ridicolo. Di una bellezza che abbaglia. Di una trashitudine che spaventa. Un disco “basso” come nessun altro nella storia della canzone italiana. E “alto” come nessun altro. Senza baricentro. E dove il baricentro affiora, in qual magma psicoticamente funky, toglie il respiro. Registrato nei Power Station Studios newyorchesi, realizzato insieme a Jeffrey M. Alexander e St. Martin Bertrand, con Michele Chieppi alla chitarra acustica (i tre si spartiscono le musiche) e una vocalist eccellente come Francesca Touré, “Zucchero Filato Nero” esce nel 1995 e sarà l’ultimo segnale di vita riconosciuto di Mauro Repetto. Immaginate lo spettro di Syd Barrett che scompagina l’immaginario degli 883, in un suono che unisce hip hop primi ‘90 e sketches acustici lo-fi come un Beck maturo, tagliando il tutto con cascami FM ‘80, e avrete un’idea. Shakerando e allucindando la poetica fumettisca degli 883, in una dialettica fatta di fighe da sogno e fighe di legno, America e Italia, due di picche e televisioni, guasconismo e esistenzialismo, sogno e realtà, psicosi e ordinarietà, in questa cornice dove lo zucchero filato nero del titolo è il pelo femminile, incorniciato in copertina e leit motiv ossessivo del disco, in mezzo a tutto questo prende forma l’imprevisto. Un viaggio dove l’inesauribile fame di f**a fa pendant con il sogno di una famiglia, della donna della vita, di una figlia, di uno straccio di serenità, oscurato dalle nubi dell’instabilità mentale, scortate da una violenta serenità di fondo. My love prende di petto il problema: rime sciorinate con piglio rocky e venature rap, un’effervescente immediatezza melodica, l’interpretazione che declina verso una naturalezza claudicante. La title-track è già persa tra luci, “Stereo di mani su di te”, a metà tra taglio r’n’b americano e un ideale melodico immateriale. Con Baciami qui non si torna più indietro. E’ il singolo, di cui ai tempi c’è anche un video che fatica ad attecchire, con il rap demente di Repetto (che immagina i tragitti di una futura figlia) in un corpo a corpo con un desolato controcanto deepsoul tutto pad malinconici e Francesca Touré manovre. Nervoso rappa in una sorta di versione trash dell’appuntamento battistiano di Dio mio no. E Un grande sì è il momento della verità, quando si capisce che quello a cui si sta assistendo è veramente qualcosa di così abbandonato. “Giorni di ghiaccio e di cacca/mi sembra di essere una candela nel vento/e vorrei solo chiedere al cielo una donna/che ami me” sciorina spiritato l’uomo in una stanza acustica, con un piede che affonda nell’abisso. E l’abisso ha il nome di Brandi’s Smile, quando le emozioni balenano in un antro di morte. Con il titolo del film tanto sognato e mai realizzato, Brandi’s Smile, voce, archi sintetici e un sax sullo sfondo, pulsa maligna e blocca il respiro in gola. Repetto, con la voce precipita in un paradiso, insegue rassegnato, oltre il fallimento del suo film, il film del suo fallimento. Le immagini scorrono al rallentatore, e un clima di inesorabilità si impossessa della scena. E’ un momento di una purezza che fa male, un’oasi di candore brutalmente senza sovrastrutture. Musicalmente, qualcosa come un blues di plastica. “Ora volo giù nella mia nostalgia/Max era l’amico il successo l’allegria/ora atterro qui nella mia follia/Brandi’s smile… sono sempre mio papà e Claudio Cecchetto/che si preoccupano per me che io abbia perso il mio rispetto/mi dicono di non buttare via al vento troppi soldi/e di stare molto attento a New York a chi frequento”.
Come in tutto l’album, la narrazione sfiora il ridicolo ma è un ridicolo sublimato da una sorta di onestà visionaria (la voce di Repetto è allucinata e spiazzante, come fosse sempre in acido), da una bontà strutturale, e da un senso musicale che lascia a bocca aperta. La testa è in fiamme. Voglia di cosce e sigarette, Bugo un bel po’ di anni prima, è uno stomp kamikaze chitarra e voce, lo slancio suicida siglato da ululati, l’inseguimento dell’abbruttimento massimo, della ricompensa masochistica, voglia di sesso a LA: Voglia di cosce e di sigarette/più che mangiare respiro la gente/ste cameriere cerbiatte puttane/del loro volto inquadro le labbra/e dagli specchi il corpo dall’alto…vedo tre x e le scale in discesa/giù coreane che ballano in pista/non è il mio target riesco su in strada/buio e coriandoli di calze e tacchi/donne e stivali che battono il tempo/Michi il mio amico senza vino s’angoscia/come i giocattoli ci piacciono tutte£”. Un climax nevrotico. E’ a questo punto che sfila la seconda parte del disco. Due fumetti funky come Però dai sì, disegnato attorno a Francesca Touré (“Su va da lui Francè”), e Porno a Las Vegas, con la sarabanda di due di picche che si conclude con la Pay TV in hotel. Per poi aprire vertiginosamente ai tre capolavori finali. La sospesa bossa brasiliana di Nual. L’ultima convulsa, psicotica, scena di caccia di Ma mi caghi?, con sporchi hip-hop grooves accelerati, pompa urbana e la voce di Repetto mai così abbandonata e in fuga, inseguita da un sax in febbre free. E la conclusiva Fiori o formiche?, chitarra e voce, un quadretto di una purezza toccante che suona come un testamento perfetto, catturato nel cuore della vita, e sigilla un lavoro immacolato, non solo generazionale, che trascende quello status da culto trash che lo ha accompagnato in questi anni per spiegarsi semplicemente come uno dei più importanti dischi della storia della canzone italiana: “Dio sarà un mattino/boom di luce tra mare e sabbia/Dio è un bambino che sta giocando a Subbuteo/blu blu dammi la forza di guardare giù/blu blu dammi la forza di guardare giù/Dio sarà mia moglie e le sue calze e il suo reggiseno/Dio è una sbronza cazzo oggi se ho lavorato /stelle: fiori o formiche cosa siamo/stelle: fiori o formiche cosa siamo/Dio sarà un anello di mia figlia al suo matrimonio/Dio è quel momento che ho già visto in un’altra vita/blu blu dammi la forza di guardare giù/blu blu dammi la forza di guardare giù/Dio sarà una cena con mio padre e il bene che gli voglio/Dio è il profumo di mia sorella al primo dormo fuori/stelle: fiori o formiche cosa siamo/stelle: fiori o formiche cosa siamo”.
Subito dopo “Brandi’s Smile”, che è un flop totale, sembra che Mauro Repetto si sia trasferito a Parigi, dove è diventato responsabile marketing di Eurodisney. Residente a Mareuil Les Meaux, “vive d’arte e d’amore”: si è sposato con una designer e ha realizzato un cortometraggio intitolato “Point Mort”.
Questa è Storia.
domenica 7 dicembre 2008
Master of Puppets
Questa settimana è stata una settimana di tensione per la redazione di Spadrillas in da mist.
È successo che dopo il concerto di sabato scorso Maurizio Mosca non ha più dato notizie di sè e non è più tornato a casa dai suoi cari (che poi siamo noi). Non rispondeva alle chiamate, non si faceva vedere, non pendolava, non faceva nulla di nulla e come al solito non diceva nulla di sensato. Al Covo si era nascosto tra la folla, nessuno lo ha notato ma c'era anche lui a seguire i Faint e a cercare sempre nuovi scoops e gossips da riportare su queste umili pagine.
Abbiamo aspettato, abbiamo chiesto in giro, abbiamo telefonato, ma nulla.
Poi sabato pomeriggio squilla il telefono. Era il direttore artistico del Covo che ci avvertiva che Maurizio, il caro vecchio Maurizio Mosca nostro collaboratore, era rimasto una settimana chiuso nel locale e che bisognava andarlo a prendere altrimenti lo avrebbero consegnato alle Forze dell'Ordine perché, spinto dai morsi della fame, ha mangiato tutta la scorta di noccioline e salatini del locale causando danni per migliaia e migliaia di euri. Noi lo abbiamo lasciato lì ma poi, spinti dalla compassione per il prossimo, lo siamo andati a recuperare in serata e lo abbiamo riportato a casa, pagando al locale i danni mediante un assegno firmato dal Direttore Cicciabomba.
Lo abbiamo trovato nei giardinetti adiacenti, bagnato come un pulcino e smarrito come una Pecorella (nel senso di Gaetano) smarrita. Ci ha raccontato che si era camuffato talmente bene che nessuno si era accorto di lui, però poi al momento della chiusura nessuno ha aspettato che uscisse ed è rimasto una settimana lì da solo in preda ai suoi demoni personali.
Senza dubbio una brutta avventura, culminata però con un lieto fine: Maurizio è riuscito ad entrare in possesso della scaletta del concerto che, per rispetto della sua prestigiosissima carriera, riportiamo sulle pagine di questo altrettanto prestigioso blog.
Grazie Maurizio, sei un maestro di vita per tutti noi.
È successo che dopo il concerto di sabato scorso Maurizio Mosca non ha più dato notizie di sè e non è più tornato a casa dai suoi cari (che poi siamo noi). Non rispondeva alle chiamate, non si faceva vedere, non pendolava, non faceva nulla di nulla e come al solito non diceva nulla di sensato. Al Covo si era nascosto tra la folla, nessuno lo ha notato ma c'era anche lui a seguire i Faint e a cercare sempre nuovi scoops e gossips da riportare su queste umili pagine.
Abbiamo aspettato, abbiamo chiesto in giro, abbiamo telefonato, ma nulla.
Poi sabato pomeriggio squilla il telefono. Era il direttore artistico del Covo che ci avvertiva che Maurizio, il caro vecchio Maurizio Mosca nostro collaboratore, era rimasto una settimana chiuso nel locale e che bisognava andarlo a prendere altrimenti lo avrebbero consegnato alle Forze dell'Ordine perché, spinto dai morsi della fame, ha mangiato tutta la scorta di noccioline e salatini del locale causando danni per migliaia e migliaia di euri. Noi lo abbiamo lasciato lì ma poi, spinti dalla compassione per il prossimo, lo siamo andati a recuperare in serata e lo abbiamo riportato a casa, pagando al locale i danni mediante un assegno firmato dal Direttore Cicciabomba.
Lo abbiamo trovato nei giardinetti adiacenti, bagnato come un pulcino e smarrito come una Pecorella (nel senso di Gaetano) smarrita. Ci ha raccontato che si era camuffato talmente bene che nessuno si era accorto di lui, però poi al momento della chiusura nessuno ha aspettato che uscisse ed è rimasto una settimana lì da solo in preda ai suoi demoni personali.
Senza dubbio una brutta avventura, culminata però con un lieto fine: Maurizio è riuscito ad entrare in possesso della scaletta del concerto che, per rispetto della sua prestigiosissima carriera, riportiamo sulle pagine di questo altrettanto prestigioso blog.
Grazie Maurizio, sei un maestro di vita per tutti noi.
giovedì 4 dicembre 2008
Billy Milano Mosh in da Milano Mist: SPADRILLAS SALE SUL CARRO BESTIAME DEI VINCITORI E SI VENDE A RADIO RAI 2
Avevamo incautamente annunciato uno scoop post concerto dei Faint al direttore che era stato categorico: "O mi portate uno scoop dal concerto dell'anno o vi ficco una scoopa in culo e ci ramazzo la stanza di dopo che ho gozzovigliato".
Il nostro uomo al Covo però l'ultima volta che è stato visto è stato al Mercato coperto venduto a tranci, come il commissario speciale Fantozzi che congela Alitalia a Piazza Affari. E' il risultato del fare la selezione all'ingresso al freddo e al gelo davanti al Covo con -2 gradi farhaneit con l'acca al centro assime a Marino "Mister Simpatia" Sinibaldi che come tutti gli ex LC che trasmettono su radio tre è simpatico come una rettoscopia a cuore aperto eseguita dal mio tatuatore e Vincenzo da Via Anfossi come anestesista.
Con la lista del catering congelata (fra cui figurava "tofu non cucinato da cacariso e scrambled vegan egg strapazzate + due cagne prese da Suicide Girl Italia") c'è rimasto poco da dire: Giulianone ci ha lanciato l'ultimatum, assieme a Keanu Reeves e la terra, il cadavere di Christoper Reeves trafugato da Maurizio Milani assieme alla salma del preside del liceo a Ferrara che facevano lui, Daria Bignardi, un mio amico extraparlamentare di sinistra e il presidente dell'Arci Ferrara insomma ne ho parlato il post sotto non sto a ripetere.
Scoop o scopa in culo.
Che fare?
Niente foto del tipo dei Faint vestito da Mark Mothersbaugh: eravamo impegnati. Accento a ballare e io a picchiare con delle mazze da baseball quelli che fumavano dentro il locale cantando le canzoni degli Earth Crisis, che ve lo dico a fare che ne ho già parlato sotto della reunion.
O Vince Tempera o Mores.
O Moses Malone anche: il direttore è stato chiaro.
"Entro la settimana fate uno scoop o vi licenzio a calci in culo e metto Maurizio Mosca a scrivere per Spadrillas, che lui ha sempre le sue bombe e col pendolino fa magie"
Per fortuna non Marino Sinibaldi ma Vasco Brondi ci è venuto in aiuto, e prima di andare alle Invasioni Barbariche ci ha raccomandato, facendoci salire sul carro dei vincitori floggando a dead horse come Malcolm Mc Clarence Seedorf.
Nongià garantendoci un posto al sole su rai 3 bensì su DISPENSER, la trasmissione di radio 2 che ora che è condotta dal camerata Federico Bernocchi ed è diventata peggio di Radio Kabul;se poi ci aggiungiamo anche i featuring di Costantino Della Gherardesca diciamolo pure che sono gli eredi di Tunnel quando c'eran ospiti i Nirvana con Guzzanti che faceva Lorenzo che ie voleva menare.
Prima che li mandino a casa dunque domani a Dispenser Spadrillas in da mist ospite speciale, ore 20.30 radio Due. Per Davero, come è vero che i ragazzini sò esauriti che se sono calati? Iè stà a risalì.
In un paese dove Er Chicoria è dentro e i suoi clienti su clienti in Parlamento.
Prima che ci facciano chiudere reintroducendo il reato d'opinione.
Perchè se le spadrillas nella nebbia sono una religione noi siamo l'anticristo come Milingo e Mandingo e al buio spingo.
Appuntamento a domani sera, censura permettendo.
Perchè il Natale quando arriva arriva, arriva Renato Pozzetto e ci mangiamo assieme il panettone. E fino al 2008 almeno la cura medievale al nostro culo è evitata, grazie agli amici di Radio Kabul
mercoledì 3 dicembre 2008
“Pistone dove sei? Dove sei? Dove sei? / Pistone non esisti. Non esisti, non esisti. NO"
Sabato sera un evento di portata incommensurabile ha sconvolto la solitamente tranquilla città di Bologna: i Faint sono tornati in Italia ed hanno suonato al Covo. A quattro anni dalla loro ultima esibizione italiana - quattro lunghi anni che per la cronaca sono sembrati interminabili - hanno deciso che era ora di finirla di boicottare il nostro povero governo di destra e sono venuti di nuovo, come se nel frattempo nulla fosse successo, come se tutto fosse cambiato per restare in realtà immutato ed immutabile.
E nonostante a Bologna nella stessa giornata suonassero autentici colossi del rock come Après La Classe la gente ha risposto, presentandosi in massa al concerto e creando una lunga coda ai cancelli fin dalle prime ore del pomeriggio, una coda talmente lunga che la direzione del locale per ragioni di sicurezza ha dovuto effettuare una rigida selezione all'ingresso in puro stile Folies de Pigalle. Ovviamente noi di Spadrillas siamo riusciti ad entrare senza problemi perché siamo ganzi, ma un famoso showman milanese che era davanti a noi in coda e che per ragioni legali (in settimana tramite i suoi legali ha infatti minacciato di querelarci) dovrò indicare con lo pseudonimo di “Carlo Pistone” è rimasto fuori perché non è stato giudicato adeguato a quella situazione (ed a tante altre). Uno a zero per noi e palla al centro, potrò querelarci quanto vuole ma intanto noi siamo entrati e lui no.
Il locale comunque era gremito e c'era pure l'ormai mitologico Fusi di Testa che – sorpresa delle sorprese – ha finalmente cambiato taglio di capelli: non è più medioevale ma sfodera un bel codino alla Fabrizio Corona, sta davvero molto bene ma spero per lui che le analogie con il galeotto che usurpa il nome della grandissima cantante Corona finiscano qui, perché Fusi di Testa nel tempo ha dimostrato di valere molto più di un fotografo d'assalto qualsiasi. Ed oltretutto vale molto di più di Lightspeed Champion, una new entry che si aggirava per il Covo sabato e che, si mormorava tra i presenti, avrebbe dovuto di diritto essere trascinata di peso in sala 2 al Number One. Ma erano solo voci che circolavano in sala e che noi di Spadrillas riportiamo fedelmente, non ce ne voglia il buon Bullshit Champion che nulla ci ha fatto e nulla ci farà.
Ed il concerto è stato degno di tale sontuosa cornice. Praticamente perfetto dall'inizio alla fine, non una sbavatura, non un passo falso, non una caduta di stile. Sembrava di essere al Gatto e la Volpe nel 1994, vocalist Pagano. I Faint altro non sono che un batterista uguale a Zed di Scuola di Polizia che però non perdeva un colpo, una versione gay di Metal Carter alla chitarra ed occasionalmente al basso che si è prodotta in un continuo headbanging talmente fuori luogo da essere perfettamente adatto al contesto, un formidabile tastierista che dai suoi gingilli analogici tirava fuori suoni impossibili, un chitarrista palesemente sotto effetto di keta ed un cantante in camice bianco che sembrava un ipotetico Flea meets Adrian Young dei No Doubt con in sovrappiù la voce estrogenata, e sabato sera non hanno fatto prigionieri. Non riuscivo a stare fermo un attimo, ho addirittura avuto accenni di pogo ed ho pure chiesto ai Faint di suonare Firestom credendo di essere in un altro luogo ed in un altro tempo.
Concerto del secolo, talmente del secolo che quando sono tornato a casa ero talmente in botta che per riuscire ad addormentarmi ho dovuto guardare Team America su Rai4 mentre sorseggiavo una tisana camomilla, miele e vaniglia. Ma forse è stata solo colpa del panino Bufalino che ho velocemente consumato alla stazione Autogrill Castelbentivoglio Ovest. La mozzarella di bufala campana d.o.c. magari era contaminata dalla diossina e mi ha causato allucinazioni, lingue felpate e miraggi, ed associata ai neoalternativi (sicuramente diretti al concerto degli Après La Classe) visti e sentiti gridare “Ganja! Ganja! Ganja!” al bancone del bar del suddetto Autogrill ha avuto effetti imprevedibili ed inspiegabili ai più. Ma è stato il concerto più divertente di sempre ed è questo ciò che conta.
(In fede: Ill Bill Laimbeer e Accento Svedese)
E nonostante a Bologna nella stessa giornata suonassero autentici colossi del rock come Après La Classe la gente ha risposto, presentandosi in massa al concerto e creando una lunga coda ai cancelli fin dalle prime ore del pomeriggio, una coda talmente lunga che la direzione del locale per ragioni di sicurezza ha dovuto effettuare una rigida selezione all'ingresso in puro stile Folies de Pigalle. Ovviamente noi di Spadrillas siamo riusciti ad entrare senza problemi perché siamo ganzi, ma un famoso showman milanese che era davanti a noi in coda e che per ragioni legali (in settimana tramite i suoi legali ha infatti minacciato di querelarci) dovrò indicare con lo pseudonimo di “Carlo Pistone” è rimasto fuori perché non è stato giudicato adeguato a quella situazione (ed a tante altre). Uno a zero per noi e palla al centro, potrò querelarci quanto vuole ma intanto noi siamo entrati e lui no.
Il locale comunque era gremito e c'era pure l'ormai mitologico Fusi di Testa che – sorpresa delle sorprese – ha finalmente cambiato taglio di capelli: non è più medioevale ma sfodera un bel codino alla Fabrizio Corona, sta davvero molto bene ma spero per lui che le analogie con il galeotto che usurpa il nome della grandissima cantante Corona finiscano qui, perché Fusi di Testa nel tempo ha dimostrato di valere molto più di un fotografo d'assalto qualsiasi. Ed oltretutto vale molto di più di Lightspeed Champion, una new entry che si aggirava per il Covo sabato e che, si mormorava tra i presenti, avrebbe dovuto di diritto essere trascinata di peso in sala 2 al Number One. Ma erano solo voci che circolavano in sala e che noi di Spadrillas riportiamo fedelmente, non ce ne voglia il buon Bullshit Champion che nulla ci ha fatto e nulla ci farà.
Ed il concerto è stato degno di tale sontuosa cornice. Praticamente perfetto dall'inizio alla fine, non una sbavatura, non un passo falso, non una caduta di stile. Sembrava di essere al Gatto e la Volpe nel 1994, vocalist Pagano. I Faint altro non sono che un batterista uguale a Zed di Scuola di Polizia che però non perdeva un colpo, una versione gay di Metal Carter alla chitarra ed occasionalmente al basso che si è prodotta in un continuo headbanging talmente fuori luogo da essere perfettamente adatto al contesto, un formidabile tastierista che dai suoi gingilli analogici tirava fuori suoni impossibili, un chitarrista palesemente sotto effetto di keta ed un cantante in camice bianco che sembrava un ipotetico Flea meets Adrian Young dei No Doubt con in sovrappiù la voce estrogenata, e sabato sera non hanno fatto prigionieri. Non riuscivo a stare fermo un attimo, ho addirittura avuto accenni di pogo ed ho pure chiesto ai Faint di suonare Firestom credendo di essere in un altro luogo ed in un altro tempo.
Concerto del secolo, talmente del secolo che quando sono tornato a casa ero talmente in botta che per riuscire ad addormentarmi ho dovuto guardare Team America su Rai4 mentre sorseggiavo una tisana camomilla, miele e vaniglia. Ma forse è stata solo colpa del panino Bufalino che ho velocemente consumato alla stazione Autogrill Castelbentivoglio Ovest. La mozzarella di bufala campana d.o.c. magari era contaminata dalla diossina e mi ha causato allucinazioni, lingue felpate e miraggi, ed associata ai neoalternativi (sicuramente diretti al concerto degli Après La Classe) visti e sentiti gridare “Ganja! Ganja! Ganja!” al bancone del bar del suddetto Autogrill ha avuto effetti imprevedibili ed inspiegabili ai più. Ma è stato il concerto più divertente di sempre ed è questo ciò che conta.
(In fede: Ill Bill Laimbeer e Accento Svedese)
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